Le opinioni

Da rassegnazione a ribellione: Sud polveriera sociale

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di Luigi De Magistris
(Politico e scrittore)

La crisi è dura, produce rassegnazione ed assuefazione, scarsa energia di reazione. In tempi di pandemia sociale ed economica, con un forte disagio mentale acuito da guerra e bisogni, si deve stare attenti a scherzare con il fuoco, anche quello che cova sotto la cenere. Zone del Paese, soprattutto al Sud, sono una polveriera sociale che può esplodere.

Per ora rassegnazione e rabbia sono più forti di partecipazione e ribellione. Il protagonismo individualistico nei social media alimenta, in taluni casi, un clima di rancore e odio soprattutto verso chi detiene il potere. Tali azioni non vanno sottovalutate, e perseguite se diventano reati, ma vengono anche strumentalizzate per acquisire visibilità e giustificare campagne mediatiche e azioni politiche di risposta.

Esiste nell’ordine costituito una politica, con una carica di violenza istituzionale nelle condotte, che strumentalizza il disagio sociale, lo racconta come odio diffuso verso chi detiene il potere trasformando il dissenso in crimine da reprimere.

Quando ero sindaco di Napoli, città socialmente vulcanica, non si è mai ricorso alla repressione per affrontare il conflitto sociale. Nello stesso tempo assistiamo anche a politici, che non conoscono quartieri del Sud ricchi di miseria e umanità, oltre che di devianza e crimine, che mettono il guinzaglio politico ai bisognosi che vanno doverosamente sostenuti dalle istituzioni per vivere ed emanciparsi.

Non mi piace l’immagine stereotipata del Sud con il cappello in mano dal padrone politico di turno che ti fa vivere con il denaro come una concessione e non un diritto. Una politica che ha tradito il Sud per poi utilizzare i bisognosi per il proprio consenso.

La politica, poi, mette poveri e ceto medio-basso l’uno contro l’altro: percettori di reddito di cittadinanza, lavori con salari da fame, pensioni misere, attività professionali ed economiche abbandonate.

Il governo non deve agitare il clima di esasperazione per preparare una stagione di manganelli e galere e annichilimento di diritti e libertà civili. Così si peggiora solo il quadro democratico e si innalza il rischio di una strategia delle tensione con opposti estremismi. L’Italia è una democrazia fragile che non ha avuto ancora volontà e coraggio di ricercare verità e giustizia sulle stagioni più buie della Repubblica.

Guai a sottovalutare il rischio che le mafie utilizzino questo clima economico e sociale per infiltrarsi ed acquisire soprattutto consenso. Hanno tanta liquidità, burocrazia zero, sanno dove andare a bussare e hanno bisogno di consenso sociale. Politica e mafie vivono di consenso: o fanno guerra o convivono. E, poi, soprattutto la camorra ha la capacità di infiltrarsi nel disagio sociale, in realtà in cui tutto si mescola. Per non parlare delle storiche saldature tra destra estrema, servizi e massonerie deviate, eversione neofascista e ‘ndrangheta, sempre più mimetizzatesi nella politica e nelle istituzioni e che utilizzano i passaggi deboli della nostra democrazia con la strategia della tensione.

Anche il clima della dialettica politica non sempre è rassicurante: odio, rancore, aggressione, nemici. Abbiamo bisogno di lotta, dialettica, conflitto sociale, contrasto al pensiero unico e al conformismo, rottura del sistema, ma tutto va compiuto con le armi della morale e dell’etica, della cultura, della politica, del diritto. Non ci servono estintori per spegnere indignazione e rabbia ma nemmeno lanciafiamme ed è sempre più necessaria una via d’uscita politica, con la partecipazione popolare, in modo da ridare fiato alla nostra Costituzione.