Finanza e Risparmio

Allarme sui crediti: perché nonostante gli utili record Patuelli avverte le banche

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Di Serena Cammeo

«I rischi, anche internazionali, sono nuovamente cresciuti: vi sono nuovi sintomi di deterioramento del credito che necessitano di ulteriori prudenziali accantonamenti, per il rafforzamento anche prospettico della solidità patrimoniale delle banche, premessa di economia solida»

È il monito, l’ennesimo, che il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha lanciato da Brescia in occasione di una Lectio Magistralis sul tema “Etica, economia e prospettive bancarie in Italia” nella locale dell’Università Cattolica. «Le banche non hanno rendite di posizione e vengono da anni difficilissimi cui hanno fatto e fanno fronte con grandi aumenti di capitale, accantonamenti e ristrutturazioni» ha aggiunto Patuelli.

Fa strano che un simile appello arrivi dopo un 2023 a dir poco d’oro per i conti delle banche (non solo italiane), che hanno portato a casa il miglior risultato degli ultimi dieci anni: l’utile contabile – secondo un report della Uilca – è cresciuto complessivamente del 72,5% a 23,9 miliardi di euro.

Gli annunci ripetuti

Però è vero che da mesi Patuelli professa prudenza. Lo scorso gennaio un invito simile era arrivato dal governatore della Banca d’Italia, ospite proprio dell’esecutivo Abi: «Le cose vanno benone» aveva detto Fabio Panetta, avvertendo che però è proprio nelle fasi positive che si accumulano i rischi:

«Qualche segno sulla qualità del credito si vede già: alcune componenti, sia tra le imprese che le famiglie. I primi segnali di anticipo delle tensioni prima finanziarie e poi più ampie, che diventano difficoltà a rimborsare. Parliamo di piccole cose, però la velocità di questa progressione è indicativa»

Anche perché, aveva aggiunto il Governatore:

«Quello che conta per l’emersione dei crediti deteriorati non è tanto la violenza della caduta: ciò che fa male, come abbiamo visto nel caso della crisi del debito sovrano, è la persistenza di un economia che non cresce, la durata delle tensioni economiche e finanziarie»

Ora è vero che il sistema bancario italiano ha chiuso bilanci record, grazie alla crescita del margine d’interesse, alla riduzione delle rettifiche sui crediti e alla maggiore produttività. Ma tra cedole e buyback si prevede che finiscano nelle tasche dei soci più di 19 miliardi, cifra che sfonderà i 20 miliardi alla luce degli acconti sui dividendi che verranno staccati da alcuni istituti. Gli elevati utili, oltre a remunerare gli azionisti, hanno permesso di finanziare un importante (e oneroso) rinnovo contrattuale con i dipendenti. Oltre a contribuire al cospicuo rafforzamento patrimoniale, peraltro utilizzato come mezzo per non pagare al governo la tassa sugli extra-profitti.

Ma quel rafforzamento potrebbe non bastare, continua a dire Patuelli. Solo per dover istituzionale? A ben vedere, i motivi di preoccupazione non mancano: calo del 2,5% della produzione industriale 2023, difficoltà da parte delle Pmi a rispettare i tempi di pagamento, aumento dei nuovi crediti deteriorati fino a fine 2024. È l’effetto del continuo rialzo dei tassi d’interesse operato dalla Banca centrale europea. «Piccole aziende e famiglie – ha spiegato Patuelli – non pensavano che i tassi potessero salire così in fretta. Il problema più grande però è che vedremo gli effetti di questa crisi tra 12-18 mesi». In più, il caro tassi sta creando perdite anche nel portafoglio obbligazionario delle banche italiane:

«L’Europa e l’Italia si sono abituate ai tassi zero che erano in vigore da un decennio. Ora che salgono ci sono sorprese, in particolare le minusvalenze sui portafogli titoli e quindi indebolimenti di carattere patrimoniale delle banche»

Anche la Banca centrale europea, che con i tassi di interesse alle stelle sta cercando di domare l’inflazione, non perde occasione per sottolineare i rischi della crescita frenata, con previsioni di fallimenti di imprese in aumento (e l’Italia è uno dei Paesi da tener d’occhio). Certo, le stime sciorinate in occasione dell’ultimo vertice a Francoforte inducono all’ottimismo. Ma allargando l’orizzonte temporale, la stretta monetaria «può far emergere vulnerabilità nel sistema finanziario».

Speriamo che non sia una novella riedizione del favolistico «al lupo al lupo». A forza di parlarne, ci si abitua. Tocchiamo ferro, ma se poi il lupo arriva davvero….