La Settimana Internazionale

Tassi Bce fermi, Lagarde pompiere gela le attese dei mercati sui tagli. Ma ammette: «L’inflazione cala»

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L’annuncio della Banca centrale europea di fine gennaio era un appuntamento tra i più attesi dai mercati finanziari, ma anche da imprese e famiglie alle prese con il costo di prestiti e mutui a livelli di guardia: se non altro perché era il primo del 2024, dopo due anni segnati da continui rialzi dei tassi di interesse (10 strette consecutive tra luglio 2022 e settembre 2023). Tutti volevano cogliere tra le parole della presidente, Christine Lagarde, indicazioni sull’allentamento della politica monetaria. Nessuno si attendeva novità immediate sui tassi. E così è stato, con la Banca centrale europea che ha deciso di lasciarli invariati sugli attuali livelli record: i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali al 4,5%, sulle operazioni di rifinanziamento marginale al 4,75% e sui depositi presso la banca centrale al 4%.

L’autorità monetaria di Francoforte, scottata dalla sottovalutazione della crescita dell’inflazione un paio d’anni fa, non vuole compiere l’errore opposto di essere troppo precipitosa: prima di ammettere che si è raggiunto il picco dei rialzi vuole verificare che non ci siano altri shock all’orizzonte (vedi crisi mediorientale) e che l’inflazione sia debellata. Il Consiglio direttivo Bce ha quindi confermato la linea prudenziale con un comunicato a fine vertice: i tassi restano invariati perché «le nuove informazioni hanno confermato sostanzialmente la valutazione precedente circa le prospettive di inflazione a medio termine», si legge. «In base alla sua attuale valutazione, ritiene che i tassi di interesse di riferimento si collochino su livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale al conseguimento di tale obiettivo».

Quindi avanti così. A parte un effetto base al rialzo sull’inflazione complessiva legato all’energia, la tendenza al ribasso dell’inflazione di fondo prosegue e i passati incrementi dei tassi di interesse continuano a trasmettersi con vigore alle condizioni di finanziamento: «L’inflazione, scesa a 2,9% a dicembre, calerà ancora nel 2024» ha detto la presidente Lagarde, aprendo uno spiraglio all’allentamento. Ma chiudendolo subito dopo: le discussioni sui tagli dei tassi sono «premature». 

E confermando altresì l’atteggiamento “data-dependant”, ovvero legato all’andamento delle variabili macroeconomiche: la Bce “continuerà a seguire un approccio guidato dai dati nel determinare livello e durata adeguati della restrizione”. È probabile che l’economia della zona euro sia stagnante nell’ultimo trimestre del 2023 e debole nel primo del 2024, ha sottolineato la presidente Bce, ma alcuni indicatori puntano a una ripresa più in là nell’anno.

A leggere in controluce dichiarazioni e comunicato, l’Eurotower ha voluto soprattutto calmare le aspettative generali premature sul cambio di rotta nella politica monetaria ultrarestrittiva seguita finora. Mercati troppo ottimisti su un taglio dei tassi possono mettere a rischio il raggiungimento dell’obiettivo di inflazione del 2% nella seconda metà del 2025. Il gap «eccezionalmente grande» – era stato rilevato già a dicembre – che si è formato tra l’andamento dei tassi espresso dai prezzi sui mercati finanziari e quello alla base delle proiezioni della Bce crea «rischi al rialzo per l’andamento dell’inflazione prevista».

Richiamo peraltro ampiamente disatteso. Non solo i mercati danno per scontato il fatto che l’era dei rialzi dei tassi è volta al termine, ma si interrogano senza sosta sulla tempistica dei tagli: analisti e centri studi sembrano degli aruspici 2.0 che stabiliscono con vaticini pressoché quotidiani tempi, numero ed entità dei tagli dei tassi. Il partito degli ottimisti punta su un taglio dei tassi già in primavera. Sul calendario sono sottolineate in rosso le date delle prossime riunioni del Consiglio direttivo della Bce: 7 marzo e 11 aprile, sperando di non dover aspettare fino a quella successiva, il 6 giugno (data su cui converge invece la maggioranza degli addetti ai lavori). Se saranno sette, cinque o quattro tagli sarà da vedere: opinione corrente è che nel 2024 i tassi caleranno di almeno 150 punti. A metà gennaio, al World Economic Forum di Davos più d’un membro del board della Bce ha provato a raffreddare queste attese. La stessa Lagarde si è lasciata inopinatamente scappare che un primo taglio dei tassi della Bce potrebbe arrivare probabilmente in estate. Salvo nuovi shock.

Al di là di questa spasmodica attesa, comunque, qualcosa ha cominciato a muoversi sul mercato. Come ha reso noto l’Abi (l’Associazione delle banche italiane), sui finanziamenti per i mutui finalizzati all’acquisto della prima casa, a dicembre il tasso medio ha registrato una flessione dal 4,5 al 4,42%. Un calo non eclatante, 8 centesimi, ma pur sempre il primo dopo 24 mesi di aumenti. 

Anche sul fronte dei mutui variabili arrivano schiarite, legate all’andamento dell’Euribor, l’indice di riferimento per i tassi indicizzati che tende spesso ad anticipare le decisioni della Banca centrale: secondo gli ultimi dati disponibili, a fine 2024 il tasso a 3 mesi dovrebbe scendere di 1,5 punti rispetto al valore attuale, e che nel 2025 dovrebbe risultare più basso di altri 50 centesimi. I future dell’Euribor, che rappresentano le aspettative di mercato, evidenziano che le rate potrebbero iniziare già a diminuire dal secondo trimestre 2024.