Sostenibilità

La centrale hi-tech invisibile che disseta Como

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di Paolo Cova

C’è una città, in Italia, che non soffrirà mai la sete. Anzi, sarà presto in grado di dissetare anche parte di una provincia confinante. Non poco, in un periodo di siccità crescente. Stiamo parlando di Como che, grazie all’impianto di potabilizzazione posto sotto il monte Baradello, che sovrasta l’abitato, vanta un impianto unico in Italia per sicurezza e tipologia.

«Sotto la montagna esisteva già una caverna, il rifugio antiaereo dell’ospedale Sant’Anna costruito al tempo della seconda guerra mondiale – spiega Pierpaolo Torelli, amministratore delegato di Lereti, società partecipata dalla multiutility Acinque di Monza, Como, Lecco, Varese e Sondrio (gruppo A2A), che gestisce l’acquedotto per la città di Como e per il Comune di Brunate – Tra il 1999 e il 2001 l’abbiamo ampliata (una società di Oslo ha scavato 35mila metri cubi di rocce; gli impianti e le strutture edili sono invece italiani) e realizzato la centrale di potabilizzazione che pesca 400 litri al secondo di acqua (con punte fino a 600) dal fondo del lago di Como, a 40 metri di profondità». Un’acqua esente da inquinamenti superficiali, che entra in un impianto a impatto zero (dall’esterno non si vede nulla), i cui ambienti sono tenuti in leggera sovrapressione per evitare che dall’esterno entrino polveri o altri contaminanti. Un investimento all’epoca da 35 miliardi di lire.

L’acqua viene sottoposta a diversi trattamenti (ozono, filtri di sabbia, poi ancora ozono, infine filtri a carboni, soda caustica e biossido di cloro) prima di entrare nei 300 chilometri della rete dell’acquedotto. In parallelo, parte dalla caverna anche il cosiddetto acquedotto industriale: acqua pescata dal lago e distribuita a una ventina di utenze industriali ognuna delle quali tratta da sé l’acqua a seconda degli usi che deve farne. Tutto l’impianto non richiede presenza umana (se non per i controlli di routine e la manutenzione) e dispone di un gruppo elettrogeno da 35megawatt di potenza in caso di blackout elettrico. Non solo: è dotato anche di un impianto che imbusta l’acqua per le emergenze:

Attualmente abbiamo 17mila buste da un litro ciascuna, pronte per la Protezione civile. Aggiungiamo a quest’acqua dei sali d’argento per far durare le buste anche 3-4 anni, anche se le rinnoviamo man mano a scadenze più ravvicinate.

Como dunque (83mila abitanti) non soffrirà mai la sete. Anzi, c’è il progetto di collegare il Baradello a una porzione della provincia di Varese, 34 Comuni che soffrono di carenza idrica:

Abbiamo progettato una condotta lunga 14 km fino a Malnate. Parte della rete locale dell’acquedotto è già interconnessa con noi, prevediamo di partire coi lavori tra un anno. Un progetto da 10-15 milioni di euro.

I 12 milioni di metri cubi di acqua distribuiti in città a Como, peraltro, vanno dispersi per una quota del 16%.

Una delle più basse in Italia, dove la media è del 50%.

Merito anche di un software israeliano adottato da Lereti: «Abbiamo diviso la rete dell’acquedotto in 38 piccoli distretti, come fosse un puzzle. Abbiamo applicato sulle tubature 150 sensori che registrano il rumore dell’acqua. Un algoritmo coglie le variazioni del rumore, calcola dove c’è la perdita, più facile da trovare grazie alla divisione in distretti, e la fa localizzare con un sistema Gis. Così possiamo intervenire coi tecnici sul territorio a colpo sicuro, senza cercare a vanvera. Il sistema ci consente di tenere l’acqua nella rete a una pressione leggermente più bassa del normale, e questo fa diminuire già di suo le perdite» conclude Torelli. Prosit, Como!