La Settimana Politica

Manovra 2024 in deficit, ora tocca convincere l’Europa

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Dovevamo confermare interventi indispensabili a beneficio dei redditi medio bassi, in particolare il taglio del cuneo e le misure premiali per la natalità oltre a stanziamenti significativi per il rinnovo del contratto del pubblico impiego.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha sintetizzato così l’approvazione della NaDef (la Nota di Aggiornamento al Def), cauta nella spesa, sì, ma dove proprio il taglio al cuneo sarà in sostanza pagato con l’indebitamento.

“L’Europa capirà” è stato il messaggio nemmeno troppo velato. E Giorgetti lo ha infatti esplicitato subito dopo, anticipando la trattativa che sarà necessaria presentando le linee guida dello schema della Legge di Bilancio a metà ottobre in Commissione Europea «dove ci sono delle persone che fanno politica – ha detto – diversamente dai banchieri centrali che fanno il loro mestiere e decidono in autonomia da altri tipi di considerazione».

Con l’approvazione della NaDEF si delinea dunque una manovra da 20-25 miliardi, lontana dai 35 dell’anno scorso e per due terzi fatta in deficit.

Nel dettaglio, la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza incorpora come previsto nel 2023 la classificazione dei crediti edilizi secondo le indicazioni Eurostat, quindi per il 2024 il Governo avrà più spazi di manovra per finanziare la Legge di Bilancio.

La previsione sul Pil 2023 si ferma allo 0,8%, con una revisione al ribasso rispetto all’1% previsto la scorsa primavera. Rivista al ribasso anche la crescita 2024, all’1,2% dall’1,4% previsto dal DEF di primavera. Per il 2024 e il 2025 la stima è +1% per ciascuna annualità. Il deficit sale così al 5,3% nel 2023 dal 4,5% previsto ad aprile, mentre per il 2024 quello programmatico è fissato al 4,3%. Si scende a 3,6% e 2,9% nel biennio successivo. Gli obiettivi di indebitamento netto in rapporto al Pil: deficit tendenziale a legislazione vigente del 5,2% nel 2023, del 3,6% nel 2024, del 3,4% nel 2025 e del 3,1% nel 2026.

Per quanto riguarda il debito, secondo la NaDEF nel 2024 sarà pari al 140,1%. Il DEF di primavera segnava 142,1% nel 2023 e 141,4% nel 2024, per poi scendere al 140,9% nel 2025. La ridotta crescita del Pil lascia pochi margini, ma la maggior flessibilità sul deficit 2024 ne apre di nuovi: la differenza fra il tendenziale e il programmatico (0,7%) dovrebbe valere circa 14 miliardi, utilizzabili per finanziare la Manovra. Ad aprile, invece, il tesoretto ammontava a 4,5 miliardi, dovuto ad una differenza tra deficit programmatico (3,7%) e tendenziale (3,5%) dello 0,2%.

«Non rispettiamo il 3%» del deficit, ha continuato Giorgetti «ma la situazione complessiva non induce a ritenere di fare politiche procicliche che alimentano la recessione».

Insomma, si confida nella flessibilità concessa dalla Ue, a cui sono stati già trasmessi i nuovi dati della NaDEF.

L’anno prossimo, ad ogni modo, quando non sarà più possibile utilizzare la flessibilità sul disavanzo concessa dal Patto di Stabilità Ue per fronteggiare Covid e guerra in Ucraina, si esaurirà quanto meno la tensione sul deficit determinata dal Superbonus.

Fra le risorse a cui il Governo potrebbe attingere: la tassa sugli extraprofitti delle banche, un intervento di riordino delle detrazioni fiscali, misure di spending review.

Non si esclude l’ipotesi di nuove definizioni agevolate, anche se su questo il dibattito all’interno della maggioranza sembra particolarmente acceso: la Lega – già in fibrillazione per il dibattito sui fondi destinati al progetto del Ponte di Messina – è a favore di un condono edilizio su piccole irregolarità e non abbandona l’idea di una nuova tregua/pace fiscale sulle cartelle esattoriali.

Gli alleati di Governo sono decisamente più prudenti su entrambe le ipotesi.

Fra le altre anticipazioni dell’Esecutivo c’è anche un intervento per rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale e nuove misure a sostegno delle famiglie con figli. Sulle pensioni si attende la proroga di APE Sociale (con possibile introduzione di una nuova APE Donna) e di Quota 103, con ipotesi di staffetta generazionale (sempre che non finiscano come il flop dello scivolo pensione nelle Pmi, mai partito). Sull’Opzione Donna, si valutano le risorse per ridurre il requisito anagrafico a 58 anni, ora previsto solo per le lavoratrici con almeno due figli (il requisito pieno di 60 anni diminuisce di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni).