Finanza e Risparmio

Anche con la transizione tecnologica è decisivo investire sul capitale umano

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di Paola Stringa

I semiconduttori, nei microchip, sono il cuore pulsante dell’intelligenza artificiale. La domanda di semiconduttori sarà quindi sempre più crescente nei prossimi anni. Sui microchip c’è una partita geopolitica in atto. Certe produzioni, diventano, oggi, una leva strategica e un driver per posizionarsi come Paese e restare competitivi. E l’interdipendenza è una soluzione sempre più rischiosa. «Taiwan ha la leadership sui semiconduttori più avanzati ed è ormai la capitale mondiale della produzione. La Cina, per cercare di recuperare il gap, vi ha investito 150 miliardi di dollari e altri 150 ne investirà per produrne in casa il 70% entro il 2025, gli USA oltre 400 miliardi, la Corea del Sud 400 miliardi, l’Europa 43. Ma non basta comunque fare l’investimento per avere capacità produttiva» spiega Filippo Fasulo, co-Head Osservatorio Geoeconomia ISPI al Settimanale.

Come assicurarsi di avere in casa questi beni preziosi e non rischiare di essere tagliati fuori dal progresso globale?

Fino a tre, quattro anni fa, prima del Covid e della guerra, l’interdipendenza andava bene su questi prodotti. È da poco che questo tipo di componenti ha assunto una rilevanza così strategica. Gli Stati Uniti stanno cercando di convincere anche i propri alleati ad utilizzare le stesse misure di contenimento verso la Cina che loro hanno già messo in campo per non perdere del tutto la competitività. La Ue sta ragionando invece sul fare investimenti per avere una capacità interna che passi dal 10 al 20%. Non è infatti solo una questione di quantità ma anche e soprattutto di qualità, di grado di avanzamento tecnologico del semiconduttore. Più è piccolo e avanzato, più ha valore e più è prodotto a Taiwan, che è ormai leader assoluto in questo momento. Nel processo di produzione, però, sono coinvolti tanti altri Paesi, come il Giappone e l’Olanda ad esempio.

L’Olanda è diventata centrale in una delle fasi della produzione di questi semiconduttori. Cosa deve fare l’Italia?

Giocare agli olandesi, perché è l’unica strategia vincente in un’ottica futura. Non diventa centrale infatti saper produrre tutto in casa, quanto piuttosto investire per sviluppare delle eccellenze in una parte della filiera della componentistica avanzata, diversa da quella presidiata da altri, esattamente come facciamo da anni nel settore dell’automotive.

Eppure non è solo questione di investimento e di prodotto. Incidere sulla geografia delle catene di valore all’interno delle rotte globali sembra più complicato di un tempo. Da cosa dipende?

Tanto per cominciare rafforzare la capacità produttiva in casa è possibile finché parliamo di semiconduttori di media tecnologia, ma non su quelli estremamente avanzati. E comunque, se Taiwan venisse invasa dalla Cina, a Pechino non basterebbe avere il controllo del ‘capannone’ ma servirebbe anche quello sul capitale umano.

Significa che la transizione tecnologica avviata dall’AI diventa una leva favorevole nella politica industriale solo se un Paese sa investire anche sullo sviluppo del capitale umano?

Esattamente. Chi non sarà in grado di stare al passo con le macchine, con i software, ma anche e soprattutto con il capitale umano, resterà ancora più indietro di prima. Fondamentale sarà dunque investire sulla formazione permanente nelle imprese ed è interesse del nostro sistema Paese farlo. Le produzioni a basso valore aggiunto non le facciamo più da tempo, le abbiamo delocalizzate da anni in diversi settori, quindi dobbiamo puntare sempre di più sul segmento della manifattura avanzata, altrimenti rischiamo di perdere anche i servizi che ne sono connessi.

L’allocazione di parti della catena di valore dell’AI in un posto o in altro avrà effetti economici e vantaggi o svantaggi sociali che vanno al di là delle politiche industriali. In ottica geopolitica l’intelligenza artificiale aumenterà le diseguaglianze a livello globale?

Potrebbe aumentarle, perché più la produzione diventa tecnologica, più è fondamentale posizionarne i centri di eccellenza e la loro allocazione in distretti innovativi sarà rilevante per stare dentro ai flussi del progresso e dello sviluppo. È evidente che esserne tagliati fuori e doversi approvvigionare dipendendo dagli altri, è rischioso. L’AI promette di far fare un salto enorme alle nostre economie nel complesso di generazioni, quindi se uno resta indietro, resta indietro di molto, con conseguenze che sul lungo termine non possiamo prevedere.