La Settimana Politica

Verso le europee: cosa c’è dietro l’attacco di Marine Le Pen a Giorgia Meloni

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Di Davide Maestri

Mancano poco meno di due mesi e mezzo al voto europeo e nella maggioranza di Governo sembra essersi innescato un micidiale tiro incrociato tra gli alleati. Strumento indiretto di questo nuovo episodio di fuoco amico è la discussione polemica sulla ricandidatura di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue ma sembra ormai abbastanza chiaro a tutti gli osservatori della politica di casa nostra che questo dibattito funga in realtà da paravento all’ennesimo scontro tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Alla kermesse dell’estrema destra organizzata sabato scorso a Roma dalla Lega, dietro il videomessaggio in cui la “madre nobile” del Rassemblement National francese Marine Le Pen si è rivolta direttamente alla premier italiana chiedendole a muso duro di decidere se appoggiare formalmente o meno il bis della von der Leyen (“Noi ci batteremo contro il suo secondo mandato” ha detto la Le Pen) molti hanno visto la regia nemmeno troppo occulta del leader del Carroccio, in piena crisi di consenso interno e preoccupato di diventare elettoralmente il fanalino di coda della coalizione dopo i risultati ben poco lusinghieri alle regionali di Sardegna e Abruzzo (col temuto tris in Basilicata i prossimi 21 e 22 aprile).

Meloni sta faticando a nascondere l’irritazione per le frecciate del vicepremier e ministro dei Trasporti (frecciate che non hanno risparmiato nemmeno Forza Italia e il presidente Tajani) e per voce dei suoi luogotenenti ha chiesto di abbassare i toni; in Fratelli d’Italia sono però tutti convinti che dietro l’affondo diretto di Le Pen ci sia la manina del Capitano. Salvini si è subito giustificato:

«Marine parla a titolo personale, non ho visto il video»

Che l’intervento registrato della leader della destra francese sia stato proiettato durante la manifestazione senza che il segretario federale lo avesse prima visionato è un’ipotesi a cui il partito di Meloni non riesce a dar credito; FdI a questo punto fa due più due: se lo ha visto e non ha detto nulla, l’attacco scientifico portato a Meloni per interposta persona ha del clamoroso. Le parole di Marine Le Pen hanno comunque dato una scossa al partito: l’appoggio a Ursula von der Leyen non è mai stato annunciato ufficialmente e sarebbe giunto il momento di prendere una decisione definitiva, anche perché la candidatura della presidente uscente della Commissione europea rischia di perdere peso ogni giorno di più, non tanto per la temuta avanzata delle destre europee quanto per i distinguo e le spaccature interne al Ppe già emerse durante il congresso dei popolari che ha dato via libera alla sua corsa per la riconferma (ne avevamo parlato qui).

L’ultima bordata di Matteo Renzi all’ex ministro della difesa tedesca conferma che anche nel mondo liberale, che fa parte della maggioranza Ursula, la ricandidatura di von der Leyen non è del tutto condivisa (eufemismo). Lo stesso Tajani, forte dei recenti buoni risultati di FI alle regionali, sembra aver rialzato la testa e, al di là delle dichiarazioni di apertura per von der Leyen al congresso popolare di qualche settimana fa, sembrerebbe sul punto di scartare di lato appoggiando l’amico Manfred Weber, presidente del Ppe che cinque anni fa si vide sfilare la presidenza della Commissione quasi al traguardo con la decisiva presa di posizione dell’allora cancelliera Merkel e del presidente francese Macron. Se a questo punto il Partito Popolare Europeo dovesse spaccarsi in due fazioni, una pro Weber, l’altra per von der Leyen, quest’ultima dovrebbe per forza di cose rivolgersi alle forze conservatrici di cui a Bruxelles fa parte Fratelli d’Italia per cercare la sponda dell’amica Giorgia, il cui ruolo diverrebbe così determinante. E se lo scontro finisse in un pareggio con palla al centro? Meloni sarebbe pronta a giocare la carta Roberta Metsola, l’attuale presidente maltese del Parlamento europeo grande amica di Tajani. In un colpo solo, si riavvicinerebbe a Forza Italia e guadagnerebbe punti anche all’interno del Ppe, visto che su Metsola potrebbero convergere senza grossi problemi le preferenze di Macron e Scholz.

Sul fronte interno la domanda a cui FdI sta cercando di trovare una risposta è: perché Marine Le Pen ha deciso di attaccare Meloni? Cui si aggiunge lo stupore per la tempistica, dopo che l’attuale numero uno del Rassemblement, Jerome Bardella, aveva preso le distanze da Salvini dopo le dichiarazioni sul voto in Russia:

«Dice che il popolo che vota ha sempre ragione? Questo vale per le democrazie e la Russia non lo è»

La spiegazione più probabile è che la sparata di sabato sia parte di un’operazione di chirurgia politica con cui si vuole costituire un grande gruppo delle destre sovraniste, senza Fratelli d’Italia ma con quei partiti che ora sono parte dei Conservatori e che sono dichiaratamente contrari al bis di von der Leyen (tra questi, gli spagnoli di Vox e il Pis polacco). L’attentato di Mosca ha ovviamente sparigliato le carte sullo scacchiere internazionale, ma – guardando gli sterili esercizi numerici che possono comunque offrire un’interpretazione della realtà – la sondaggista Alessandra Ghisleri ha pubblicato su La Stampa un’analisi dei possibili scenari del voto europeo: la Lega di Salvini potrebbe scendere sotto la fatidica soglia del 9% mentre FdI salirebbe al 28% (pur rimanendo fuori dal governo europeo con il suo eurogruppo “Conservatori e riformisti”). Ecco perché il Capitano sta cercando con ogni mezzo di evitare il travaso di voti (e di bile).