Le opinioni

Manovra leggera, attenta a sociale e lavoro

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di Giuseppe Pizzonia
(Docente di diritto tributario)

Per la creazione, l’Onnipotente ha impiegato sette giorni. Neanche il migliore dei governi possibili, nelle condizioni date, riuscirebbe ad agire in profondità con la prima legge di bilancio, a solo un mese dal giuramento. Non stupisce quindi che la manovra 2023, pari a 35 miliardi, appaia, per così dire, “leggera”, poco incisiva, “prudente” soprattutto, essendo proprio questa la parola chiave caratterizzante. Le risorse sono limitate e il maggior deficit è stato fermato a 21 miliardi (tutti per fronteggiare il caro energia, da rifinanziare in corso d’anno). Non è dunque sulla dimensione che va giudicata la manovra (solo 14 miliardi per le misure diverse da quelle energetiche), piuttosto sulla sua corrispondenza alle promesse della campagna elettorale e più in generale sulla coerenza rispetto ad una diversa visione del Paese.

Le promesse: si vede lo sforzo per (cominciare a) mantenerle. Si interviene (con moderazione) sul reddito di cittadinanza; si attua un’ampia tregua fiscale; si estende la flat tax; si riduce il cuneo fiscale; si rilanciano le grandi opere; si interviene sulle pensioni; si mette un tetto ai ricavi per energie rinnovabili; si confermano, con modifiche, sconti e misure di sostegno contro l’aumento dei costi energetici.

La visione: si possono individuare i primi segni di una visione politica propria della nuova maggioranza, nonostante la continuità di alcune misure – quelle sull’emergenza energetica – rispetto al precedente governo (inevitabile, dato il quadro internazionale). Le misure presentate, con quelle del recente DL Aiuti quater, sembrano rivelare linee di sviluppo sicuramente interessanti, e non semplicisticamente qualificabili di destra.

La manovra 2023 rivela due priorità (crescita e giustizia sociale) e si sviluppa su tre direttrici: imprese, famiglie, lavoro. Viene superata (si spera definitivamente) la politica dei (mini) bonus, che ha disperso risorse in mille rivoli, e anche i bonus maggiori (come quelli edilizi) sono destinati ad un graduale ridimensionamento. Idem per il reddito di cittadinanza, dove comunque rimane l’attenzione ai più fragili, e si rimandano le decisioni più dure al 2023.

Per le imprese, aiuti energetici e investimenti in opere pubbliche (su tutte, il Ponte sullo Stretto), a fronte però di un ridimensionamento degli incentivi 4.0 (per la crescita, si dovrebbe osare di più, così come per le filiere nazionali). Per le famiglie, sostegno ai consumi (meno Iva, bonus sociale), ma anche alla natalità (assegni e congedi parentali potenziati); per i più deboli, torna una nuova social card (copyright Tremonti) gestita dai comuni. Per il lavoro, riduzione del cuneo fiscale, incentivi alle nuove assunzioni, quota 103 sulle pensioni, in attesa della riforma.

Su tutto, un ruolo importante alla leva fiscale. In attesa di una nuova legge delega di riforma, e con l’obiettivo di ridurre la pressione fiscale (oggi in crescita), viene estesa (cautamente) la flat tax cercando di contenere alcuni possibili abusi, si rivede la tassazione degli extraprofitti energetici, si avvia una articolata tregua fiscale a tutto campo, si definisce la tassazione delle criptovalute; altre misure specifiche (rivalutazione quote e terreni, accise, etc.) saranno meglio dettagliate. In conclusione, è presto per un giudizio. Mancano i dettagli e ci sarà il passaggio parlamentare con inevitabili modifiche. Per ora: mancano provvedimenti strutturali, emerge più attenzione su sociale e lavoro, meno sulla crescita. Seguiremo gli sviluppi e ne daremo conto.