La Settimana Internazionale

Sanzioni e trucchi, Ue al bivio: colpire gli alleati di Mosca?

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di Federico Bosco

Le sanzioni economiche sono lo strumento delle potenze occidentali per isolare e indebolire i regimi, ma in un mondo il cui fulcro economico non è più incentrato solo sull’Occidente stanno diventando un’arma sempre più spuntata. Il caso più recente sono le sanzioni imposte alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, una lista di migliaia di misure – in alcuni casi senza precedenti – che hanno fatto salire il Paese in cima alla lista delle nazioni più sanzionate del mondo insieme a Corea del Nord, Iran e Venezuela.

Le sanzioni alla Russia includono il blocco coordinato da parte dei governi occidentali di circa 300 miliardi di dollari di asset della Banca centrale russa all’estero, un embargo e un price cap sul petrolio, restrizioni alle esportazioni sulla tecnologia, e una serie di sanzioni specifiche per individui e società russe.

Le conseguenze sono state pesanti. Le entrate petrolifere della Russia ad aprile sono state un terzo di quelle dell’anno precedente, nel primo trimestre di quest’anno il surplus delle partite correnti è diminuito di oltre 51 miliardi di dollari rispetto a un anno fa. Inoltre, le sanzioni stanno limitando la capacità di Mosca di rifornire le proprie forze armate, limitando la capacità di avanzamento della sua offensiva e quindi la possibilità di occupare una porzione più vasta di territorio ucraino.

Tuttavia, anche se danneggiata l’economia russa non è stata ridotta al collasso. L’anno scorso il Pil russo si è contratto del 2,5 per cento, un dato di gran lunga inferiore al crollo del 10 per cento previsto inizialmente da alcuni.

Il fattore che ha limitato l’efficacia delle sanzioni è il peso delle economie asiatiche verso cui Mosca ha dirottato ciò che poteva delle sue esportazioni energetiche, mentre da (e attraverso) esse si garantiva l’accesso a importazioni fondamentali. L’interscambio tra Russia e Cina è cresciuto del 29 per cento nel 2022 e del 39 per cento nel primo trimestre del 2023. L’India intanto è diventata il principale acquirente del greggio russo (più di 1,4 milioni di barili al giorno dall’inizio dell’anno), seguita dalla Cina.

Quanto alle forniture di high tech, Mosca aveva cominciato a comprare semiconduttori soprattutto da Cina e Hong Kong già prima della guerra, mentre dall’aumento significativo dell’export europeo verso la Turchia e alcuni Paesi dell’Asia centrale è chiaro che le merci che devono arrivare in Russia ci arrivano comunque, solo con un giro più lungo e a un prezzo più alto, che si tratti di beni di lusso per i russi che possono permetterselo, o componenti sofisticati per mandare avanti l’industria bellica.

Gli Stati Uniti, il Regno Unito, l’Unione europea e gli altri alleati speravano che le minacce di sanzioni sempre più potenti e pervasive avrebbero forzato una crisi economica russa talmente profonda da scoraggiare il proseguimento della guerra, costringendo Vladimir Putin ad arretrare o perlomeno ad accettare una trattativa. Non è accaduto. Con la guerra al secondo anno, l’ultima ipotesi è che sanzioni prolungate, comprese le restrizioni sulle importazioni russe essenziali, avranno un effetto cumulativo costringendo infine Mosca a decidere tra continuare la guerra o salvare la sua economia.

Inasprire ulteriormente la pressione sanzionatoria tuttavia presenta dei rischi anche per coloro che sanzionano, specialmente se si tratta di intensificare i controlli sui Paesi terzi che fungono da piattaforma per aggirare le sanzioni. Ciò infatti significa introdurre sanzioni secondarie a soggetti terzi – come una società con sede in Turchia, India o Cina – per aver fatto affari con persone o società russe sanzionate, innescando tensioni con Paesi che finora sono stati solide controparti commerciali delle piccole, medie e grandi imprese europee.

È per questo motivo che la Commissione europea sta faticando così tanto a raggiungere un accordo sull’11° pacchetto di sanzioni, che continua a essere rinviato e annacquato. Nel frattempo, la guerra russo-ucraina continua, con conseguenze dirette e indirette sulle economie di tutto il mondo.