Sostenibilità

Al bando la scienza: la colpa dei disastri è sempre dei cittadini

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di Francesco Bertolini

L’11 agosto 2020, la sezione Scienze di Repubblica riportava i risultati di uno studio di Nature sui fenomeni estremi dal 1500 al 2016.

Un lavoro enorme, coordinato dall’Università di Vienna e a cui ha collaborato anche il Politecnico di Torino. Il 2020 era l’anno dell’inizio pandemia, quindi c’era già una emergenza e si poteva evitare di alimentarne un’altra, visto che lo studio evidenziava come il momento peggiore per gli eventi alluvionali in Europa fosse stato il secolo XVI, con piogge torrenziali durate per periodi lunghissimi.

La ricerca evidenziava come tali fenomeni fossero connessi a mutamenti nelle precipitazioni e nell’evaporazione e nello scioglimento dei ghiacciai.

Oggi, 2023, se qualcuno provasse a esternare i risultati dello studio pubblicato su Nature verrebbe immediatamente tacciato di essere un “climate denyer”, uno da cui stare lontano, un appestato nemico della scienza.

Probabilmente anche nel secolo sedicesimo gli eventi alluvionali disastrosi erano legati a carretti dei maniscalchi euro 4 o euro 5 che, criminalmente, arrivavano nel centro di Milano per ferrare i cavalli dei nobili residenti nel centro città.

E assieme alle piogge causavano inquinamento e come responsabili dovevano pagare dazio ai signorotti di turno.

Oggi, che l’ideologia guida tutte le scelte, guardare i dati non è consentito. Un documento della Commissione europea ha evidenziato durante i lockdown, quando circolavano ambulanze e poco altro, una riduzione del 30% del biossido di azoto, un aumento della concentrazione dell’ozono ed effetti marginali sulle polveri sottili, dimostrando che la chimica dell’atmosfera è molto più complessa di quanto spesso si racconti. Confondere inquinamento con aumento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera è uno dei grandi inganni, spesso dovuti all’ignoranza ma a volte voluti da coloro che guidano la cattedrale ecologica, esattamente come si è fatto con la cattedrale sanitaria in ambito pandemico.

L’area B a Milano ad esempio non ha nessun senso da un punto di vista ambientale, visto che il bacino padano non può essere influenzato da provvedimenti singoli limitati a un’area cosi limitata; le alternative sono quindi bloccare tutto, con conseguenze sull’economia che porterebbero a minori risorse pubbliche e private e quindi a una riduzione di accesso alle prestazioni sanitarie, o avere un approccio sostenibile, visto che questo concetto oggi inflazionato e usato a sproposito in ogni contesto era nato come un mix di obiettivi ambientali economici e sociali. Ma oggi c’è un solo nemico, la CO2. Quindi, tutti con l’auto elettrica.

Ogni dubbio sull’elettrico è vietato, nonostante le nubi all’orizzonte, non solo di tipo tecnologico ma anche legate alla sicurezza; se facesse scuola la scelta di una compagnia di navigazione norvegese, che ha vietato il trasporto di auto elettriche considerando troppo pericoloso un loro eventuale incendio, si aprirebbero scenari inquietanti, non solo per la navigazione ma anche per l’immobiliare, che seguirebbe vietando il parcheggio sotterraneo, con esplosione delle polizze assicurative. Sono nubi, o forse raggi di sole per chi vede nell’elettrico, così come nella finanza green, un’enorme opportunità per far ripartire la macchina economica, poco importa se sostenibile o meno.

Come sempre gli incentivi per le nuove tecnologie son temporanei e limitati, tant’è che in Norvegia e Svezia sono già stati eliminati. Sulla stessa linea si sta muovendo anche il governo tedesco, che ha soppresso ogni incentivo per le auto ibride e in prospettiva intende eliminare anche quelli per le auto full electric.

Se si prende per modello l’approccio europeo, che vuole divenire un’oasi ecologica di vecchi che si muovono in auto a emissioni zero, si sarebbe potuto decidere l’obiettivo di riduzione verso cui tendere, lasciando all’industria la scelta su quale tecnologia utilizzare, invece di distruggere filiere industriali storiche con conseguente perdita di lavoro e di ricchezza per molti Paesi, in primis per l’Italia. Ma forse il modello europeo vede nell’elettrico solo un passaggio verso una libertà di movimento limitata, dove i più ricchi potranno muoversi tranquillamente e la maggioranza dovrà viaggiare con i mezzi pubblici, sostenibili e che toglierebbero così il senso di colpa ai cittadini, imputati oggi, ma domani ancor di più, di essere responsabili della siccità, delle alluvioni e di qualunque evento atmosferico generi danni a cose o a persone. Con buona pace di Nature e della scienza.