Le opinioni

La legge sui rave party spingerà verso la violenza

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di Luigi De Magistris (Politico e Scrittore)

Nel primo Consiglio dei Ministri il governo Meloni non ha scelto di intervenire su caro bollette e drammatica situazione sociale ed economica ma su giustizia e sicurezza.

Su tre fronti:

  • riforma Cartabia della giustizia;
  • ergastolo ostativo;
  • norma cosiddetta “rave party”.

Riforma Cartabia

Sul rinvio dell’entrata in vigore di alcune parti della riforma Cartabia non darei troppa importanza, si tratta più di fatti organizzativi attinenti gli uffici giudiziari piuttosto che aspetti centrali di una riforma mediocre circa le prospettive di un processo penale più giusto e rapido, per la certezza del diritto e della pena.

Ergastolo ostativo

Il dibattito giuridico e politico sull’ergastolo ostativo è serio e non si può intervenire con decreto legge per una riforma complessiva. Per ora il governo, correttamente, ha confermato l’impossibilità per i condannati per delitti mafiosi e terroristici di vedere affievolito il principio del “fine pena mai”. Governo e Parlamento dovranno, però, tenere conto delle sentenze della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo circa la compatibilità dell’ergastolo ostativo con la finalità rieducativa della pena contenuta nell’articolo 27 della Costituzione. Bene ha fatto poi il ministro della Giustizia Nordio a porre da subito il tema delle condizioni delle carceri come elemento da affrontare prioritariamente da parte del dicastero della Giustizia.

Rave party

La norma però davvero inaccettabile da un punto di vista costituzionale e giuridico è quella dell’introduzione di una fattispecie di reato avente ad oggetto raduni non autorizzati di più di 50 persone che possono mettere in pericolo ordine e sicurezza pubblica o la salute pubblica. Il rave party è solo un pretesto, tanto è vero che su quella vicenda si è intervenuti a normativa già vigente; invece, questa norma potrà essere applicata sempre, per qualsiasi riunione. Dall’assemblea pubblica davanti un Comune per contestare un sindaco fino alle proteste studentesche all’Università, piuttosto che una spontanea manifestazione di cittadini o imprenditori per le piazze di una città per il caro bollette. Una norma generica e aperta, quindi in contrasto con il principio di determinatezza e tassatività che deve caratterizzare i reati.

Con una discrezionalità enorme ed abnorme per le forze di polizia prima e la magistratura dopo. Con la previsione di una pena sproporzionata, fino a sei anni di reclusione, consentendo arresto in flagranza, custodia cautelare, intercettazioni, con l’applicazione addirittura della normativa sulla sorveglianza speciale dei delitti di mafia. Una norma da stato di polizia e non da stato di diritto, che rischia di aumentare la tensione sociale perché spinge ancora di più verso i professionisti della violenza e gli infiltrati di professione per poi criminalizzare il dissenso che è il sale della democrazia.

La politica è fatta anche di simboli, soprattutto agli inizi dei mandati. Questo è il marchio con cui si è presentato questo governo. Paura delle contestazioni, repressione del dissenso, restringimento degli spazi di libertà. Se appare a tratti stucchevole il dibattito sul fascismo in salsa contemporanea, la torsione autoritaria immediata con un atto che porta la firma del Ministro dell’Interno, colui che ha il comando delle forze di polizia, desta molte preoccupazioni.

Da ultimo posso testimoniare che da sindaco di una delle città più difficili d’Europa sul piano della tensione sociale non si è mai ricorso, durante il mio mandato, ad arresti e manganelli per gestire il conflitto sociale, ma sempre con l’ascolto, il confronto, il dialogo e la democrazia. In cooperazione con le stesse forze di polizia. È così che si costruisce pace sociale e sicurezza. Non creando le condizioni di un Paese che usa manganelli e manette per chi la pensa diversamente da chi governa.

È la forza della democrazia, a prescindere dai colori politici.