Sostenibilità

Prodotto ecologico? Lo devi dimostrare subito. Stretta della Ue (che salva le Pmi)

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Di Giorgio Marcata

Il tuo prodotto è “biodegradabile”, “meno inquinante”, “a risparmio idrico” o “a base di materie prime biologiche”? Bene, anzi benissimo: ma prima di metterlo in vendita lo devi dimostrare. Con i fatti. L’Unione Europea ha da tempo fatto della lotta al greenwashing una delle sue bandiere, per proteggere i consumatori dalle dichiarazioni ingannevoli su ecologia e sostenibilità. E ora alza il tiro: il Parlamento di Strasburgo ha inasprito le norme in materia stabilendo che le imprese dovranno presentare prove concrete a sostegno delle loro etichette green e prima di commercializzare i propri prodotti presentati a vario titolo come amici e difensori dell’ambiente.

Per ora si tratta dell’adozione della posizione negoziale sull’istituzione di un sistema di verifica e pre-approvazione per le dichiarazioni ambientali, per contrastare il sempre più diffuso ricorso ad annunci gonfiati. A finalizzare il negoziato con gli Stati membri sarà il prossimo Parlamento, visto che le elezioni europee dell’8 e 9 giugno sono alle porte; ma almeno la plenaria ha messo un punto fermo sulla “direttiva green claims”, che cambierà il modo in cui le aziende potranno pubblicizzare i loro prodotti.

La metà degli annunci non è vera

Verba volant, dicevano i padri. Viridis verva volant, si potrebbe dire oggi. L’ambientalismo di facciata dilaga.

«Gli studi dimostrano che oltre il 50% delle dichiarazioni ambientali sono vaghe, fuorvianti o infondate»

ha detto relatore della commissione per il Mercato interno, Andrus Ansip,

«Non possiamo parlare di consumatori soddisfatti se ogni altra affermazione verde è falsa. Non possiamo parlare di parità di condizioni per i nostri imprenditori se alcuni attori di mercato stanno barando. Credo che la direttiva adottata sia equilibrata: porterà chiarezza ai nostri consumatori ed è meno onerosa per i professionisti rispetto alla valutazione caso per caso»

Il Parlamento vuole che le dichiarazioni e le relative prove siano valutate entro 30 giorni, ma le dichiarazioni e i prodotti più semplici potrebbero beneficiare di una corsia più rapida o più semplice. Previsto un occhio di riguardo per le imprese più piccole, meno attrezzate per le nuove norme: le microimprese non saranno interessate, mentre le Pmi beneficeranno di un anno in più per conformarsi rispetto alle imprese più grandi. Previste sanzioni severe: chi infrangerà le regole rischia l’esclusione temporanea dalle gare d’appalto pubbliche, la perdita dei propri ricavi e un’ammenda pari almeno al 4% del fatturato annuo.

Certezze e dubbi

Qualcuno ha fatto notare che c’è una mezza scappatoia e qualche compromesso, nel testo. Saranno ad esempio vietate le dichiarazioni ecologiche basate esclusivamente su sistemi di compensazione del carbonio; sarà possibile farvi ricorso solo come ultima spiaggia, dopo che le aziende hanno già fatto il massimo per ridurre le proprie emissioni. Però non c’è chiarezza su come questo possa essere dimostrato. I crediti di carbonio dovranno essere certificati, ma è nota la strutturale inaffidabilità dei sistemi di certificazione dei carbon offsets. Inoltre, il Parlamento ha proposto che le dichiarazioni verdi sui prodotti contenenti sostanze pericolose siano al momento permesse, e sarà la Commissione a valutare se debbano essere vietate del tutto. Il relatore della commissione per l’ambiente, Cyrus Engerer è drastico:

«È giunto il momento di porre fine al greenwashing. Faremo in modo che le aziende dispongano degli strumenti giusti per adottare pratiche di sostenibilità autentiche. I consumatori europei vogliono fare scelte sostenibili»

L’ulteriore stretta

La nuova direttiva è stata adottata in prima lettura a larghissima maggioranza – con 467 voti favorevoli, 65 contrari e 74 astensioni – e integra la direttiva europea contro il greenwashing varata a metà gennaio, questa in via definitiva: una norma finalizzata a migliorare l’etichettatura dei prodotti vietando l’uso di affermazioni generiche come “ecologico”, “naturale”, “biodegradabile”, “climaticamente neutro” o “eco” se non accompagnate da precise indicazioni a sostegno. In futuro nell’Ue saranno quindi consentite solo etichette di sostenibilità basate su sistemi di certificazione ufficiali o stabiliti da autorità pubbliche.

Non è la sola novità. Spiccano anche le regole per arginare l’obsolescenza programmata dei beni, vale a dire la politica commerciale che limita il ciclo di vita di prodotti e macchinari (con una progettazione che ne rende troppo costosa, se non impossibile, la riparazione oppure con l’immissione sul mercato di versioni più evolute). Viene infatti promossa una maggiore attenzione da parte di produttori e consumatori circa la durata del prodotto stesso: le informazioni sulla garanzia, perciò, dovranno essere visibili e verrà creato un nuovo marchio armonizzato per dare maggiore risalto ai prodotti con un periodo di garanzia più esteso.