La Settimana Internazionale

Ucraina: 650 aziende italiane pronte alla ricostruzione

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di Chiara Giannini

Una serie di memorandum of understanding, siglati a Roma, nel corso della bilaterale fortemente voluta dal governo italiano per mettere i paletti sulla ricostruzione dell’Ucraina. Un passo che pone il nostro Paese, dopo altri, in pole position tra gesti di solidarietà e opportunità per le imprese italiane.

Senza, si assicura, «idee di speculazione».

Secondo la Banca mondiale e la Banca europea per gli investimenti, serviranno 411 miliardi di dollari nell’arco dei prossimi 10 anni per ottenere i risultati sperati.

E a chi ha dubbi e parla di mossa prematura, visto il conflitto ancora in essere, l’esecutivo risponde attraverso le parole del ministro degli Esteri Antonio Tajani: «La ricostruzione è parte fondamentale dell’azione di solidarietà e vicinanza che noi italiani vogliamo concretamente dimostrare, anche perché l’Ucraina sarà presto parte dell’Ue e del mercato unico europeo, per cui è giusto che si inizi sin da ora a lavorare insieme». Le aziende italiane coinvolte sono per adesso 650, quelle ucraine 150.

Da Banca europea per gli investimenti fanno sapere che si stanno «progettando finanziamenti nel settore delle ferrovie, dell’edilizia popolare, delle infrastrutture in genere. Tutto ciò è e sarà possibile grazie anche alla sinergia con il governo ucraino, la Commissione europea e i nostri partner come Italia». La valutazione dei fabbisogni ha portato a individuare la necessità di 14 miliardi di dollari fondamentali per  le priorità più urgenti, almeno nel 2023.

Tra i progetti infrastrutturali che si stanno promuovendo nell’immediato quelli dell’ammodernamento degli ospedali di Kiev e Odessa, delle scuole e altri edifici pubblici e poi centinaia di chilometri di strade e ferrovie che devono essere rimesse in sesto per ricollegare le varie città. Risorse importanti per garantire che il settore privato cresca di nuovo.

Ciò a cui si punta è garantire investimenti diretti e un flusso continuo verso l’Ucraina. Gli Stati membri Ue hanno creato a tal proposito nuovi fondi fiduciari con l’obiettivo di assicurare una soluzione ponte consentendo di operare finché si trovi un’intesa più permanente. Una programmazione che servirà a gettare le basi per l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea e, in futuro, anche nella Nato.

Antonella Bassani, vicepresidente Italia ed Europa della Banca mondiale, ha sottolineato come «la tragedia umanitaria sia entrata nel secondo anno e la guerra abbia causato conseguenze devastanti. Il Pil nel 2022 ha subito una diminuzione del 30%. Sono 5 milioni e mezzo gli ucraini ancora nella loro terra, ma fuori dalla propria città, 13 milioni quelli interessati dalle attività che si metteranno in campo in un Paese in cui la povertà è aumentata del 24% a causa del conflitto, con ripercussioni importanti per l’economia globale». Numeri che fanno capire quanto sia importante mettere in campo misure quando prima.

La Banca mondiale già undici giorni dopo l’inizio della guerra avviò il suo sostegno con 22 miliardi di finanziamenti alle emergenze e con 6,5 miliardi pianificati per i prossimi anni per pagare salari, pensioni, assistere persone nel Paese.

Un impegno, quello italiano, garantito anche dal premier Giorgia Meloni al primo ministro ucraino Denys Shmyal.

Alla bilaterale hanno infatti partecipato anche i ministri Matteo Salvini (Infrastrutture e Trasporti), Giancarlo Giorgetti (Economia e Finanze), Adolfo Urso (Imprese e Made in Italy).

Carlo Monticelli, governatore della Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa (Ceb), ha chiarito che «è necessaria una sinergia tra tutti gli attori per vincere una sfida di sostegno al popolo ucraino gravemente colpito. La nostra – ha proseguito – è la sola istituzione internazionale che ha l’obiettivo unico di investire nel settore del sociale. La Ceb non ha ancora operato in Ucraina perché la stessa non fa ancora parte dell’Ue. Ma è importante notare che la richiesta di diventare Stato membro è stata fatta subito dopo l’invasione. Il fatto che la Ceb non sia stata ancora in grado di farlo non significa che non ci siano stati aiuti: 1,3 miliardi di euro sono stati stanziati l’anno scorso (un terzo delle risorse) per sostenere i governi che hanno accolto l’enorme flusso di ucraini espatriati (8 milioni)».

Un impegno apprezzato anche dal primo ministro ucraino, Denys Shmyal, che ha tenuto a dire: «Queste iniziative siglano un nuovo livello della partnership dei nostri Paesi».

Tra i primi memorandum quello tra Webuild e Ukrhydroenergo, principale gestore delle centrali idroelettriche in Ucraina. La vicepresidente di Confindustria per l’internazionalizzazione, Barbara Beltrame, ha chiarito: «Le nostre imprese si sono attivate per la fornitura di componenti di rete e attrezzature per il ripristino del servizio elettrico nazionale. Va indubbiamente valorizzata la collaborazione potenziale nel settore delle rinnovabili».

Accordi anche su sanità, con opportunità in campo farmaceutico, ma anche in quello dell’ aerospaziale, della siderurgia e dell’agricoltura.

Il ministro Tajani, che ha annunciato la realizzazione di una task force per la ricostruzione dell’Ucraina presso il ministero degli Esteri, ha assicurato: «Insisteremo affinché anche la Russia paghi per le distruzioni procurate».

Qualche dubbio in questo caso è lecito: finirà come per la Germania dopo la fine della Seconda Guerra mondiale?