Nel Mondo delle Pmi

Controversie all’estero: PMI ricorrete all’arbitrato!

Scritto il

di Paolo Cova

L’arbitrato sugli investimenti, finora utilizzato soprattutto dai grandi gruppi imprenditoriali, può diventare uno strumento utile anche per le piccole e medie imprese che investono all’estero. Questo grazie a procedure semplificate e a meccanismi di protezione. E anche alla possibilità (ancora poco sviluppata in Italia) di farsi finanziare la lite stragiudiziale. È il messaggio che recentemente ha voluto rilanciare con un convegno la Camera arbitrale di Milano.

Opportunità dell’arbitrato per le PMI

«L’arbitrato in materia di investimento – spiega Stefano Azzali, direttore generale della Camera arbitrale di Milano – rappresenta una garanzia importante per salvaguardare le imprese in caso di controversie in un Paese estero. Questo istituto, promosso dalla Banca Mondiale, facilita il business internazionale, gli scambi commerciali, gli investimenti esteri e fornisce garanzie alle imprese che dovessero incorrere in liti con lo Stato in cui investono. L’eventuale lite viene risolta con la procedura arbitrale, quindi deferita ad un tribunale arbitrale, piuttosto che alle corti dello Stato ospitante l’investimento, con risparmi di tempo e costi nella risoluzione della controversia».

Facile immaginare l’opportunità che un arbitrato può assicurare in quei paesi in cui la terzietà e l’indipendenza della magistratura non possono dirsi sempre sostanzialmente assicurati:

E ciò purtroppo succede spesso in quei Paesi dove più conviene investire. L’arbitrato sugli investimenti può essere un paracadute importante anche per la piccola e media impresa, per la quale magari quel tal investimento all’estero è vitale.

I dati dell’ultimo rapporto IBA (International Bar Association, la più grande associazione internazionale di professionisti legali) dicono che un terzo delle liti, che riguardano un investitore e lo Stato ospitante l’investimento, è di valore inferiore a 50 milioni di euro. Di queste liti, almeno la metà vede come ricorrenti le piccole e medie imprese o i privati.

I settori più coinvolti sono quelli dell’energia, delle costruzioni, dell’industria estrattiva, dell’agricoltura, della finanza e dei trasporti. Coinvolte un po’ tutte le regioni del mondo, molti convenuti sono soggetti dell’Est Europa e dell’Asia centrale. L’arbitrato sugli investimenti garantisce più celerità, più neutralità, più competenza nel giudizio.

Lo strumento è regolato dalla Convenzione di Washington approvata nel 1965 e ratificata da 153 Stati, con significative defezioni (Russia, India e Brasile tra le altre) ma anche importanti presenze (Cina e Hong Kong tra le altre).

Non è detto che le cause piccole siano meno complesse di quelle grandi, «perché le questioni giuridiche sono le medesime ma magari gli arbitri coinvolti non sono il top della categoria», ma esistono procedure anche semplificate «che possono prevedere un arbitro unico, o un solo scambio di memorie al posto di due-tre, tempistiche e costi minori. L’esperienza dice che le procedure semplificate interessano fino a un quarto dei casi totali».

I costi dell’arbitrato

L’arbitrato costa (ma i semplificati costano meno). Per questo da qualche anno hanno preso piede, a partire dagli Stati Uniti, le Third Party Funding: «Si tratta – spiega Azzali – di società o fondi specializzati nel finanziare i contenziosi, siano essi arbitrali o davanti ai tribunali. Se un attore presume di aver ragione ma non vuole affrontare i costi del giudizio, può chiedere sostegno a una di queste società. Essa, innanzitutto,  prima di accettare l’incarico rivolterà la società e l’attività dell’attore come un calzino, con una due diligence spietata per capire se ci siano chance di vittoria in giudizio. Se l’attore vincerà la causa, la società si prenderà il 30-40% del risarcimento deciso dal giudice. Se l’attore perderà, tutte le spese legali intraprese resteranno a carico della società. Il 30-40% è tantissimo, ma il rischio è a carico del finanziatore. Per costui è un investimento come un altro, per l’attore è una forma di assicurazione. In Italia, per ora, c’è solo una società autorizzata dalla Banca d’Italia a svolgere questa attività».

Corte multilaterale per l’arbitrato

Nel convegno s’è discusso anche della ipotesi di creare una Corte multilaterale per l’arbitrato, sul modello della Corte internazionale penale de L’Aia:

Su questo – conclude Azzali – sono scettico. Vedo molte criticità: dovrebbero crearla i governi, che però poi potrebbero trovarsi come parti in causa negli arbitrati. In questi casi ne soffrirebbero la terzietà e la competenza della Corte. Poi vedo problemi di costi. Del progetto si parla da anni, ma credo che il cammino sia ancor lungo.