La Settimana Politica

Caro gas: dopo 30 anni le trivelle tornano nell’Adriatico

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di Tommaso Mattei

Andiam, andiam, andiamo a trivellar. Giorgia Meloni, in pieno stile principessa Disney, ci è riuscita. Hey oh, si tornerà a trivellare in Adriatico. Mancano ancora i sette nani che faranno il lavoro ma quantomeno il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera a nuove concessioni in Italia per le trivelle off-shore. In altre parole, si tornerà ad estrarre gas dal nostro mare Adriatico.

Dopo anni, 30 per la precisione, nei quali ha regnato l’immobilismo, che di fatto ci ha consegnato nelle mani degli altri Paesi (Russia in primis), la produzione di gas nazionale potrebbe tornare a contare su numeri interessanti. Il CdM ha infatti previsto un emendamento al Dl Aiuti ter per aumentare le concessioni per l’estrazione di gas italiano, da fornire alle aziende energivore a prezzi calmierati.

Come? Molto semplice. I concessionari che aderiranno dovranno mettere a disposizione, da gennaio, gas tra 1 miliardo e 2 miliardi di metri cubi da destinare ad aziende energivore a prezzi calmierati. In altre parole, i gestori del nuovo gas italiano dovranno fornirlo alle aziende energivore a prezzi vantaggiosi.

Prezzi calmierati per imprese energivore

Lo schema quindi, sarà questo: chi avrà l’ok per trivellare i pozzi lo potrà fare solo se una grossa fetta di gas estratto verrà venduta a imprese italiane molto gasivore a prezzo calmierato. Una norma anti-speculazione, ne abbiamo già vista troppa, che dovrebbe dare un po’ di ossigeno alla nostra economia. Dal primo gennaio 2023 il metano estratto in Italia dovrà essere venduto tra i 50 e i 100 euro al megawattora e essere destinato alle aziende del vetro, della ceramica e a tutte le altre che utilizzano enormi quantità di gas per produrre, le quali potranno così rifornirsi a un costo inferiore rispetto a quello che sostengono ormai da mesi. Una boccata d’aria che si regge su una contropartita concessa alle società che dovranno tirare su il gas: il perimetro delle estrazioni si espande. Ci saranno più trivelle. E tutto dovrà avvenire in tempi rapidissimi.

Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin è stato chiaro: verranno autorizzate nuove concessioni decennali tra le 9 e 12 miglia nel Sud e nel medio Adriatico “in deroga al decreto legislativo del 2006 che invece precludeva nuove attività in materia di idrocarburi nelle aree marine protette e nelle 12 miglia da dette aree e dalla costa”.

Obiettivo: 10 mld di mc di gas in 15 anni

Per essere ancora più chiari la deroga riguarderà le concessioni esistenti nell’Alto Adriatico: escluso il bacino di Venezia, le estrazioni riprenderanno nella porzione di mare compresa tra il 45esimo parallelo e quello che passa per la foce del ramo di Goro del Po, oltre le nove miglia e solo nei giacimenti con una capacità superiore ai 500 milioni di metri cubi. Aggiornando così la mappa delle nostre trivelle si potranno recuperare più di 10 miliardi di metri cubi di gas nei prossimi 15 anni. Se contiamo che la produzione di gas italiano è stata di 3,31 miliardi nel 2021 questi numeri fanno un certo effetto. Nel giro di due, tre anni, se tutto filerà liscio, si potrebbe arrivare a estrarre più di 6 miliardi di metri cubi di gas ogni anno. Praticamente il doppio. Tutto questo, naturalmente ha un costo.

La manovra del Governo, infatti, per tentare il cambio di passo nella risposta alla crisi del gas, costerà allo Stato italiano circa 30 miliardi di euro. Una manovra che rientra nella misura del NADEF per provare a diminuire la dipendenza italiana dal gas russo e, di conseguenza, per far respirare famiglie e imprese italiane.

I tempi? Dovrebbero essere brevi. Già nelle prossime ore i primi sopralluoghi nelle aree interessate, entro la fine di novembre gli interventi necessari sui giacimenti e, da fine 2022 – inizio 2023, le prime estrazioni di gas.

L’area a cui punta il Governo è quella a largo del comune di Goro, in provincia di Ferrara, dove sarebbero presenti dai 50 ai 70 miliardi di metri cubi di gas in vari giacimenti già scoperti e mappati negli anni ’90. Questi pozzi non sono mai stati messi in produzione e si trovano, nella maggior parte dei casi, a più di 12 miglia di distanza dalla costa.

Ad ogni modo, le possibilità sono tante. I pozzi presenti su tutto il territorio nazionale sono 1298: 514 sono classificati come “eroganti” mentre gli altri 752 sono attivi ma “non eroganti”, quindi al momento non sfruttati. Abbiamo 138 piattaforme marine di cui il 40 per cento non è operativo. Le trivelle in Italia sono circa una novantina fra terra e mare, localizzate in 15 regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto.

Insomma, non serve altro che trovare i sette nani.