Le opinioni

Arte e collezionismo: la vendita speculativa sarà tassata

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di Antonio Tomassini (Professore di diritto tributario – Partner DLA Piper Studio Legale)

Nella delega fiscale appena approvata trova spazio anche un criterio direttivo per l’introduzione di una forma di tassazione delle vendite tra privati di opere e oggetti d’arte, da collezione, antiquariato o comunque frutto dell’ingegno e della creatività, oggi ritenuti quasi sempre esclusi da tassazione.

Nei previsti 24 mesi per l’attuazione della delega il governo dovrà quindi stabilire in quali casi, sulle plusvalenze conseguite dai collezionisti per la cessione di tali beni al di fuori dell’esercizio dell’attività d’impresa, sia da applicare una tassazione che sarà verosimilmente pari al 26% (sulla differenza tra costo d’acquisto e prezzo di vendita), aliquota prevista in generale per redditi di capitale e diversi (di cui peraltro la stessa delega prevede opportunamente l’integrazione).

La sfida, in particolare, sarà quella di individuare quando vi sia presenza di intento speculativo, perché in assenza di questo non vi sarà tassazione neppure post riforma. Resterebbe quindi la discriminazione già venutasi a creare a seguito della legge di Bilancio 2023. Quest’ultima ha introdotto la disciplina fiscale delle cripto attività che viene ritenuta abbracciare anche gli Nft (non fungible token), i quali in alcuni casi possono rappresentare opere od oggetti da collezione. Ebbene per questi la tassazione al 26% sembra applicarsi in ogni caso, a prescindere dall’intento speculativo.

Torniamo alla delega e guardiamo alle cose più semplici. Nulla avrà da temere chi riceve le opere e gli oggetti d’arte per successione o donazione e poi decide di rivenderle, per questo ci sarà una esclusione ad hoc. E nemmeno chi effettua permute con altri opere o oggetti o reinvesta poco dopo l’importo ottenuto per comprare un’altra opera. In questi casi, infatti, l’intento speculativo è escluso in radice, ma in tutti gli altri casi le questioni si complicano.

In realtà sembra che la volontà del legislatore sia quella di seguire l’orientamento più recente della Corte di Cassazione (sentenza n. 6874 dell’8 marzo 2023), la quale ha ritenuto che la tassazione sia esclusa soltanto nel caso in cui la vendita venga effettuata da un collezionista che ha acquistato l’opera per “scopi culturali, con la finalità di incrementare la propria collezione e possedere l’opera, senza l’intento di rivenderla generando una plusvalenza”.

Questo collezionista non è uno speculatore, per la Corte, nemmeno occasionale. Ma i giudici sono giudici del caso singolo e resta il fatto che distinguere, per il legislatore delegato, dove si ferma il collezionista senza intenti speculativi e inizia questa categoria che sembra affacciarsi di “speculatore occasionale” (quindi non un mercante d’arte che esercita attività di impresa ed è ovviamente un imprenditore che paga imposte dirette e Iva, ma comunque un soggetto da tassare al 26% perché realizza un reddito diverso) è assai arduo.

Lo speculatore occasionale, senz’altro più un ossimoro che un’endiadi, dovrebbe essere un “collezionista” a tempo, non interessato tanto all’arte, all’orologio o al pezzo di antiquariato in quanto tale ma più al loro essere, come suol dirsi, beni rifugio dai quali di tanto in tanto (occasionalmente, appunto) trarre un guadagno.

Negli Stati Uniti esiste la distinzione tra dealer (mercante d’arte imprenditore), investor (speculatore) e collector (collezionista per hobby e non per profitto), ognuno con il suo trattamento fiscale, dalla quale pure si potrebbe prendere spunto, ma si tratta di un Paese dove però l’approccio all’arte è molto più strutturato.

Un ausilio per limitare la discrezionalità potrebbe venire dal passato (peraltro in linea con quanto accade già per le abitazioni detenute da privati, che non scontano imposte se cedute dopo cinque anni), ante riforma degli anni Settanta: infatti la tassazione delle opere era generalmente esclusa per le vendite effettuate dopo due anni dall’acquisto e potrebbe pensarsi a una regola simile.

Ci si consenta tuttavia una conclusione un po’ “benaltrista”. La priorità del nostro Paese, sul fronte arte e cultura è, come scritto anche su queste colonne, non la tassazione delle vendite tra privati ma quella di creare un’economia dell’arte e dei beni culturali, di cui l’Italia è primo custode al mondo secondo l’Unesco, e farla parlare con il turismo. Rispetto a questo fondamentale obiettivo, la prevista riduzione dell’aliquota Iva sulle opere d’arte, presente nella legge delega, può essere senz’altro un segnale, ma occorre un intervento strutturale.