La Settimana Internazionale

L’offensiva di Mosca, il piano di Kiev e lo scontro di volontà

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di Federico Bosco

L’invasione russa dell’Ucraina ha innescato una reazione a catena che plasmerà le relazioni internazionali per i prossimi decenni, ma nonostante la portata delle conseguenze, la realtà dei combattimenti sul campo è fatta di scontri feroci per cercare di avanzare pochi chilometri per modificare il confine che delimita la frontiera tra le zone occupate dai soldati russi, e quelle riconquistate dalle forze armate ucraine.

Una guerra d’attrito sanguinosa, brutale, distruttiva; in cui il corpo di chi viene ucciso può restare abbandonato nelle terre di nessuno, e ciò che non si riesce a conquistare viene distrutto per non lasciarlo al nemico. Dopo un inverno di combattimenti lungo le linee di contatto congelate che non ha permesso a nessuna delle parti di portare a termine avanzate significative, Russia e Ucraina stanno preparando un’offensiva più incisiva che mira a modificare significativamente la mappa della guerra.

Mosca è preoccupata per il rafforzamento dell’arsenale ucraino con i nuovi armamenti forniti dai Paesi occidentali, e vuole ottenere risultati prima che arrivino a destinazione. Kiev resiste per guadagnare tempo, tenere le posizioni, e aspettare il momento giusto per lanciare la sua controffensiva.

Da gennaio la Russia sta cercando vulnerabilità nelle linee di contatto ucraine continuando a schierare decine di migliaia di nuovi soldati – parte del contingente di 360mila coscritti chiamati alle armi con la mobilitazione  di settembre – facendogli attaccare le posizioni ucraine, con la speranza di aprire un varco per quella che vuole essere la campagna più ambiziosa dall’inizio della guerra. Una tattica che si traduce con una grande quantità di perdite, da entrambe le parti.

Secondo l’intelligence ucraine e occidentali i russi vogliono circondare le posizioni ucraine nelle regioni di Donetsk e Luhansk, avanzando a est da Kreminna e a sud da Vhuledar per «chiudere il cerchio» intorno a Bakhmut, ormai una città simbolo che presto gli ucraini potrebbero abbandonare, e conquistare uno dopo l’altro tutti i villaggi e gli avamposti che permettono di controllare i corridoi terrestri del Donbas. In questo modo Vladimir Putin potrebbe rivendicare la completa “liberazione” di due delle quattro regioni annesse illegalmente a settembre.

«Mi aspetto che l’esercito russo tenti la cattura del Donbas e poi annunci il completamento dell’operazione militare speciale invitandoci a negoziare», ha dichiarato Andriy Zagorodnyuk, ex ministro della difesa ucraino in carica fino a marzo 2020. «Ma per la Russia questo è il terzo tentativo di catturare il Donbas dall’inizio della guerra, ne hanno già falliti due». Nonostante le perdite, non c’è alcun segnale che Mosca abbia intenzione di cambiare approccio.

«Qualsiasi battaglia per segnare una svolta inizierebbe con un fuoco di sbarramento dell’artiglieria russa ancora più intenso, bombardamenti aerei e attacchi al suolo con elicotteri» ha spiegato Serhiy Hrabsky, ex colonnello dell’esercito ucraino ora commentatore per i media.

«Dopodiché i russi useranno le loro tattiche tradizionali, con una massiccia concentrazione di assalti con carri armati e cariche di fanteria».

L’Ucraina deve quindi trovare continuamente l’equilibrio per difendersi dagli attacchi dei russi “razionando” le munizioni, mentre nelle retrovie si prepara la controffensiva. Kiev sta addestrando migliaia di nuovi soldati fuori dal Paese e accumulando armi e munizioni, in vista di un assalto inteso a spezzare le fortificazioni e le linee di rifornimento dell’esercito russo.

Le forze armate ucraine vorrebbero avanzare da Zaporizhzhia verso sud e aprirsi un varco attraverso Tokmak e Melitopol, dividere in due la continuità dei territori occupati dalla Russia e compromettere le linee di rifornimento russe. Il corridoio terrestre che si estende attraverso l’Ucraina meridionale dal confine russo fino alla penisola di Crimea è l’obiettivo più importante per la controffensiva ucraina, ridurrebbe drasticamente la capacità di trasferire soldati e armamenti nei territori occupati, e metterebbe a rischio (a tiro di missile) anche le forniture che che passano dalla Crimea attraverso il ponte di Kerch.

La Russia è consapevole della posta in gioco, e sta inviando più soldati a fortificare le posizioni, mentre gli attacchi dell’esercito ucraino e i sabotaggi della resistenza nei territori occupati stanno già limitando la capacità russa di trasferire attrezzature. Molti analisti pensano che quella in corso sia l’unica offensiva che i russi riusciranno a organizzare, forse Mosca non sarà in grado di lanciare un’altra offensiva a primavera. Esaurito lo slancio, saranno gli ucraini ad attaccare.

Nelle prossime settimane capiremo se la Russia ha davvero migliorato l’addestramento, l’equipaggiamento e la capacità di coordinamento dei suoi soldati. Ma la guerra è anche uno scontro tra volontà, e le motivazioni di chi viene invaso è superiore a quelle di chi viene mandato a invadere.