Le opinioni

Serve un Fisco chiaro e serio, non amico

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di Giuseppe Pizzonia – Docente di diritto tributario

Quando si parla di tasse, e soprattutto del rapporto fiscale, tra contribuenti e fisco, la febbre tende sempre a salire. Dal pizzo di Stato, a «le tasse sono bellissime», si contrappongono formule estreme e decontestualizzate, che alimentano polemiche ma non giovano ad un approccio razionale. E non è solo per la pressione fiscale assai elevata, tra le più alte in Europa, ma anche per un’antica contrapposizione tra un fisco visto come ottuso gabelliere (memorabile la gag di Troisi e Benigni: un fiorino!) e contribuenti rappresentati come furbetti maliziosi (da Totò ai Vanzina). Luoghi comuni, non privi di verità, ma ormai da riconsiderare, anche grazie ad un importante e ormai maturo provvedimento: lo Statuto dei diritti del contribuente.

Una legge del 2000 che gradualmente ha inciso sul rapporto fiscale sotto vari profili. Da quello normativo (leggi da scrivere meglio e meno criptiche), a quello informativo (c’è il diritto di interpello ed è assai più facile, grazie alla tecnologia, conoscere le regole fiscali e la propria posizione). Un principio su tutti: reciproca collaborazione e buona fede, da tradurre in trasparenza e fair play, in particolare nelle fasi più critiche come quelle dei controlli. Il contribuente deve essere informato su ragioni e obiettivi della verifica, può formulare proprie osservazioni, può fare affidamento sulle istruzioni ufficiali, deve poter rimediare ai propri errori e i controlli devono recargli il minor disagio possibile.

Tutto bene, dunque? Non sempre, non abbastanza. Le agenzie fiscali hanno fatto grandi passi avanti, ma lo Statuto viene derogato (per legge!) in nome della ragion fiscale.

Non è un caso se, nel disegno di riforma fiscale in discussione, si prevede di potenziare l’obbligo di contraddittorio e l’autotutela, per evitare accertamenti errati o forzati, destinati ad alimentare contenziosi e contrasti. Sicuramente positiva l’assunzione di giudici tributari togati e l’adozione di regole stringenti sulla prova della pretesa fiscale.

Allargando la prospettiva, uno sguardo ad altre esperienze offre interessanti indicazioni.

La Commissione europea ha pubblicato nel 2016 le linee guida per un codice europeo del contribuente, con importanti principi, reciprocamente validi per contribuenti e fisco, su legalità e certezza del diritto, non discriminazione ed eguaglianza, presunzione di onestà e imparzialità, cortesia e rispetto, riservatezza e privacy. Efficace la tecnica di redazione, dettagliando per ogni voce le legittime aspettative tanto dei contribuenti quanto delle agenzie fiscali.

Ancora più incisiva la HMRC Charter inglese (con documenti analoghi in tutto il Commonwealth), dove in poche pagine si tratteggia il ruolo del fisco (collect taxes for public services) nei rapporti con i customers (e non semplici contribuenti): getting things right (informazioni chiare ed accurate), making things easy (servizi facilmente accessibili, risposte competenti e rapide), treating you fairly (per pagare il giusto e fruire di agevolazioni e benefit, secondo le condizioni personali), mutual respect, con il diritto alla revisione dei provvedimenti ed al ricorso in giudizio, e l’impegno a migliorare il servizio con i feedback dei customer.

Tutto costantemente monitorato e pubblicato online, con rendiconti periodici. Un testo, al di là dei contenuti, che colpisce per semplicità, sintesi, chiarezza e completezza. Un esempio di pragmatismo british da imitare. Perché, non occorre un fisco amico, ma un fisco serio.