Le opinioni

L’avviso della naja unisce ancora potere e comunicazione

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di Alessandro Paciello, Formatore e Opinionista

«Dormi preoccupato!», era l’ammonimento che i caporali indirizzavano a noi militari quando secondo loro avevamo commesso qualche negligenza. Chiunque abbia fatto la naja ricorderà questo avvertimento che aveva un fine ben preciso: quello di incutere, attraverso la paura, il rispetto verso l’autorità e il comando.

Da sempre, il “potere” si avvale di questo metodo nei confronti dei sudditi. Joseph Goebbels, Ministro della Comunicazione del governo nazista, ne fu maestro e il suo lavoro, non a caso, è stato ristudiato da diversi sociologi proprio in questi ultimi anni di continue terrorizzanti emergenze.

Sono infatti decenni che veniamo bombardati e annichiliti da minacce che provengono da ogni dove: terrorismo, eventi bellici, invasioni migratorie, pandemie, cambiamenti climatici, carenze energetiche, carestie alimentari e, ultimamente, persino gli alieni.

Sono tutti allarmi subiti in modo eterodiretto e circolarmente reiterato. I media recitano la giaculatoria della catastrofe, con temi diversi, ma che hanno tutti un comune denominatore: l’attacco alla sopravvivenza di un genere umano perennemente a rischio! È chiaro che una piccola parte della spiegazione di quanto avviene risieda nella necessità dei media, puramente di marketing, di tenere sotto pressione l’opinione pubblica.

Nelle mie lezioni ripeto che niente vende più delle lacrime, del sudore e del sangue. Ma questa “ratio” non è sufficiente. Non c’è bisogno di essere arruolati nel fronte dei “complottisti” per rendersi conto che esiste una regia di questa comunicazione da “dormi preoccupato”.

Inoltre, in questi ultimi anni il fenomeno della censura, neanche tanto implicita e strisciante, ma esplicita e minacciosa, ci ha riportato a epoche del secolo scorso che avremmo voluto non rivivere.

La istituzione di un Ministero della Cultura Popolare di mussoliniana memoria non è stata dichiarata, ma nei fatti attuata, con la motivazione che altrimenti, se si osasse porre in dubbio i temi del mainstream, si minaccerebbe la salvaguardia popolare.

Guai, pertanto, ad alzare il ditino insinuando una dubbiosa domanda: ecco partire le classificazioni di “dietrologo”, “complottista”, “fascista”, “terrorista”, paradossalmente provenienti proprio da “chi lo dice lo è”, come dicono i bimbi. Ma, anche qui, come si vede dato che si ricorre a metodi infantili che dovrebbero ai più essere conosciuti, niente di nuovo.

Da denunciare c’è invece l’unica reale emergenza di questi anni: quella democratica! E già, perché il popolo è unipolarmente diretto da una comunicazione asservita che gli impedisce di discernere, ipnotizzato com’è dal fenomeno digitale non a caso nelle mani oligopoliste di centrali multinazionali. Non sono quindi ammessi dubbi, incertezze, negazioni. È stata coniata e lanciata in comunicazione una nuova categoria: quella degli “esperti”. Non si capisce bene in che cosa, perché il termine è generico, né quali debbano essere i titoli per essere definiti tali. Ma tant’è, se parlano loro tutti muti e ubbidienti.

Salvo poi che dopo qualche mese altri esperti smentiscono i primi, ma sempre secondo il medesimo obiettivo: la diffusione di angosce collettive per sottomettere il gregge.

Su quale leva agisce il “potere”? Su quella diabolica dell’immaturità spirituale della gente a cui è stata cancellata, con l’ipnosi digitale, la consapevolezza dell’impermanenza di noi tutti, che dovrebbe invece essere innata. Quindi, per sfuggire al gregge e ai suoi pastori, non rimane che una via data dall’evoluzione spirituale, rivoluzione vera di fronte alla quale non c’è processo diabolico che tenga!