La Settimana Internazionale

Sunak, il miliardario che sussurra ai mercati

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Un nuovo premier e vecchi problemi per il Regno Unito.

Rishi Sunak è giovane e ricco, sulla carta competente, a suo tempo sostenitore della Brexit anche se per i Tories più a destra è considerato fin troppo “europeista”. Le virgolette questa volta sono appropriate perché sull’europeismo dei conservatori inglesi, in buona parte artefici dell’uscita di Londra dall’Unione, è lecito avere più di un dubbio.

Toccherà all’ex cancelliere dello Scacchiere di Boris Johnson traghettare il Paese (e il partito) verso acque meno agitate e restituirgli una credibilità internazionale seriamente compromessa da una catena di eventi ed errori culminati con il mini-budget di Liz Truss finanziato a debito che ha quasi mandato in cortocircuito il sistema dei fondi pensione inglesi.

Considerate le condizioni in cui versa la politica, probabilmente Sunak è il meglio che il Tory possa offrire in questo momento, se è vero che lo stesso Johnson nei giorni scorsi stava meditando uno spettacolare quanto improbabile ritorno.

«Il Paese – ha detto Sunak, 42 anni, laurea ad Oxford e MBA alla Stanford University – si trova in una profonda crisi economica, tempi e scelte difficili ci attendono». Dovrà innanzitutto riparare “gli errori” commessi con la presentazione di una mini-finanziaria che abbassava le tasse dei più ricchi senza un quadro preciso di riferimento delle finanze pubbliche e delle prospettive economiche.  In altre parole, si tratterà di tagli alla spesa e di aumenti delle tasse. I dettagli emergeranno nei prossimi giorni, anche perché non c’è molto tempo: la finanziaria sarà presentata il 31 ottobre.

Ex Goldman Sachs, più volte a capo di hedge fund, Sunak sembra l’uomo giusto per parlare ai mercati (e infatti i rendimenti dei Gilts sono tornati ai livelli precedenti il 23 settembre, giorno della sciagurata mini-finanziaria). Bisognerà però vedere se riuscirà a parlare al Paese e a ricompattare un partito in profonda crisi d’identità almeno dal fatidico 23 giugno 2016, giorno del referendum su Brexit.

Di lui si ricorda il generoso piano di sostegno economico contro la pandemia, che ha permesso di conservare centinaia di migliaia di posti di lavoro altrimenti destinati a essere persi per sempre, e un primo tentativo di diventare premier smarcandosi da Boris Johnson, travolto dagli scandali.

Primo capo di governo britannico di origini indiane, religione induista, tra i più ricchi parlamentari di Westminster (il suocero è il miliardario indiano N.R. Narayana Murthy, fondatore del colosso tecnologico Infosys) Sunak ha davanti a sé un’agenda difficilissima.

A cominciare dal piano contro il caro energia che Liz Truss, la premier che l’ha preceduto restando in carica solo 45 giorni, aveva concepito a lungo termine e che il nuovo cancelliere dello Scacchiere vuole limitare fino ad aprile. L’inflazione nel Regno Unito ha superato il 13% annuo in settembre e la Bank of England ha da tempo avviato una stretta monetaria che gli errori commessi dal governo precedente rischiavano rendere ancora più pesante per le famiglie. Se i rendimenti dei titoli di Stato britannici, come sembra, dovessero stabilizzarsi, l’impatto positivo sui tassi dei mutui, ad esempio, potrebbe essere di aiuto e permettere alla BoE di avere una politica un po’ meno aggressiva sui tassi d’interesse.

L’altro capitolo difficile da gestire è quello sanitario, con un sistema di assistenza pubblica al collasso e messo a dura prova dalla pandemia. Finora non si sa molto di cosa pensi Sunak sull’argomento, se non la sua proposta di una multa da 10 sterline ai pazienti che prenotano una visita e poi non si presentano. Quando era ministro si lamentava di sprechi e burocrazia.

Sul piano internazionale il premier ha già espresso pieno supporto all’Ucraina dando l’idea di volersi muovere lungo le linee fissate a suo tempo da Boris Johnson, mentre resta da vedere se sarà mantenuto l’impegno di Liz Truss, che voleva aumentare la spesa per la difesa dal 2 al 3% del Pil. Su questo Sunak è sembrato più cauto. Resta il capitolo Brexit, o meglio quello del protocollo Nordirlandese che ancora rende tesi i rapporti tra UE e Regno Unito. Londra vuole rivedere il protocollo ed è probabile che la posizione del nuovo premier segua questa linea: attualmente i controlli delle merci vengono effettuati nei porti Nordirlandesi, per poi poter liberamente transitare in Irlanda del Nord e nella Repubblica d’Irlanda. Questo non piace a Londra e in particolare agli unionisti nordirlandesi del Dup, che infatti bloccano la formazione di un esecutivo. L’obiettivo britannico è di avere due diversi canali di arrivo delle merci e non avere controlli doganali in territorio (in questo caso il mare) nordirlandese: una linea verde per i prodotti destinati solamente all’Ulster, senza controlli, e una linea rossa di prodotti destinati alla Repubblica d’Irlanda, da sottoporre alla dogana.

Sarà interessante vedere chi sarà il primo leader europeo con il quale si incontrerà Sunak. Potrebbe essere il presidente francese Emmanuel Macron, anche per risolvere una questione che si trascina ormai da anni e relativa ai migranti che raggiungono il Regno Unito attraversando la Manica e partendo dalla costa francese.

L’agenda difficilissima sul piano interno pone parecchi interrogativi su come questa nuova leadership saprà migliorare i rapporti economici e politici con l’Unione europea. L’invasione russa dell’Ucraina ha fatto riscoprire alcune sintonie e una piena solidarietà nei confronti di Kiev, ma su altri temi le relazioni rischiano di essere problematiche, almeno fino a quando Londra non avrà ritrovato una certa stabilità politica. I Tories resistono al potere ma secondo numerosi sondaggi la maggior parte dei britannici vuole nuove elezioni e il vento non è mai stato così favorevole ai Laburisti come in questi ultimi mesi.