Le opinioni

Flat Tax? Più che piatta è una tassa trappola

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di Giuseppe Pizzonia (Docente di diritto tributario

La chiamano Flat Tax, tassa piatta, ma è una facile espressione di comodo. La vera Flat Tax è una imposta sui redditi con aliquota fissa, in genere accompagnata da detrazioni per assicurarne la progressività. Oggi invece, nella comune vulgata, designa una tassazione sostitutiva, forfettaria e proporzionale (al 15%), riservata – per ora – a ditte individuali e professionisti minori, con redditi fino a 65mila euro. Non è l’unica forma di tassazione sostitutiva sui redditi; si pensi alla cedolare secca sugli affitti di case di abitazione, o alla ritenuta del 26% sui redditi di natura finanziaria. La logica è che una tassazione moderata dovrebbe favorire l’emersione del sommerso; se stare in regola costa poco, non conviene evadere, ma non è detto che funzioni sempre.

Flat Tax: tassa equa?

Di certo, la Flat Tax – nella attuale declinazione – fa molto discutere, e per varie ragioni. Anzi tutto per l’equità. Tassare solo alcuni redditi in misura proporzionale, e con aliquote vantaggiose, lasciandone altri nella trappola delle aliquote progressive, e del fiscal drag riacceso dall’inflazione montante, non è certo il massimo. Senza contare che l’IRPEF, oggi, con l’aliquota massima (43%) a partire già da 50 mila euro in su, diventa una sorta di super tassa piatta sui redditi più elevati.

Il freno alla crescita della Flat Tax

C’è poi un deficit di razionalità. Fino a 65 mila euro si paga il 15%, ma basta guadagnare un euro in più e l’aliquota diventa progressiva e assai più gravosa (effetto scalino); addirittura, chi supera di poco la fatidica soglia può trovarsi, al netto, più povero di chi vi rimane sotto. Un effetto paradossale e distorsivo, che spinge a manovre più o meno lecite per restare entro la soglia (dall’incasso differito, all’evasione, come mostrato da un recente studio del Dipartimento delle Finanze).

Insomma, più che una tassa piatta, una tassa trappola, certo conveniente, ma che frena la crescita dimensionale di milioni di partite IVA, creando falsi minimi.

La giustificazione risiederebbe nel fatto che la stragrande maggioranza dei soggetti interessati si trova comunque sotto la soglia, di cui peraltro si ipotizza l’incremento (fino a 85mila euro, secondo anticipazioni sulla legge di bilancio), per ampliare ulteriormente la platea; la distorsione però rimarrebbe, anche se spostata su un livello più elevato.

Proposte di riforma IRPEF mai attuate

Nella passata legislatura una proposta molto articolata e completa prevedeva la revisione graduale delle aliquote sul reddito, fino a integrare un sistema di tassa piatta, ma non ha avuto seguito.

Nel 2003, una legge più equilibrata era basata su un’IRPEF a due aliquote (23 e 33%), con una no tax area e detrazioni decrescenti per garantire la progressività; è rimasta inattuata.

Di Flat Tax si è discusso molto anche in campagna elettorale, con varie proposte: dall’innalzamento della soglia, alla estensione alle famiglie (che rimuoverebbe i problemi di equità), fino ad una versione soft, limitata all’incremento reddituale di ciascun anno. Proposte interessanti, ma che devono fare i conti con la copertura finanziaria; oltretutto, in una fase storica assai critica per inflazione, caro bollette, conseguenze della guerra. L’estensione piena a regime è stata quantificata in almeno 38 miliardi, una misura proibitiva.

Di sicuro meno onerosa, e meno soggetta ad effetti distorsivi, sarebbe invece – in attesa di una revisione generale e coerente dell’IRPEF – una Flat tax incrementale, che eviterebbe l’effetto scalino, e anzi premierebbe chi dichiara un maggiore imponibile rispetto all’anno precedente.