Sostenibilità

Agricooltur: la verdura sospesa cresce in città

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di Lorenza Resuli

Non è un caso che nella ricca dispensa dell’ultima edizione di MasterChef Italia, programma sensibile ai temi della sostenibilità, i concorrenti avessero a disposizione per aromatizzare i loro manicaretti anche le piantine di Agricooltur, start up torinese leader nella coltivazione aeroponica. Con questa tecnica innovativa, infatti, gli ortaggi non crescono in un normale terreno, ma “sospesi” in un ambiente chiuso e protetto: la pochissima acqua di cui hanno bisogno viene nebulizzata insieme alle sostanze nutritive direttamente sulle radici, che spuntano in bella vista dai vasetti. Risultato: risparmio idrico del 98%, zero pesticidi, zero inquinamento delle falde e zero consumo di suolo, a fronte di risultati eccezionali in termini di velocità di crescita, quantità prodotta, ma soprattutto qualità organolettica e nutrizionale. Agricooltur, infatti, ha brevettato un sistema che consente di mantenere la pianta viva (cioè con le sue radici intatte) fino a pochi istanti prima di finire nel piatto.

L’approdo della start up al talent show culinario è solo l’ultimo step di un lungo percorso che affonda le radici nel 2018. Quando Bartolomeo Marco Divià, Stefano Ferrero e Alessandro Boniforte decidono di gettare i semi di Agricooltur e di lanciarsi nel campo ancora relativamente vergine della coltivazione aeroponica, con un obiettivo ambizioso: creare nuovi modelli di consumo, producendo cibo più sano e salvaguardando al tempo stesso le preziose risorse naturali.

L’inizio è stato difficile, siamo partiti da soli, affrontando investimenti impegnativi – racconta Bartolomeo Marco Divià, amministratore delegato. – L’idea di base, puntare sull’agricoltura aeroponica, era buona, ma dov’era la novità? Volevamo qualcosa di più.

Nasce da qui la “seconda” idea, quella che permette ad Agricooltur di fare un balzo in avanti e che si materializza nel primo brevetto: una tecnologia in grado di portare nelle case dei consumatori prodotti ancora vivi, freschi al 100%. «Abbiamo introdotto quelli a radice, che in Italia quasi non esistevano. Ed è stato possibile grazie a una tecnologia evoluta ma alla portata anche di chi non è esperto nel settore agricolo, e che vuole condividere la nostra impresa, assistito da remoto dai nostri agronomi. Questo ha permesso di creare nuova occupazione e un network capillare di coltivazioni urbane», spiega Divià. Oltre a produrre cibo più fresco in modo più etico e responsabile, infatti, Agricooltur si prefigge un obiettivo più ambizioso: diffondere questo sistema di coltivazione in tutto il tessuto cittadino.

Per raggiungerlo, due anni e mezzo fa abbiamo fondato Urbancooltur, società agricola che rappresenta uno dei primi esempi di franchising agritech in Italia, ottima alternativa alle tradizionali vertical farm.

A chi vuole sviluppare quest’attività, Urbancooltur fornisce tutto quello che serve per avviarla e portarla avanti con successo: finanziamenti ad hoc, tecnologia, servizi, prodotti per far crescere le piante in modo ottimale, assistenza tecnica da remoto, ma anche format di vendita mirati a seconda della destinazione (Gdo, Horeca, aziende…) nonché tutta la parte di marketing e comunicazione.

Ai nostri franchisee proponiamo una formula semplice e redditizia, con tempi di rientro abbastanza rapidi, che permette un approccio innovativo e più etico al mondo dell’agricoltura – dice ancora l’imprenditore.

A distanza di quasi cinque anni, si può ben dire che la semina abbia dato frutti imprevedibili. Oggi le piantine di Agricooltur iniziano a vedersi un po’ dappertutto in grandi città come Torino, Milano, Genova, dove lo scorso anno sono nate due serre aeroponiche nella Radura della Memoria e al Porto Antico. «In città come Milano stiamo sviluppando un network di serre per raggiungere volumi produttivi importanti senza ricorrere alla coltivazione intensiva, ma semplicemente diffondendo le micro-produzioni su tutto il territorio urbano. Vorremmo coinvolgere nei nostri progetti le istituzioni comunali, tutta la cittadinanza», dice Divià. Nel settore Horeca, Agricooltur sta crescendo rapidamente.

Siamo già presenti in un centinaio di ristoranti di ogni tipo, anche stellati, come il Piano 35 di Torino o L’Alchimia di Milano.

E nelle scuole continuano i progetti formativi per bambini e ragazzi, finalizzati a far conoscere e sperimentare la coltivazione aeroponica, ma soprattutto a “seminare” i principi della sostenibilità ambientale e dell’educazione alimentare.

I tanti progetti in corso o appena nati hanno limitato il fatturato del 2022 a circa un milione di euro:

In previsione contiamo di arrivare a 6 milioni entro fine 2023.

E forse si andrà anche oltre, visto che sul fronte finanziario il nuovo anno si è aperto sotto i migliori auspici, con la raccolta di un investimento di 5 milioni di euro, che ha visto come lead investor Sinergia Venture Fund, fondo specializzato in start up e PMI innovative. A crescere sarà sicuramente anche il numero di dipendenti, secondo Divià destinato addirittura a raddoppiare, passando da 30 a 65 persone.

Nuovi brevetti in vista?

Oltre al sistema che ci consente di portare il prodotto vivo fino al consumatore e all’hortus, cioè il container riciclato che funge da serra e che ospita a bordo una tecnologia avanzata per recuperare l’acqua dall’umidità dell’aria, abbiamo appena brevettato una macchinario sofisticato che ci consentirà di nutrire le piante in modo diversificato, a seconda delle loro necessità.

Il progetto è nato in una stalla ed è decollato grazie alla Gdo

Agricooltur nasce in una stalla. Non metaforica. Una stalla vera, del ‘700, la parte più antica della cascina che Bartolomeo Marco Divià aveva acquistato qualche anno prima e che con romantico azzardo gli sembra la culla bucolica ideale per far germogliare la sua prima serra.

In realtà – ammette – ero preoccupatissimo, non sapevo come sarebbe andata a finire. Eppure anche in questo ambiente buio e ostile siamo riusciti a dare alla luce una vera coltivazione aeroponica.

Destinata al negozio torinese Auchan di corso Romania, la prima “commessa” dell’embrionale Agricooltur.

Mi trovavo lì per caso e ho sentito due dipendenti che si chiedevano quali novità avrebbero potuto inserire nel reparto ortofrutta. Mi sono intromesso proponendo loro una serra aeroponica. Ma non ero un esperto e quando il progetto è partito davvero, ho coinvolto gli amici Alessandro Boniforte e Stefano Ferrero, che di agronomia se ne intendevano molto più di me.

Il progetto capostipite, 70 metri quadri di serra nel punto vendita e una zona esterna dove raccogliere gli ortaggi, ha avuto successo. Il primo amore non si scorda mai, infatti la Gdo è presente nel fitto piano di sviluppo per il 2023. «È appena partita una collaborazione con Carrefour per creare aree produttive nei punti vendita della catena», conferma Divià. Tra le altre novità, i progetti che coinvolgono le aziende private e i centri urbani.

Le prime possono coltivare il loro orto aeroponico assicurando ai propri dipendenti ortaggi sempre freschi. Nelle città, dopo l’Hortus urbano di City Life a Milano ne abbiamo in programma molti altri per creare un network di serre e raggiungere una produzione urbana capillare sul territorio.