Le opinioni

Quei biscotti bruciacchiati e la cultura del “non sono stato io”

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Domenica scorsa sono andato con i miei figli in un bar di quelli con un po’ di giardino dove ci si può rilassare mentre si fa colazione. I miei figli sono piccoli e questo è una specie di rito domenicale. Uno dei punti chiave è il biscotto fresco (una sorta di cookie americano fatto all’italiana). Questa volta i biscotti erano grandi la metà e bruciacchiati. Ma costavano sempre un euro l’uno.

Presi e pagati (ai riti non si rinuncia) senza dire nulla al banconiere che non c’entra niente; quando è passato uno dei proprietari l’ho salutato come al solito e gli ho fatto notare in maniera discreta la scarsa qualità del prodotto a fronte del prezzo invariato aggiungendo: «Mi permetto di dirlo a lei perché è il titolare».

La sua risposta piccata mi ha colpito: «Si sbaglia lei, è sempre la stessa quantità di materiale: alle volte i biscotti si allargano di più o di meno. Comunque, mica li ho preparati io».

È la perfetta risposta sbagliata per chi fa business: dare la colpa a qualcun altro (in questo caso al biscotto stesso, a me e nel caso a chi era in cucina) e l’incapacità di distinguere tra colpa e responsabilità. Soprattutto per un imprenditore o per un dirigente. Non ne faccio un discorso giuridico, ma solo di relazioni.

La colpa è un carico che va in testa a qualcuno per qualcosa che ha fatto. È del tutto personale: se non hai fatto qualcosa, non sei il “colpevole”. La responsabilità invece è collettiva, riguarda ogni persona coinvolta nel processo e diventa ineludibile per quella appunto “responsabile” del processo.

Un imprenditore, per quanto piccola la sua attività, certamente non ha “colpa” se in cucina hanno preparato biscotti di qualità inferiore a quella attesa. E assumersi la colpa sarebbe un atto donchisciottesco altrettanto sbagliato che addossarla al biscotto stesso (come se un biscotto potesse decidere di bruciare) o al cliente (come se un cliente non potesse valutare la qualità del servizio che paga).

Quello che è mancato a quell’imprenditore in particolare e, purtroppo, manca a moltissimi di noi, è la capacità di assumersi le responsabilità. Manca proprio il cromosoma che ci fa dire: «Mi scusi. Non ho colpa per com’è venuto il biscotto ma sono responsabile dei prodotti del mio bar e questo è di sicuro sotto la media. Non accadrà più». Non mi aspetto certo un rimborso o lo sconto per due o tre biscotti bruciacchiati. Ma neanche di essere preso in giro da chi dice in sostanza che queste cose “succedono”, non ha nessuna responsabilità però gli euro del biscotto li incassa lo stesso e ti dice neanche tanto fra le righe che è pure colpa tua.

Non mi interessa cosa la legge stabilisce che un esercente sia tenuto a fare e non fare, cosa possano dire le immancabili sentenze di qualche giudice che avrà di certo deliberato su casi di biscotti bruciacchiati (siamo pur sempre in Italia) o sapere se la Asl fa o no la multa ai biscotti. Non è questo il punto. Ne faccio un problema di responsabilità.

Quand’è l’ultima volta che abbiamo riconosciuto di essere responsabili di qualcosa di sbagliato di cui non avevamo colpa? Quanti biscotti sono stati bruciati da altri che lavorano con noi, magari in perfetta buona fede, e quando i nostri clienti hanno protestato gli abbiamo rimandato addosso il problema? «È lei che si sbaglia. Non è colpa mia. Io non c’entro nulla».

La nostra cultura della non-responsabilità produce danni molto maggiori che non biscotti cachettici e bruciacchiati. Non solo non ce ne rendiamo conto, ma diamo anche la colpa a chi ce lo fa notare