Le opinioni

L’evasione fiscale è un problema culturale

Scritto il

di Antonio Tomassini (Professore di diritto tributario, Partner DLA Piper Studio Legale)

Il dibattito nei primi giorni del governo Meloni è animato dall’ennesima proposta di modificare la soglia delle transazioni in contanti. La Lega infatti propone di innalzarla a 10mila euro mentre la premier prova a mediare e ad atterrare sui 5milaeuro. Oggi la soglia è 2mila euro e nel 2023 avrebbe dovuto passare a 1.000 euro: quindi si tratterebbe di un’inversione di rotta.

Il valzer della soglia dei contanti in Italia

Per carità nulla di nuovo, la soglia è un valzer continuo: nel 2002 era 12.500 euro, il 30 aprile 2008 è scesa a 5mila euro per poi tornare il 25 giugno dello stesso anno a 12.500 euro, quindi ancora 5mila euro dal 31 maggio 2010, il 13 agosto 2011 giù a 2.500 euro, il 6 dicembre dello stesso anno si arriva a 1.000 euro, per poi risalire a 3.000 euro nel gennaio 2016.

Ricordiamo che si tratta di una soglia di pagamento per transazioni tra privati, non ci sono limiti invece per i prelevamenti in banca. Come abbiamo scritto su queste colonne, la priorità del governo dovrebbe essere quella di regolarizzare l’enorme massa di contante fermo nelle cassette di sicurezza o nascosto in casa (le stime più accreditate parlano di 150 miliardi) vincolandone l’immissione nell’economia reale, piuttosto che pensare a un innalzamento della soglia in un momento dove il mondo va verso il cashless.

Soprattutto, quello della individuazione della corretta soglia ci sembra un tema in ogni caso sopravvalutato. Si potrebbe obiettare che la ratio dell’innalzamento sia simile a quella che dovrebbe portare al provvedimento di regolarizzazione, ovvero uno stimolo ad utilizzare il contante per spese e consumi che sostengano l’economia reale, ma onestamente non crediamo che le persone inizino a girare con borse di contanti per i negozi, somme così alte vengono impiegate abitualmente per transazioni dubbie, anche a prescindere dalle soglie stabilite per legge.

Rapporto tra contante ed evasione fiscale

Ad ogni modo si è risvegliata la discussione sul potenziale collegamento tra circolazione del contante ed evasione fiscale, che storicamente dimentica come questi limiti abbiano una finalità antiriciclaggio, non antievasione. Un legame tecnico con l’evasione del resto non c’è, il pagamento con il POS non la sterilizza. Sono anzi frequenti i pagamenti anonimi anche tramite moneta elettronica che oggi sfuggono ai controlli, senza scomodare alcuni impieghi di criptovalute (su cui pure si dovrebbe pensare a regolarizzare e regolamentare) e la possibilità che le verifiche arrivino in modo così capillare sul territorio è ancor oggi irrealistica (questo perché dovremmo andare oltre il sistema della dichiarazione dei redditi e mappare meglio la distribuzione della ricchezza nel Paese).

Non ci sono nemmeno studi che forniscono evidenze empiriche significative e, in effetti, alcuni Paesi senza limite all’utilizzo del contante presentano un livello di evasione fiscale molto basso, a riprova che le cause dell’evasione sono complesse da indagare e figlie in primis della cultura di un popolo. Non prevedono limiti al contante Austria, Germania, Lussemburgo, Olanda, Ungheria, Irlanda, Estonia, Finlandia e Cipro. In Grecia la situazione opposta, il limite è a 500 euro, in scia Spagna, Francia e Svezia, con soglia di 1.000 euro.

Tra i pochi lavori a carattere scientifico sul rapporto contante-evasione v’è lo studio della Banca d’Italia dell’ottobre 2021 (Pecunia olet. Cash usage and underground economy) che, utilizzando modelli econometrici applicati provincia per provincia, arriva ad affermare che, seppur in modo non decisivo e ricordando che l’evasione dipende da molti altri fattori, «limiti più severi all’uso del contante sono uno strumento efficace per contrastare l’evasione fiscale». Secondo lo studio, un aumento dell’1% delle transazioni in contanti negli anni 2016 e 2017 (dove il limite passò da 1.000 a 3mila euro) si è tradotto, a parità di condizioni, in un aumento tra lo 0,8 e l’1,8% dell’economia sommersa.

In ogni caso, sul fronte dell’evasione, del contante e delle esigenze economiche del Paese, l’aspetto principale su cui riflettere è – di nuovo – che ci sono una enormità di banconote in circolo e occorre pensare a come regolarizzarle per favorire l’economia reale.

In questo modo aumenterebbe anche la loro tracciabilità, che nel mondo digitale diventerà importante per molte finalità. Fatto questo, poi possiamo tornare a parlare di quale sia l’esatta soglia per la circolazione del contante, se proprio non se ne può fare a meno.