Le opinioni

La giustizia predittiva non potrà prevenire i reati, ma evitare le cause inutili sì

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di Giuseppe Pizzonia – Docente di diritto tributario

Tra stupore e preoccupazione, il tema dell’intelligenza artificiale (AI) è al centro dell’attenzione. Stupisce la facilità e rapidità di piattaforme di AI accessibili a tutti nel redigere testi articolati partendo da semplici quesiti, e la possibilità di creare immagini e suoni non distinguibili da quelli reali, quindi facilmente manipolabili.

Preoccupa, e inquieta, il rapido sviluppo di tecnologie con potenzialità enormi, così come i pericoli che un uso sbagliato, o peggio fraudolento, possono generare. Si dice che le piattaforme di AI vengono istruite in modo etico per non commettere o indurre illeciti, ma tutto dipende da chi, e per cosa, vengono create. Senza contare, poi, che si basano sull’auto-apprendimento e nessuno può garantire come si auto-evolveranno.

E poi, chi ne stabilisce l’etica, cosa è giusto – o no – che facciano? Quali effetti sugli equilibri sociali ed economici?

Insomma, a parte l’ottimismo di molti science enthusiast, sono sempre più diffuse e autorevoli analisi critiche e spinte per una gestione prudente del fenomeno, pur nella consapevolezza della sua inarrestabilità, come già ben illustrato su queste colonne.

L’AI può fare la sua parte anche nell’ambito legale e tributario; si parla di giustizia predittiva, non per evitare i reati prima che vengano commessi come in Minority Report, ma – tra l’altro – per prevedere l’esito di un processo, prima di instaurarlo, evitando l’avvio di cause inutili.

Come? Con l’analisi dei precedenti giurisprudenziali per trovare ricorrenze e correlazioni utili per prevedere l’esito di casi analoghi.

Nei sistemi anglosassoni, basati sull’autorità dei precedenti, la tecnologia – se ben usata – può aiutare il lavoro di giudici e avvocati. Un po’ meno, nei sistemi come il nostro in cui i precedenti non sono vincolanti. Tuttavia, si registrano già alcune esperienze.

In Francia, dal 2016, il sistema Predictice viene usato in alcuni processi per stimare i danni risarcibili. In Argentina, il software Prometeia è stato usato per risolvere controversie ripetitive. Nel 2018, è stata redatta una Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari. Da qualche tempo, le Corti di Appello di Brescia e di Venezia sperimentano con centri di ricerca modelli predittivi per disincentivare le liti temerarie.

L’obiettivo astratto sarebbe quello di perseguire la certezza del diritto, ma la vita reale è assai più complessa e il diritto non è una scienza esatta. In campo fiscale, è stato avviato con fondi Ue il progetto Prodigit, per la prevedibilità delle sentenze tributarie. Comprende, tra l’altro, la creazione di un modello di giustizia predittiva, basato su una banca dati delle sentenze tributarie. Oltre le apparenze, ogni strumento tecnologico, pur se utile, è ben lungi dall’essere assolutamente oggettivo e neutrale. Fondamentale capire chi creerà il campione di sentenze e con quali algoritmi sarà elaborato, perché i risultati saranno condizionati dalle relative modalità di creazione e trattamento.

L’idea di rimettere i diritti dei cittadini, senza garanzie, a una macchina imperscrutabile e incontrollabile è inquietante. L’illusione di premere un tasto per determinare le imposte di ciascuno è vecchia quanto fallace; i precedenti fiscali dei vari redditometri, spesometri, studi di settore etc. non sono rassicuranti. La realtà economica è assai variegata e complessa, come lo sono le regole fiscali; una sfida molto difficile, anche per una nuova e potente tecnologia.