Le opinioni

Riforma fiscale, serve più visione

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di Giuseppe Pizzonia (Docente di diritto tributario) 

La tanto attesa riforma fiscale è stata varata qualche giorno fa dal Consiglio dei ministri e l’aggettivo più frequente nei primi commenti che abbiamo letto è: ambiziosa. Ed è proprio così, un progetto sicuramente ambizioso che interviene sugli aspetti più rilevanti del sistema fiscale italiano, con una revisione profonda: dall’Irpef all’imposta sulle società, dall’Irap all’Iva, dai micro-tributi alle accise, per poi intervenire su adempimenti, controlli e sanzioni. Il tutto in un programma di legislatura (e oltre) che ha davanti a sé ancora diversi passaggi: l’approvazione parlamentare di una legge delega, l’elaborazione entro i successivi ventiquattro mesi dei relativi decreti delegati, previo esame delle commissioni parlamentari, l’eventuale emanazione (nei successivi ventiquattro mesi) di decreti correttivi.

Tanti gli aspetti rilevanti e da seguire con attenzione. Di generale interesse, la revisione dell’Irpef, con la riduzione a tre scaglioni, per poi tendere a un sistema flat, con una no tax area per garantire la progressività del prelievo. Peccato che il testo oggi disponibile non indichi la misura delle aliquote e degli scaglioni; impossibile quindi esercitarsi seriamente nel gioco chi guadagna-chi perde, anche se poi non si parla d’altro. È comunque realistico immaginare che dalla manovra Irpef non potranno venire grandi risparmi d’imposta, perché a fronte di minori aliquote ci sarà – opportunamente – una ulteriore drastica riduzione della miriade di sconti fiscali (tax expenditures) che si sono affastellati disordinatamente in questi anni sulla spinta di lobby e gruppi di pressione. Riduzione che colpirà soprattutto i redditi più elevati, così mantenendo una elevata progressività.

Sul fronte delle imprese, di rilievo l’attesa e inevitabile abolizione (pur se graduale) dell’Irap, un tributo-marziano, ormai inviso a tutti, vero e proprio corpo estraneo nel sistema tributario; rimane il nodo copertura, non di poco conto. Apprezzabile la prospettata semplificazione e razionalizzazione dei tributi sulle rendite finanziarie. Interessanti poi le misure anche sui procedimenti di controllo e sulle sanzioni, su cui si potrà tornare in seguito, quando il quadro sarà più chiaro.

Tutto bene, allora? Solo in parte. L’ambiziosità non basta, occorre altro. Di sicuro c’è il tema della pressione fiscale, comunque troppo elevata e ultimamente in crescita. C’è un generico impegno a ridurla, ma dovrà fare i conti con la realtà.

C’è poi un tema che si potrebbe definire della visione. Viviamo un’epoca di grandi cambiamenti, non tutti ben comprensibili e positivi. Fino a che punto in questa riforma c’è una visione – giusta o sbagliata – del futuro della società, dell’economia, dei bisogni delle nuove generazioni? Quella che si legge oggi è una meritevole opera di manutenzione straordinaria di un sistema che da almeno trent’anni appare inadeguato, come lucidamente evidenziato in un Libro Bianco del 1994; successivi tentativi di riforma (ricordiamo quella più coraggiosa del 2003) sono stati frustrati o attuati parzialmente, anche per una mancanza di visione di gran parte delle forze politiche, di governo e di opposizione.

Sono passati molti anni e tanti problemi, prima lucidamente intuiti, ora si presentano in tutta la loro drammaticità ed impellenza. Le grandi transizioni (tecnologica e ambientale) e i relativi rischi, il nuovo ordine mondiale, gli scontri geopolitici, i mutamenti sociali in rapida evoluzione richiederebbero uno scatto in avanti che (ancora) non si vede. L’esercizio della fiscalità non è (solo) puro tecnicismo o ricerca del gettito, ma è molto di più, perché è la base su cui si regge qualsiasi società organizzata. Fermo il ruolo centrale della politica, occorre una visione proiettata nel futuro, con l’apporto delle migliori energie. L’intendance suivrà…