La Settimana Politica

Pnrr: nuovo scontro tra Governo e Corte dei Conti

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Di Davide Maestri

Le pulci che la Corte dei Conti ha fatto al nuovo Pnrr hanno scatenato una profonda “irritazione” di Palazzo Chigi che nelle prossime ore dovrebbe inviare una risposta ufficiale a cui l’esecutivo starebbe lavorando da stamattina. «Si è mai visto», questa la domanda retorica di un ministro, «un lavoro così specifico della Corte dei Conti su un decreto?». Nessuno ha fatto esplicitamente il nome del ministro con delega al Piano, Raffaele Fitto, che però in serata ha rilasciato una dichiarazione che in sostanza conferma la paternità della precedente:

«Nessun taglio ma solamente un’inutile polemica che accompagna il lavoro complesso che stiamo portando avanti e che ha consentito, piaccia o meno, di collocare l’Italia al primo posto per stato di avanzamento del Pnrr, come attestato dal Rapporto intermedio della Commissione europea del 21 febbraio 2024»

A scatenare l’indignazione del Governo e la sua controffensiva è stata la relazione di 52 pagine che la magistratura contabile dello Stato ha inviato al Parlamento e poi ha pubblicato integralmente sul proprio sito. Nella memoria emergono molti spunti critici nei confronti del decreto legislativo che rimodula il Pnrr, in particolare sui tagli alla spesa sanitaria (già contestati dalle Regioni) e poi sui presunti eccessivi poteri assegnati alla Struttura di Missione di Palazzo Chigi, la vera “stanza dei bottoni” sotto diretto controllo della Presidenza del Consiglio che potrà condurre ispezioni e verifiche a campione sui soggetti attuatori e le amministrazioni centrali titolari delle misure del Piano.

Una discrezionalità che i magistrati contabili temono possa travalicare i limiti stabiliti nella Costituzione alle prerogative attribuite alla Presidenza del Consiglio medesima. Insomma, la Corte dei Conti ha lanciato l’allarme: ci sarebbero le mani di Meloni e Fitto sui 194,4 miliardi di euro a cui Bruxelles ha dato via libera per l’Italia dopo la richiesta di modifiche presentate da Roma e approvate dalla Commissione. Scrivono le toghe che il potere ispettivo:

«Non appare coerente con i compiti di mero coordinamento attribuiti dall’articolo 95 della Costituzione alla presidenza del Consiglio dei ministri, presso la quale la predetta Struttura è allocata»

In un altro passaggio, i magistrati sottolineano come il “vulnus” appaia

«Ancor più evidente in caso di esercizio del potere ispettivo nei confronti di Regioni o enti locali, in ragione del principio costituzionale di autonomia che governa i rapporti tra questi e le amministrazioni centrali»

Altro che autonomia, quindi, piuttosto una nuova centralizzazione del Pnrr .

Per le opposizioni i rilievi della Corte dei Conti sono sinonimo di un «gravissimo scontro istituzionale». Durissimo il capogruppo Pd al Senato Francesco Boccia: «La Corte dei Conti certifica oggi l’incapacità e il fallimento del governo Meloni per ciò che riguarda i progetti del Pnrr. La centralizzazione voluta da questo esecutivo rischia di disperdere la straordinaria opportunità di crescita che è stata data al nostro Paese con il Piano».

«Evidentemente l’idea del premierato, del comando unico ha ispirato le scelte di questo esecutivo anche in materia di Pnrr, alla faccia dell’autonomia differenziata cara alla Lega. E dulcis in fundo la Corte conferma, nonostante le continue rassicurazioni di Giorgia Meloni, che il governo ha compiuto enormi tagli alla sanità e agli investimenti delle regioni, costringendo anche governatori di destra come Roberto Occhiuto ad attaccare il Governo. La verità è che le bugie hanno le gambe corte: l’esecutivo Meloni sta impoverendo il Paese sprecando l’occasione storica del Pnrr», ha concluso Boccia.

Il coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni, Raffaele Donini, si augura che «anche alla luce del documento della Corte dei conti il Governo riconsideri quanto scritto nel decreto con il taglio di 1,2 miliardi per gli ospedali».

Il Pnrr «fortunatamente non sta andando come qualcuno temeva o forse sperava». Questa la risposta della premier Giorgia Meloni durante la replica alla Camera dopo il dibattito sulle comunicazioni in vista del Consiglio Ue, citando i risultati del governo su questo tema. «Questi sono i fatti – ha aggiunto – e quello che mi stupisce è che invece di essere contenti che l’Italia sta facendo bella figura vi dispiaccia». «Sul Pnrr – ha detto in un passaggio – ho sentito un po’ di tutto dall’inizio dell’operato di questo Governo e in alcuni casi ho visto anche un lavoro fatto perché non ci venissero pagate le rate del Pnrr». Meloni ha citato una lettera alla presidente della Commissione Ue, Urusula Von der Leyen, di un’associazione studentesca durante la «complessa trattativa sulla questione degli studentati» nella quale si diceva «forse non dovreste dare la terza rata» all’Italia. «Non credo – ha concluso la premier – che in una nazione dove tutti vogliono remare nella stessa direzione ci si debba comportare così».

A proposito di rate, il Governo, dopo aver chiesto ufficialmente alla Commissione il pagamento della quinta rata da 10,6 miliardi per i 52 obiettivi, nel 2024 dovrà misurarsi con il raggiungimento dei 39 obiettivi e traguardi associati alla sesta rata da 9,6 miliardi di euro, e dei 74 obiettivi e traguardi connessi alla settima rata da 19,6 miliardi. Meloni, al netto della terza e quarta rata ottenute dopo le trattative con la Commissione europea e il via libera alle modifiche italiane del Piano, sa perfettamente quale sia il rischio: non vincere la scommessa di portare il Paese fuori dalle secche della crescita residuale e mettere al sicuro la sostenibilità del nostro debito pubblico.