Le opinioni

Meridione: è ora di cambiare marcia

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di Luigi De Magistris (Politico e scrittore)

Il Mezzogiorno alterna sentimenti di rassegnazione e di ribellione, depressione e riscatto. Il 2023 dovrebbe essere l’anno in cui iniziare a “vedere” il Pnrr, se sarà opportunità per servizi strategici e strutturali e miglioramento della qualità della vita oppure ennesima occasione persa per colpa di una classe dirigente incapace.

L’anno che verrà deve fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata che colpisce al cuore l’unità nazionale, acuisce le disuguaglianze economiche e sociali e le discriminazioni territoriali, dà più a chi ha di più e meno a chi ha già poco, concentra il potere in quello verticistico regionale, favorisce esodi giovanili verso nord e quindi ulteriore impoverimento delle terre del sud, migrazione sanitaria e della forza lavoro. Per poi lasciare via libera al definitivo saccheggio del sud da parte di poteri criminali e affaristi senza scrupoli. Il Sud può essere, invece, una delle principali armi di rinascita del nostro Paese. Economia circolare e sviluppo del territorio e delle comunità, agricoltura fondata sulla biodiversità, rigenerazione urbana e di borghi abbandonati, cura e valorizzazione della terra e del patrimonio immobiliare, intere aree abbandonate o incolte che possono produrre imprese di comunità, start-up ed imprenditorialità giovanile. Il binomio montagna-mare in stretta connessione può produrre ricchezza ambientale, culturale e turistica senza cadere in degenerazioni speculative e in una turistificazione che porta anche a perdite di identità.

Il Sud può essere il luogo privilegiato per l’industria che crea lavoro rispettando ambiente e territorio, smart working e rapporto qualità-prezzo della vita possono anche favorire una migrazione di ritorno. Si deve accelerare sul miglioramento dei servizi e il controllo del territorio da parte dello Stato. Nel Sud ci sono valori che spesso non vengono considerati ma hanno tanto a che fare con la qualità della vita: umanità, solidarietà, fratellanza, resistenza dell’essere rispetto al predominio dell’avere. In un mondo in cui non tutto corre e passa senza che sguardi, riflessioni, silenzi, sorrisi non abbiano un valore in termini di qualità della vita ed anche di ricchezza sociale e culturale. Al Sud si può riscoprire quel valore di polis, di comunità, così smarrito e travolto dalla fluidità di un mondo dove tutto si calpesta, passa e si cancella. Un piccolo mondo antico in cui innestare un’innovazione intelligente che non depreda ma rispetta e valorizza, in cui le infrastrutture digitali possono essere una modalità in cui avvicinarsi ma anche allontanarsi dai disastri di un mondo contemporaneo in cui le “magnifiche sorti e progressive” non hanno conciso con il progresso dell’umanità.

Il Sud deve scrollarsi la sindrome che “arriveranno gli alleati a salvarlo” o che il cambiamento verrà dall’alto. Ci vuole più consapevolezza della capacità di autodeterminarsi, ovviamente rivendicando i propri diritti. L’ho sperimentato facendo il sindaco autonomo di Napoli, dove tutto ciò che di grande abbiamo realizzato lo abbiamo fatto con le nostre forze, concretezza e visione, onestà e coraggio, sinergia corretta tra pubblico e privato. E senza mai andare con il cappello in mano e con il guinzaglio al collo. Un sud bloccato è quello che vogliono una classe dirigente meridionale corrotta, le mafie e quelle centrali politico-finanziarie nazionali che utilizzano il mezzogiorno come terra di conquista, di saccheggio, di prosciugamento di talenti e intelligenze, di investimenti speculativi, di consolidamento della borghesia mafiosa attraverso il controllo della spesa pubblica. Il Sud ha bisogno di più partecipazione popolare, più diritti, meno sudditi e rassegnazione, liberare energie e spezzare il patto fondato sul partito unico della spesa pubblica.