Le opinioni

Rane e pecore distratte, attente al baratro

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“Eaa, ma come andiamo forte… Eaa, ormai nessuno ci può fermar!

Eaa, giù per la discesa…ormai nessuno ci può fermar!

Eaa, dritti verso il burrone… Eaa, ormai nessuno ci può fermar”…

EAA è una canzone di Edoardo Bennato a cui sono particolarmente affezionato. Già da adolescente dei mitici ’70, anni in cui venne pubblicata nell’LP La Torre di Babele, la sentii particolarmente adatta, nella sua metafora, ai tempi che stavamo vivendo e che oggi ancor più intensamente viviamo. È la metafora di un allegro gregge di persone, imbarcate su un mezzo guidato da altri, dittatori e manipolatori di masse, che si sta dirigendo verso un burrone, senza che il gregge in questione (il popolo) se ne accorga.

Anzi, lo stupido gruppo belante, continua a cantare e a fare festa, mentre solo uno di loro si accorge del pericolo incombente, cercando prima di “risvegliare” gli altri viaggiatori, per poi tentare, di fronte all’ipnosi collettiva dei suoi simili, di abbandonare il mezzo prima che si schianti. È un po’ la storia della rana che messa in una pentola di acqua posta su un fuoco, non si rende conto di essere destinata alla bollitura se non nel momento stesso, tragicamente “tardivo”, in cui viene cotta dall’acqua ormai bollente.

Questa metafora della rana è stata più volte richiamata nel periodo storico più recente in cui la manipolazione mediatica, la digitalizzazione e la pervasiva Intelligenza Artificiale hanno preso il sopravvento sul gregge di pecore belanti e canterine destinate – scegliete voi – al burrone o alla bollitura. Ipnotizzati come siamo dai nostri smartphone, dagli insulsi talk-show televisivi, dove pseudo “esperti” a pagamento ci vendono la loro merce, spesso speculando sulle disgrazie altrui come altrettanti avvoltoi sulle carcasse animali; inebetiti da giornalisti prezzolati dal migliore investitore pubblicitario e da questi loschi figuri che oggi vengono definiti, quasi fossero portatori di una malattia virale, “influencer”; tutti insieme ci stanno distraendo dall’inevitabile fine in fondo al fosso che ci attende.

Se poi pensiamo a questa piaga dilagante dei social network, a mio parere manifestazione diabolica dell’ego collettivo, produttore di anomalie umane che il sociologo Francesco Morace definisce vittime  della «sindrome del pallone gonfiato», il gioco è fatto: siamo destinati all’estinzione di massa, come la fine che fece la rana – ricorre sempre lei – della favola di Esopo, in cui si gonfia per cercare di diventare grande come un bue, per poi miseramente esplodere.

Possibile salvarsi? Che fare per dare una speranza alle generazioni future non certo assecondandole nella fuffa ecologista  (maddeché?) che si incollano ai manti stradali o imbrattano i monumenti e le opere d’arte, ormai rimasti la cosa più sostenibile in termini umani su questo triste Pianeta? Nella canzone di Edoardo Bennato il narratore si fa prendere da un moto etico che lo spingerebbe a sostituirsi al conducente che, nel frattempo, si era espulso fuori dal veicolo, lasciando i belanti al loro destino. Ma, come lui stesso poi conclude, “ripensandoci bene…chi me lo fa fare?”.

Io però non la vedo così e penso che se qualcuno di noi comincia perlomeno a indicare una via d’uscita per salvarsi, sul tragico pullman potrebbero rimanerci loro, gli esperti, i politicanti, i falsi scienziati e profeti di sventura che quel veicolo lo avevano adibito per la distruzione altrui, ma che, distratti dalle loro guerre di potere intestine e fratricide, non si rendono conto che, alla fine, nel burrone ci finiranno loro, non cantando e ridendo, ma accapigliandosi e accoltellandosi alle spalle. Loro, con tutte le “rane gonfiate” che li seguono!