Nel Mondo delle Pmi

Dalla pesca alla Champions: le reti bresciane vanno in gol

Scritto il

di Paolo Cova

è passata dalle reti da pesca a quelle per la Champions League, per poi dedicarsi anche alla sicurezza nei cantieri e all’arredo. Nel nome di una flessibilità degna di una Pmi, senza perdere le radici da cui tutto è nato e andando alla conquista del mondo pur restando collegata al territorio in cui opera. Insomma La Rete, azienda leader nel proprio settore, fa reti ma fa anche rete. Un gioco di parole che sintetizza la realtà di questa azienda che ha sede a Montisola (Brescia), in mezzo al lago di Iseo, conta una ventina di dipendenti, 4 milioni di fatturato ed è leader mondiale nella produzione di reti.

«L’azienda è nata una quarantina di anni fa – racconta Fiorello Turla, uno dei titolari – La produzione di reti da pesca era un’attività storica su Montisola, data dall’anno Mille: le donne da secoli cucivano le reti, aiutate dai bambini, mentre gli uomini lavoravano la campagna. Era un modo per avere un reddito e per creare aggregazione. Un modello andato in crisi negli anni Sessanta del Novecento, con la concorrenza asiatica a basso costo. Abbiamo raccolto la sfida, diversificando la produzione e affacciandoci ai settori dello sport (reti da calcio, con l’innovativa maglia a nido d’ape, da pallavolo, per le piste da sci), della sicurezza (reti per i cantieri edili e per le recinzioni, reti per i carichi sollevabili con elicotteri), del tempo libero (reti per barche a vela), dell’arredo (reti per amache o per delimitare ambienti)».

Una scelta, quella di Turla e del suo socio Elio Agnesi (ora coadiuvati in azienda dalla seconda generazione), che per certi versi è andata controcorrente: «Abbiamo voluto mantenere la produzione sull’isola, il che comporta qualche difficoltà logistica, per mantenere la tradizione locale e coinvolgere i residenti: tutti i nostri dipendenti raggiungono l’azienda in un massimo di dieci minuti, e questa è qualità della vita». Per secoli produrre reti da pesca ha significato un lavoro paziente di ago e modano per annodare chilometri di rete grazie all’abilità manuale di donne e bambini: «Poi sono arrivati i telai ma l’esperienza manuale conta ancora. Oggi l’attività delle donne che fanno le reti è più di tipo sartoriale: la macchina produce la rete ma è la donna che poi la taglia, le fa il bordo, la cuce, la rinforza. L’idea di come maneggiare la rete nasce da una esigenza storica: non sprecare materia prima e avere un prodotto affidabile».

La Rete s’è dotata di una chiatta per trasportare i camion che fanno arrivare le materie prime a Montisola e ripartono con i prodotti finiti: «Il polietilene lo prendiamo in Italia, il poliestere e il nylon in Grecia e in India. Abbiamo avuto problemi di prezzo quando c’è stata carenza di materie prime, ma non abbiamo sofferto più di tanto. Il 70 per cento della nostra produzione va in Italia, il resto in Europa e nei Paesi arabi. Abbiamo un paio di concorrenti in Italia, ma non ci pestiamo i piedi (loro fanno soprattutto reti per raccogliere le olive, che noi non produciamo). I veri concorrenti sono in Cina, India e Corea, ma la nostra qualità è superiore».

Le ultime frontiere sono le reti su misura per l’arredo, per mettere in sicurezza soppalchi, camere, scale o zone relax, e le reti anticaduta per i cantieri edili: «Abbiamo investito 200mila euro per dotarci di macchinari che fanno test di resistenza per certificare le reti. Una palla pesante un quintale che cade da 7 metri di altezza su una rete che non si deve rompere, o la stessa palla spinta contro una rete attraverso un telaio per misurare fin dove la rete resiste. Al di là delle certificazioni, pure necessarie, puntiamo sulla flessibilità: in 48/72 ore siamo in grado di consegnare a un cantiere la rete richiesta, al bisogno: in sostanza facciamo noi magazzino per i clienti. Il mercato dell’edilizia è molto versatile: devi dargli subito il materiale che ti richiede».

La prossima sfida è quella contro il granchio blu, che sta proliferando in Adriatico: «Stiamo sperimentando una rete con anima metallica, non mangiabile, per proteggere le vasche con gli allevamenti di cozze».

Da Montisola agli stadi mondiali E adesso c’è anche il museo

Le reti prodotte da La Rete sono sotto i nostri occhi tutti i giorni: quelle da calcio sono nel 90 per cento degli stadi di Serie A e B, in particolare a Milano, Torino, Roma, Napoli, Firenze, Bologna tanto per citarne i principali. Stesso discorso per parecchi altri stadi in Europa. L’azienda ha fornito le reti per i Mondiali di Italia 90 e quelli in Giappone e Corea. La produzione si attesta su 20mila pezzi l’anno di reti per calcio, calcetto, volley, tennis, padel, beach volley, basket; 19.700 reti per recinzione e protezione campi sportivi per un totale di 355mila metri quadrati;  380mila metri quadrati di reti anticaduta uomo per l’edilizia, certificate secondo la norma UNI EN 1263; 160mila metri quadrati di reti di protezione per piste da sci.

Accanto alla fabbrica è stato aperto un piccolo Museo della rete, dove fanno tappa le scolaresche in visita (4mila ragazzi all’anno). Tra l’altro accoglie la regagna, una rete da pesca del 1930 lunga 150 metri e profonda 60, che asciutta pesa da sola 2 quintali.