Nel Mondo delle Pmi

II secolo schivo e di successo degli espositori made in Lezzeno

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di Paolo Cova

Quando hanno festeggiato i cent’anni dell’azienda, lo scorso febbraio, hanno organizzato una grande festa alla bocciofila del paese cui hanno partecipato praticamente tutti gli abitanti. Perché la Valsecchi, azienda specializzata nella progettazione e produzione di espositori pubblicitari da banco e da terra, pur rimanendo una piccola impresa, rappresenta una grande presenza sul territorio. Tanto da arrivare fino negli Stati Uniti. Stiamo parlando di Lezzeno (Lescen, in puro dialetto laghee), 2mila anime sparse in 17 frazioni sulla sponda orientale del ramo di Como del Lario, quello meno glamour, quasi schivo.

Come schivo è Mauro Dal Pozzo, amministratore delegato dell’azienda, nipote del fondatore Filippo Valsecchi, suo nonno materno. Un imprenditore che non si fa problemi ad aprire l’officina al mattino presto, andare nel forno a verniciare, poi salire in ufficio per controllare le pratiche, contattare clienti e fornitori, studiare nuovi prodotti e alla sera fare il giro a spegnere le luci e a chiudere i portoni.

Tutto iniziò appunto cent’anni fa: la Valsecchi fu tra le prime aziende a produrre le gabbiette in fil di ferro per i tappi dello spumante, in piena tradizione metalmeccanica della zona. Fu poi il padre di Dal Pozzo, Sebastiano, aiutato dalla moglie Martina, a convertire l’azienda nella produzione di espositori, sfruttando l’onda del boom economico degli anni Sessanta, la spinta al consumo che esigeva che i prodotti fossero messi in bella vista. In azienda iniziarono poi a collaborare i tre figli Fabrizio, Pierfilippo e, appunto, Mauro. Fino a finire al Moma di New York, il tempio del design:

Erano gli anni Ottanta – racconta Dal Pozzo – un nostro espositore per caramelle fu selezionato e poi esposto. Una grande soddisfazione per una piccola azienda come la nostra.

Un’azienda davvero familiare, non solo perché gestita da una famiglia ma perché è un tutt’uno col suo territorio, non solo per le modalità di assunzione (si veda il box): «quando aprirono in paese la filiale della Banca di Credito Cooperativo di Lezzeno, di cui Filippo fu tra i soci fondatori, che tra l’altro è stata fondamentale per farci arrivare ai cent’anni, i giovani preferivano venire a lavorare da noi piuttosto che dietro uno sportello bancario. Ai bei tempi avevamo anche trenta dipendenti, ora siamo molti di meno ma coinvolgiamo nella lavorazione una quindicina di piccoli artigiani in paese». Insomma, un vero e proprio piccolo distretto del fil di ferro.

Tra i clienti di Valsecchi troviamo anche grandi nomi. Tra gli altri Perugina, Q8, Gillette, Giochi Preziosi, Walt Disney, Lego Kraft, Coca Cola, Mondadori. «Il fatturato 2022 è stato intorno ai 2,5 milioni di euro, lavoriamo all’80% per l’Italia, il resto soprattutto con la Francia (Valsecchi è stata la prima a creare gli espositori metallici per le lacche de L’Oreal, ndr)». Carenza di materie prime e rincari energetici hanno colpito molte Pmi. E la Valsecchi? «Per il ferro non abbiamo avuto problemi particolari. Ci approvvigioniamo presso fornitori locali e in genere abbiamo scorte. Piuttosto, abbiamo avuto difficoltà con gli imballi. Quanto all’energia, abbiamo passato dei mesi con grandi timori. Ora il peggio sembra passato ma restiamo attenti. Anche il mercato sembra dare segni di ripresa».

Ma qual è dunque il segreto di Valsecchi? Il legame col territorio, certo. La cura e l’amore per il lavoro fatto bene, una caratteristica delle Pmi. Dal Pozzo ama disegnare a mano i rendering dei progetti («me li chiedono i clienti stessi») e i prototipi sono poi realizzati a mano, fino all’ok del cliente. E poi la capacità di lavorare sia piccole quantità di pezzi sia migliaia e di adattarsi alle esigenze del cliente. Il tutto con una sensibilità ambientale molto concreta, come si addice ai lariani: la plastica non fa parte delle lavorazioni, a suo tempo l’azienda si era dotata di un proprio depuratore per trattare gli scarichi nel rispetto dell’ambiente.

Quando i colloqui si facevano…a pesca

Altro che cacciatori di teste, indagini e test psicologici, indagini su Linkedin, selezioni scientifiche del personale. Alla Valsecchi la scelta dei collaboratori era (ed è) fatta in base alla conoscenza personale, a quel “idem sentire” che si instaura tra due persone guardandosi negli occhi, senza bisogno di tante parole. Come narra un aneddoto riportato in un libretto fuori commercio fatto stampare in edizione limitata in occasione del centenario dell’azienda da Fabrizio Dal Pozzo e che l’azienda ha voluto rimanesse a diffusione limitata (abitanti di Lezzeno, in sostanza, giusto per rimarcare il legame col paese) tanto da eliminarne i file una volta stampato.

Racconta il libro: «Difficilmente si può discettare sul perché o il per come si veniva assunti, ma è certo che uno dei casi più rocamboleschi è quello di un giovane che “l’era staa inzubii” (traduzione: era stato proposto per essere assunto come dipendente) da un amico a uno dei fratelli Dal Pozzo. Questi per conoscere la persona propose all’amico una serata in riva al lago a pescare. Durante la pesca nel lanciare la lenza l’improvvido ragazzo inciampò nel gabbione di protezione su cui erano tutti posizionati finendo con la testa e la canna sott’acqua. L’amico si stava adoperando per aiutarlo quando il Dal Pozzo gli disse: “Aspetta, contiamo venti  secondi, se sopravvive lo propongo in Valsecchi”. Alcune settimane più tardi il simpatico ragazzotto era al lavoro in azienda…».