L'editoriale

C’era una volta la pace

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Il nostro è un magazine economico politico, forse più a vocazione economica. Abbiamo sempre spiegato, in questo anno di vita, che tutto quello che riguarda l’economia riguarda la politica ma riguarda anche gli esteri e ormai la geopolitica. Credo sia chiaro all’opinione pubblica quanto forte sia il legame fra quello che è successo quando i carri armati di Putin, nel febbraio 2022, hanno invaso con violenza l’Ucraina e le crisi economiche successive.

La grande crisi energetica sembra passata, ma non lo è, anzi, torna di attualità, soprattutto riguardo anche al petrolio con tutto quello che sta succedendo ora in Medio Oriente.

Abbiamo titolato in modo non apocalittico (non vogliamo mai essere apocalittici né cavalcare le paure) «Sciame bellico», prendendo in prestito una frase fatta dalla geologia, anche improvvisata, quando ci sono scosse di terremoto gravi e poi una serie di scosse comunque pericolose, che fanno stare le persone all’aperto, fanno temere di tornare nelle proprie case a vivere una vita normale perché la terra è ancora in subbuglio. Ecco, questo sciame è diventato bellico perché la guerra in Ucraina non finisce, perché le grandi potenze non si mettono d’accordo per una trattativa di pace, neanche per sedersi a un tavolo, perché le affermazioni di Putin sono sempre più aggressive.

La cronaca la conoscete, ne parliamo anche noi nella nostra pagina di esteri. Quello che hanno fatto i miliziani di Hamas è stato terribile. Netanyahu, il leader israeliano colto di sorpresa, ha detto: «Con questa rappresaglia riscriveremo la geopolitica e la geografia del Medio Oriente».

Ci saranno conseguenze economiche, le accenniamo anche qui seppure in maniera per ora non approfondita. Vedremo nei prossimi giorni, nei prossimi mesi, quello che succederà; c’è di nuovo il rischio di una crisi, di un caro energia nella già complicata congiuntura economica. Ma quello che colpisce davvero è: dove è finita la pace? C’era una volta la pace…

In questi giorni, mentre c’è stato questo attacco violento di Hamas in Israele, io ero a New York e sono stato in visita al palazzo dell’Onu. Non c’ero mai stato, anche se ovviamente giornalisticamente lo conoscevo come tutti i miei colleghi. Ho fatto questa visita con un giornalista che vive e lavora lì da tanti anni e che mi ha portato in un punto poco conosciuto: una parete in cui c’è uno strano cronometro in cui si vede una cifra, appesa al muro, che scatta.

È quanto si spende in miliardi di dollari ogni 8 ore nel mondo in armi: oltre 5 miliardi. Una cifra che fa veramente impressione. Quel numero sta lì, appeso a una parete, in un posto in cui il mondo dovrebbe dialogare con i vari paesi e trovare sempre delle soluzioni pacifiche: il Palazzo delle Nazioni Unite.

Ebbene, c’è quel numerino che scatta ogni 8 ore. Quanto si spende in armi nel mondo? Una cifra che, al di là di ogni ideologia pacifista, di ogni piazza urlante, di ogni slogan spesso fine a sé stesso, se venisse in parte usata non solo per coprire le nostre disuguaglianze, anche nel nostro Occidente, ma per aiutare davvero i paesi più poveri e con maggiori problemi, probabilmente ci sarebbe non solo un mondo migliore, ma anche un mondo con meno conflitti e meno guerre. Quella cifra rimane lì, su quel muro, a dirci che il nostro compito è cercare di evitare questo sciame bellico che rischia di invadere il mondo e di portarci sull’orlo di una terza guerra mondiale.