Economia della Conoscenza

Ritrovare lo stupore infantile per uscire da ogni “bolla”

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di Alessandro Paciello

Cristina Stifanic è conosciuta per la sua serie Diabolik Pop Ikon. L’artista digitale, popolando le sue opere con i personaggi dei fumetti “cattura” estetiche nuove creando un linguaggio visivo che ha la capacità di abitare universi differenti. Selezionata tra gli artisti di talento della New Pop Italiana, ha esposto presso musei, gallerie d’arte contemporanea, Banca Intesa Sanpaolo, fondazioni culturali e ambasciate dall’Europa fino ad arrivare in India. Da qualche mese è alla direzione artistica di Poetronicart, ecosistema di soluzioni digitali per diffondere e valorizzare l’Arte.

Cristina, sono trascorsi circa vent’anni da quando studiava l’Intelligenza Artificiale e le reti neurali presso la facoltà di Informatica di Milano. Qual è il suo punto di vista sulla AI e sulla realtà aumentata applicate all’Arte?

Grazie alla pratica dell’arte visiva ho imparato a mettermi “in ascolto”, a eliminare i rumori di sottofondo per catturare segnali provenienti da una realtà più grande. È come se la mia mente attingesse a un suo personale “large language model”, un modello di linguaggio composto da network di neuroni con molti miliardi di parametri che è alla base della AI. Nel mio “data set naturale” di artista le informazioni hanno una natura più complessa di quella generata dagli algoritmi, perché l’immaginazione, i sogni, il subconscio e le emozioni che sento sono reali, e sono state loro a ispirarmi. E così che si espande la creatività: dalla consapevolezza che il mio mondo interiore è senza limiti di spazio tempo. Albert Einstein diceva: «L’immaginazione è più importante della conoscenza. La conoscenza è limitata, l’immaginazione abbraccia il mondo, stimolando il progresso, facendo nascere l’evoluzione».

Non crede che stiamo cercando di sfuggire a un mondo che non ci piace, cercando di rifugiarci in una realtà virtuale che ci costruiamo appositamente?

Quello che noto, a livello di comunità, è che siamo intrappolati in una bolla che non permette di riconoscerci più come esseri umani. Non sarà certo chiuderci in un’altra bolla o crearne di nuove che ci farà uscire da questa situazione di stallo. Piuttosto, bisogna uscire da tutte le bolle come facevamo da piccoli quando era la passione irrefrenabile per qualcosa a farci perdere la cognizione dello spazio tempo, per lo stupore della scoperta.

Era il tempo in cui chiedevamo sempre perché?, oppure cosa succede se…?”. Esiste sempre una risposta definitiva alle nostre domande?

Dipende dalla prospettiva in cui ci poniamo e questa genera una percezione della realtà che potrebbe essere differente per ciascuno di noi. Per visualizzare meglio quello che sostengo, osservate quando la realtà si confonde con una componente fantastica come nel dipinto La riproduzione vietata, di , un grande sabotatore delle convinzioni (1937). Lo cito, perché per me rappresenta, sin dal suo titolo La reproduction interdite, l’impossibilità dell’arte sintetica di rivelare la fiamma creativa dell’artista. Sembrerebbe un’immagine apparentemente tranquilla, ma lo specchio non riflette, ripete solo l’immagine dell’uomo.

Il suo volto, così come la sua essenza, non compare. Immaginate ora di voler addestrare, attraverso la celebre immagine del “vaso di Rubin”, le reti neurali artificiali o sintetiche (termine che preferisco). Da una prospettiva è un vaso, da un’altra sono due profili umani che si guardano. Mi domando se l’AI sia in grado di comprendere le due percezioni della realtà: una figura delle due viene focalizzata, mentre l’altra assume la funzione di sfondo. Il processo di calcolo delle probabilità cosa le suggerirà di scegliere? Io non so se esista un’unica risposta. Ho bisogno di rifletterci su. Piuttosto, avete mai visto un algoritmo prendersi un momento di riflessione, sognare o avere allucinazioni? Penso che creatività, etica, libero arbitrio, emozioni appartengano alla coscienza; l’intelligenza sintetica e la sua immensa, ma non infinita, conoscenza appartengano alle macchine. La creatività è una facoltà tipicamente umana delle componenti neocorticali e si avvale delle possibilità e dei nuovi scenari messi a sua disposizione dalla tecnologia.

La mente umana non ha dei limiti evidenti di percezione…?

Ho compreso, dalla fisica quantistica, che l’Universo è olistico e creativo e che infatti, per rispondere alla sua domanda, non percepiamo il Tutto, ma solo una sua parte, solo quella complementare di un qualcosa che non vediamo. Ho fatto esperienze che mi evidenziano come realtà e verità siano un paradosso. Non dimentichiamo che le reti neurali sono addestrate anche da trainer umani e da noi stessi mentre interagiamo con loro e che, con le nostre differenti percezioni della realtà possiamo, inconsapevolmente, lasciar scivolare qualche traccia delle nostre abitudini, dei nostri bias cognitivi e pregiudizi. Siamo estremamente sensibili alla nostra cultura! Dal momento in cui ci svegliamo a quello in cui andiamo a dormire siamo immersi in un ambiente culturale, sociale e politico che influenza profondamente i nostri pensieri e tutto questo entra a far parte dell’addestramento degli algoritmi.

Come inizia il suo percorso artistico legato all’AI?

Ho iniziato a interagire con l’AI per generare testi e immagini. La sua sintassi, la velocità di sintesi sono senza dubbio potenti; tuttavia la capacità di creare arte sintetica e di comprendere la semantica è ancora molto lontana dal replicare o arricchire il mio processo creativo. Anche dal punto di vista estetico non soddisfa il mio gusto. Quando l’AI cerca di assecondarmi comprendo che non è quel tipo di collaborazione che desidero, perché mi propone stimoli banali, attingendo qua e là, senza permesso, negli “stili” degli altri. Non mi diverte scrivere comandi e non mi meraviglio alla vista di ciò che è stato creato dopo aver cliccato sul tasto “invio”. Ho un mio “data set” di molte centinaia di immagini, di cui possiedo la proprietà intellettuale.

Il “mio data base” digitale non è solo una raccolta di immagini che si alimenta, ma il risultato di un processo creativo che non può essere sostituito dalle AI i cui pigmenti non hanno la stessa poesia, lo stesso significato di quelli naturali. Il mio “stile” è il risultato di specifici incontri culturali che ho avuto. Ma poiché questi “dati” sono rari, l’AI trova difficile simularli. In altre parole, i nuovi modelli di media generativi di AI gestiscono bene gli elementi che si verificano frequentemente nei dati, ma non sanno come comportarsi con le cose rare e non comuni. L’AI è un “motore” che crea modelli di previsione, ma l’Arte senza artisti non vive!