Sostenibilità

La carica delle Cer: l’energia fai-da-te per le piccole imprese

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Nuovo impulso in Italia alle Comunità energetiche rinnovabili (Cer) associazioni di cittadini, PA o Pmi che si uniscono per produrre, scambiare e consumare energia pulita a livello locale. La Commissione europea ha approvato il decreto del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, firmato e trasmesso alla Corte dei Conti il 6 dicembre, sulle misure di incentivazione alla diffusione dell’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. Decreto che prevede incentivi per 5,7 miliardi di euro, dei quali 2,2 finanziati con il Pnrr; vale a dire, un contributo a fondo perduto nei Comuni con meno di 5 mila abitanti e una tariffa incentivante sull’energia rinnovabile prodotta e condivisa.

«L’obiettivo della costituzione delle Cer è avvicinarsi sempre più a un autoconsumo a livello locale per promuovere la transizione energetica e l’efficienza energetica in imprese e famiglie ‒ spiega Davide Tinazzi, amministratore delegato di Energy Spa, primaria società padovana nei sistemi di accumulo per l’energia da fonte rinnovabile ‒. Al contempo, le Cer potranno combattere la povertà energetica garantendo tariffe di fornitura più basse».

Dopo il via libera della Commissione europea al decreto italiano, si è registrato in effetti un grande fermento, con molti progetti e operatori del settore pronti a rimettersi in moto velocemente. L’autoconsumo sarà sempre più necessario in futuro per aumentare l’efficienza energetica di imprese e famiglie anche alla luce dei continui sbalzi dei costi dell’energia. I numeri del Gse riportano che al 30 giugno scorso, in Italia erano presenti 109 configurazioni in autoconsumo collettivo, di cui 35 Cer. Per ogni Comunità energetica rinnovabile servono almeno 2 prosumer (figura che racchiude sia il consumatore sia il produttore) e 1 consumer, che grazie a impianti rinnovabili, producono e condividono l’energia di cui hanno bisogno. L’energia deve viaggiare su una rete elettrica intelligente, smart grid, in grado, tramite sensori, IoT e intelligenza artificiale, di acquisire nuove funzionalità come determinare in anticipo le richieste di consumo per adattare con estrema flessibilità la produzione utilizzo di energia elettrica; i sistemi di accumulo o le batterie rivestiranno poi un ruolo cruciale per far decollare le Comunità energetiche, giacché sono lo strumento per stoccare l’energia in eccesso garantendone la migliore integrazione. Proprio nei sistemi di accumulo è specializzata Energy Spa, che già nel 2019 aveva iniziato una sperimentazione interessante a Berchidda, in Sardegna, con l’Università di Cagliari, dei sistemi energetici locali innovativi coordinati all’interno di una Cer, i cui risultati hanno evidenziato come i sistemi di accumulo di energia compensano le fluttuazioni di potenza causate dalla variabilità della produzione di energie rinnovabili e recuperano, accumulandola, l’energia che non può essere utilizzata istantaneamente. In questo modo si massimizza l’autoconsumo e si riduce al minimo l’energia acquistata dalla rete elettrica tradizionale.

I vantaggi delle Cer sono molteplici, anche per le Pmi.

«Si pensi, ad esempio, al risparmio in bolletta attraverso l’autoconsumo effettivo o ai benefici derivanti dalla distribuzione degli incentivi per le Cer tra i membri della comunità – riprende l’ad di Energy ‒. In più attraverso le Cer si contribuisce alla produzione di energia da fonti rinnovabili con minori costi dell’energia per le imprese e si aprono nuove opportunità economiche per i territori coinvolti. Per le Pmi, questa misura servirà a facilitare l’autoconsumo e porterà ad aumentare l’efficienza energetica delle imprese. Inoltre, sostenere l’uso di energia rinnovabile e la spinta alla transizione green è un approccio che, visti i continui sbalzi del costo dell’energia e delle fonti fossili, sarà sempre più necessario in futuro in ottica di sostenibilità economica oltre che ambientale».

Ma all’estero sono più avanti dell’Italia? Sicuramente la Commissione europea punta con decisione sullo sviluppo delle Comunità energetiche, sostenendo che saranno uno degli elementi chiave per realizzare la transizione energetica dell’Ue. È la direttiva europea RED 2 il riferimento sullo scambio di energia tra pari. Diversi Paesi europei l’hanno recepita interpretandola a proprio modo. In Svizzera e Svezia, ad esempio, i flussi di energia vengono regolati in modo da creare sotto reti intelligenti, come nel caso sperimentale di Berchidda. Nel caso delle Cer Italiane si tratta di una modalità un po’ più contabile e meno tecnologica, ma è quantomeno un bell’inizio» conclude Tinazzi.

Le potenzialità delle Cer sono comunque enormi in Italia e in Europa in generale. Secondo l’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) entro il 2050 saranno 264 milioni i cittadini Ue che si uniranno al mercato energetico come prosumer. E grazie al decreto del Mase potrebbero nascere nel Belpaese fino a 20mila Cer grazie ai fondi del Pnrr e delle tariffe incentivanti. 

Il ritardo normativo ha giocato un ruolo predominante sul varo delle Cer, andando a ridurre la capacità progettuale e realizzativa di centinaia di iniziative. Con la delibera 727/2022/R/eel è stato completato il quadro regolatorio relativo alla valorizzazione dell’autoconsumo, ma la normativa sulle Comunità Energetiche risulta ancora incompleta. Le iniziative finora sono state principalmente promosse da Comuni e finanziate tramite fondi nazionali ed europei. La taglia degli impianti è eterogenea. Fatta eccezione per la Sicilia, la maggior parte delle iniziative, realizzate o in cantiere, riguarda il Nord Italia.