Economia della Conoscenza

Con la cultura si mangia. E molto!

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di Sara Sagrati

Cosa succederebbe se tutti quanti gli scrittori incrociassero penna e tastiera? Da oltre un mese lo sciopero indetto dalla WGA (Writers Guild of America) ha di fatto fermato tutta la filiera dell’audiovisivo americano: serie tv, cinema, programmi televisivi e radiofonici. Lo scorso 2 maggio sceneggiatori e autori statunitensi hanno indetto lo stop a oltranza, non solo fermando la scrittura, ma anche picchettando set a Los Angeles e New York per sostenere le proprie ragioni: adeguamento contrattuale equiparato all’enorme cambiamento di scenario apportato dalle piattaforme streaming e tutele per affrontare le sfide date dai nuovi ritmi di lavoro e dall’introduzione dell’intelligenza artificiale.

Come abbiamo avuto modo di raccontare su queste pagine più volte, l’aumento della produzione di serie tv causato dall’arrivo di Netflix & C. ha cambiato completamente l’industria. Lato spettatori ce ne accorgiamo per l’arrivo continuo di nuovi titoli sempre più brevi (per non parlare della qualità!), mentre i lavoratori del settore hanno subito stravolgimenti nelle metodologie di lavoro e nei compensi, specie i cosiddetti residuals (diritti di replica), ovvero la percentuale che gli sceneggiatori ricevono a ogni passaggio tv di un episodio scritto.

Nelle piattaforme non esistono né repliche né vendite estere e questo ha drasticamente diminuito le retribuzioni. Si chiede poi di non perpetuare l’abuso delle cosiddette mini room ovvero la creazione di un gruppo di lavoro ristretto, a volte anche di un solo scrittore, per sviluppare soggetti che resteranno di proprietà del committente senza che l’autore possa seguirne l’eventuale produzione.

Di fatto la WGA si oppone alla trasformazione del proprio lavoro in una gig economy, in un lavoro a chiamata, senza più beneficiare della proprietà intellettuale (pensiamo agli futuri scenari dell’introduzione massiva delle AI) e delle possibilità di avanzamento di carriera garantite dall’acquisizione di esperienza nelle writers rooms, le stanze dove nascono i copioni per cinema e telvisione.

Già nel 2007 la WGA indisse uno sciopero per richiedere un adeguamento contrattuale che durò per 14 settimane e due giorni, fermando i set di serie cult come Lost (la quarta stagione dura infatti 13 episodi rispetto ai 22 previsti), Scrubs e Breaking Bad e una perdita stimata per tutto il comparto audiovisivo di circa 2.1 miliardi di dollari (dati Milken Institute). Finì con un soddisfacente accordo con la AMPTP (Alliance of Motion Picture and Television Producers).

Oggi la WGA sembra ancora più agguerrita e gli oltre 11,5 mila scrittori aderenti sono sostenuti da registi e attori che si mostrano fieri sui social mentre partecipano ai picchetti. In sette settimane si sono già fermati i maggiori late show americani, compreso il Saturday Night Live, sono già stati annunciati slittamenti nelle future uscite Marvel e dei sequel di Avatar. Per le serie si sa già che sono rimandate le produzioni di Strangers Things 5, Yellowjackets 3 e Scissione 2, della nuova creatura di JJ Abrams Duster, della miniserie Netflix Zero Day con Robert De Niro, di Etoile di Amy Sherman Palladino e l’elenco si allunga quotidianamente.

Addirittura Paramount+ ha presentato un catalogo per la nuova stagione ricco di reality. Si prospettano “schermi bui” da settembre, mentre i freelance e le Pmi dell’economia della conoscenza rivendicano l’importanza centrale del proprio lavoro. D’altronde con la cultura si mangia, e molto, ed è giusto che si sazino anche coloro che mettono in moto il settore.