Le opinioni

Computer come l’auto: leggete bene le clausole delle polizze contro i rischi

Scritto il

di Umberto Rapetto
(Generale Gdf – già comandante Nucleo Speciale Frodi Telematiche)

Pensare che le compagnie assicuratrici siano organizzazioni di beneficenza va ben oltre il confidare nella loro generosa magnanimità. Diciamo pure che è un’idea bizzarra che – se nutrita impropriamente – conduce inevitabilmente a drammatiche constatazioni che purtroppo si è costretti a fare sulla propria pelle o quanto meno sulla pelle dell’azienda di cui si è titolari o dirigenti.

Il pericolo di attacchi telematici, di virus informatici di ogni specie oppure di dipendenti infedeli o semplicemente imbecilli è una cosa un pochino più seria di quanto – non accadendo nulla – si sarebbe portati a pensare. L’esser usciti indenni dalle pandemie tecnologiche che negli ultimi tempi hanno flagellato il mondo pubblico e privato è molto probabilmente frutto di una buona dose di fortuna.

In ragione del rispettivo grado di religiosità si può scegliere se recarsi in chiesa ad accendere un cero oppure – in maniera molto più laica – strofinare o stringere i più diversi amuleti. La “buona sorte” è uno dei parametri che (magari senza scriverlo formalmente) le assicurazioni considerano sempre nella quantificazione dell’importo che il loro cliente deve corrispondere per ottenere la copertura da qualsivoglia tipologia di rischio. È “uno” degli elementi di cui tener conto ma – vista la difficoltà di stima corrispondente – è secondario rispetto ai parametri che oggettivamente possono determinare la corretta personalizzazione della cifra da pagare.

Come nella RC/Auto si pretende che il veicolo sia stato sottoposto a revisione periodica e manutenuto a dovere e che il conducente sia idoneo alla guida, nelle polizze dedicate a chi teme insidie hi-tech è prescritto che siano rispettati determinati livelli di sicurezza e gli utenti siano preparati ad un corretto e cauto utilizzo delle risorse digitali.

Gli incidenti in questo ambito sono normalmente un pochino più complessi degli episodi di quotidiana infortunistica stradale e, quindi, le regole da rispettare si profilano maggiormente articolate di quel che disciplina la responsabilità di un tamponamento o di altro evento analogo.

La società assicuratrice può stabilire punti di riferimento inequivocabili rimettendo alla coscienza del cliente l’opportunità di provvedere ad adeguarsi alle condizioni prefissate. Non di rado suggerisce l’esecuzione di un “check-up” che permette di verificare lo “stato di salute” dell’organizzazione che intende sottoscrivere la polizza. Non è una semplice visita ambulatoriale ma un vero e proprio accertamento “clinico” il cui esito ha due possibili sbocchi. Uno: reti e computer sono protetti e quindi si può procedere con reciproca serenità. Seconda possibilità: la sicurezza non è garantita e l’assicurando può andare avanti ma nella consapevolezza che – se capita qualcosa – non ci saranno risarcimenti di alcun genere.

In molti casi la compagnia spiega l’insussistenza dei requisiti e l’inevitabile impossibilità di concludere il contratto. In altri illustra i passi da compiere per superare la prevista soglia di ammissibilità. In altri ancora lascia firmare i moduli che il contraente si guarda bene dal leggere; se si verifica quanto ipotizzato, le conseguenze sono facili da immaginare.

Non si tratta di clausole scritte in caratteri microscopici e mal espresse da chi vuole evitare l’esborso di somme non trascurabili. Parliamo di condizioni fondamentali al venir meno delle quali l’assicuratore può star certo di non dover mettere mano al portafogli, eppure pochi imprenditori le prendono in considerazione con la dovuta attenzione. La penna scorre rapida per sottoscrivere la stipula e si ritiene di poter dormire sonni tranquilli. Vi assicuro (mea culpa per il gioco di parole) che l’unico risultato ottenuto è l’inutile impegno economico appena assunto.