Le opinioni

Italo Americani: una grande chance per il nostro Paese

Scritto il

di Davide Ippolito (Esperto di reputazione aziendale e direttore di Reputation Review)

La città con più napoletani al mondo non è Napoli. Lo sanno in pochi, o almeno io l’ho scoperto abbastanza tardi e da napoletano un po’ me ne sono vergognato. Ci sono centinaia e centinaia di concittadini di prima, seconda e terza generazione di cui neanche conoscevo l’esistenza. Basti pensare che un censimento recente delle associazioni di italoamericani, confermato dalla media company leader per la comunità “We The Italians”, ci dice che gli Italiani d’America sono 20 milioni, un terzo dell’intera popolazione del nostro Paese.

La cosa più dolorosa è scoprire come questa comunità per tanti anni sia stata guardata con sospetto dalla loro nuova patria e ignorata, se non addirittura disprezzata, per più di un secolo da quella delle loro stesse origini. Certo l’introduzione dell’AIRE (l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) e la creazione di collegi elettorali nei cinque continenti ha posto già un primo rimedio ma resta ancora tanta strada da fare.

Quanti Italo Americani hanno avuto successo?

Dovrebbe ad esempio far riflettere che non conosciamo molti dei successi degli Italiani negli Stati Uniti, da Fiorello La Guardia a Joe Di Maggio (vere e proprie leggende USA), giusto per citarne due, o del fatto che Frank Sinatra non abbia mai cantato in Italia o della mancata valorizzazione delle icone mondiali del nostro tempo. Per quanto abbiamo totalmente ignorato Lady Gaga o Madonna e quanti non sanno neppure che Dustin Hoffman abbia origini marchigiane? Quante opportunità ci sarebbero di promozione per il nostro Paese e per le nostre regioni?

Reputazione degli Italo Americani: l’Osservatorio

Così, dialogando di questo con Umberto Mucci, editore e direttore di We The Italians, ci è venuto in mente di creare un osservatorio proprio sulla Reputazione degli Italo Americani, lo IARL (Italian American Reputation Lab) per provare a saperne di più e misurarne l’impatto economico e sociale. Finalmente, dopo diverse settimane di lavoro, il 23 ottobre scorso a Washington, al Gala del Niaf, la principale associazione di Italoamericani negli Stati Uniti, abbiamo presentato il primo report che ha svelato parecchi dati interessanti, anche per la nostra economia (sul sito iarl.org si può scaricare il rapporto).

Prima di tutto c’è da constatare una cosa: l’immaginario stereotipato del mafioso da film ha lasciato il posto alla figura di lavoratore e cittadino modello. La reputazione degli italoamericani è migliorata del 38,3% negli ultimi 30 anni, lo stesso Mucci leggendo questi dati mi ha detto: «noto sempre reazioni incredule quando spiego in Italia che negli Stati Uniti una delle caratteristiche della reputazione degli italoamericani è che sono dei gran lavoratori, sia per il loro talento sia per la loro attitudine a lavorare molto senza lamentarsi. Noi italiani che viviamo in Italia, invece, tendiamo, a volte non a torto, a vedere l’italiano medio non esattamente come uno che lavora sodo. È il cambiamento dell’ambiente in cui si è cresciuti a fare questa differenza».

Anche in Italia sta cambiando qualcosa, in parte per l’aumento degli investimenti nel nostro Paese, tra cui spiccano di certo quelli nel calcio e nel food, e in parte per le tante star di Hollywood con origini italiane. Rocco Comisso è l’imprenditore italoamericano con la migliore reputazione nel nostro Paese, mentre fa sorridere che nel mondo dello spettacolo lo sia una figura per nulla conosciuta negli Stati Uniti, ovvero Mike Bongiorno (a cui abbiamo dedicato un piccolo tributo per l’occasione).

Un grande salto culturale percettivo sulla comunità italoamericana è avvenuto proprio negli Stati Uniti. Se fino a 30 anni fa le maggiori discussioni sul tema Italian-American riguardavano appunto mafia e malavita, frutto della percezione negativa e degli stereotipi creati dal cinema e della tv, oggi le cose stanno rapidamente cambiando, sia per via delle posizioni amministrative e governative ricoperte con sempre più frequenza da membri della comunità – pensiamo a Mike Pompeo o Nancy Pelosi, o l’ex sindaco di New York Bill De Blasio – sia per le numerose star del cinema, sia per i crescenti investimenti sul suolo italico. Ci sarebbero tante possibilità per il nostro Paese, dagli investimenti di ritorno a un esercito di ambasciatori del Made in Italy sparsi per il mondo. È il caso quindi che anche le istituzioni si prendano le proprie responsabilità nel supportare le battaglie politiche di questa comunità.

Il presidente Allegrini ha definito lo studio «molto interessante su un tema fondamentale per continuare a migliorare le relazione tra i nostri Paesi e a fornire informazioni strutturate alle aziende che vogliano investire in America, questo anche grazie al contributo della comunità italoamericana e della Niaf». Serve un nuovo corso che può creare grandi opportunità.