La Settimana Politica

Caso 41bis: tra mafia e terroristi, stagione di intese cercate

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di Chiara Giannini

È innegabile, mafiosi e terroristi rinchiusi nelle carceri di massima sicurezza perseguono uno stesso obiettivo: quello di eliminare il regime di 41 bis, ovvero la reclusione dedicata a chi non può avere contatti con l’esterno per motivi legati alla sicurezza nazionale e dei cittadini italiani.

Uniti in una stessa battaglia, i criminali condannati, grazie al richiamo mediatico del terrorista Alfredo Cospito, hanno trovato appoggio nell’intellighenzia di sinistra che grida allo scandalo dall’inizio dello sciopero della fame dell’esponente della Federazione anarchica informale. Intellighenzia che non si rende conto del pericolo derivante dal loro atteggiamento, poiché non è la prima volta che mafia e terrorismo vengono a contatto.

A spiegarlo l’avvocato penalista Valter Biscotti, noto per aver partecipato a tanti processi legati alle Brigate rosse, come quelli degli omicidi dell’agente Emanuele Petri o di Massimo D’Antona.

«Sì – spiega il legale – perché i due mondi hanno avuto unità d’intenti in altre occasioni. Nel documento che vi fornisco, relativo a un interrogatorio di Tommaso Buscetta dopo la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, lo stesso spiegò come nel 1979 i capi della mafia incaricarono lo stesso, che all’epoca era detenuto al carcere di Cuneo, di sentire i brigatisti rossi se fossero disposti ad assumersi la rivendicazione dell’omicidio Dalla Chiesa, che sarebbe stato commesso dalla mafia. Ci fu un colloquio tra lui e Lauro Azzolini il quale disse che come metodo le Brigate rosse non avrebbero mai accettato di rivendicare un’azione se qualcuno di loro non vi avesse partecipato». La proposta della mafia era “noi lo ammazziamo, voi lo rivendicate”.

Alla fine non se ne fece niente, anche se poi, non appena Dalla Chiesa fu trasferito a Palermo, si organizzarono per ucciderlo. «Quindi – prosegue Biscotti -, anche se corrono su due binari paralleli, non è una cosa apparentemente insolita quella che dei mafiosi e dei terroristi possano percorrere dei binari di intenti comuni. Cospito una decina d’anni fa, nel corso del suo interrogatorio, rivendicò le sue azioni terroristiche in stile brigatista. Loro ignoravano totalmente l’autorità giudiziaria e andavano alle udienze solo per leggere i proclami, provando assoluto disprezzo per quanto riguarda lo Stato. Questo è molto pericoloso, perché rivedo nelle azioni di Cospito quelle di molti brigatisti, che prima di commettere omicidi facevano atti dimostrativi come quelli del terrorista al 41 bis». Regime in cui sono finiti anche Nadia Desdemona Lioce e altri come lei. Ma «mentre l’organizzazione brigatista è verticistica – chiarisce l’avvocato -, quella dei terroristi moderni è orizzontale. Insomma,  chiunque rappresenta una cellula, non risponde a nessuno e può commettere azioni e omicidi in nome di un orientamento certamente politicizzato e ideologizzato. Il fatto di sparare alle gambe e gambizzare un dirigente industriale è sicuramente uno schema che è stato preso dagli attentati dei brigatisti e dei terroristi di sinistra degli anni Settanta». Per Biscotti «la tecnica è la stessa; si inizia con piccole azioni dimostrative e poi si arriva alle azioni eclatanti. Voi pensate che l’ultima gruppo delle Brigate rosse, iniziò nel 1992 con attentati incendiari molto simili a quelli per cui è stato condannato Cospito». Insomma, gente al 41 bis è gente che ha commesso cose gravi o che potenzialmente potrebbe commetterle.

«Certo – conclude Biscotti – Giovanni Donzelli (FdI) ha sicuramente sbagliato nei modi e nei termini ad accusare in Parlamento esponenti del Pd di connivenza coi mafiosi, perché a sinistra hanno pagato molto con l’uccisione di Pio La Torre, del giudice Terranova, fatti fuori dalla mafia, ma dall’altro lato il Pd ha fatto un errore altrettanto grave, che consiste nell’aver mandato i suoi più autorevoli rappresentanti in carcere in Sardegna a raccogliere la testimonianza di Cospito per attaccare il 41 bis e accusare, eventualmente fosse successo qualcosa, la destra di aver voluto la morte del recluso. Nelle dichiarazioni del 13 gennaio l’ex ministro Orlando dice che il 41 bis va rivisto. Non ci hanno fatto bella figura».