Finanza e Risparmio

Eurovita, tra salvataggio e rebus riscatti

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di Mariarosaria Marchesano

Anche l’Italia ha il suo piccolo crac finanziario e si chiama Eurovita. Nulla di paragonabile alle vicende delle banche californiane e di Credit Suisse che hanno messo in subbuglio i mercati e l’intero sistema creditizio mondiale.

Si tratta, infatti, di una crisi che si è generata nel mondo assicurativo nostrano, ma che con il passare del tempo e il congelamento dei riscatti di 400mila polizze vita sta cominciando a creare una certa preoccupazione anche a livello di governo.

Nel momento in cui questo giornale va in stampa, il ministero delle Imprese e del Made in Italy guidato da Adolfo Urso sta, infatti, preparando il provvedimento di messa in amministrazione straordinaria della compagnia che fa capo al fondo di private equity britannico Cinven. Un colosso che opera a livello internazionale ed è anche molto liquido, ma che non intende partecipare più di tanto al fabbisogno di capitale che ha maturato Eurovita a causa soprattutto di una gestione discutibile dei suoi investimenti: 400 milioni di euro.

Tale fabbisogno si è generato, infatti, non perché le polizze vendute siano cattivi prodotti ma perché la compagnia ha concentrato il suo portafoglio in titoli di Stato europei, che non hanno retto alla prova dell’aumento dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali. Un po’ com’è accaduto con la Silicon Valley bank. Solo che nel caso della banca californiana, che impiegava il denaro depositato dalle startup della Silicon Valley, i fondi erano per la maggior parte investiti in treasury americani, mentre in Eurovita c’è stata una eccessiva concentrazione su titoli di debito europei, con il paradosso che a generare le minusvalenze che hanno eroso gli indici di solvibilità della compagnia sono state le obbligazioni francesi e tedesche e non quelle tricolori (i BTp) che godevano delle opportune coperture dai rischi.

Comunque sia, si è creato un “buco”, che a fine gennaio era di 250 milioni e adesso è salito a circa 400 milioni. Cinven ha deciso di mettere di tasca sua solo 100 milioni dando ragione a quanti, anche a livello europeo, hanno sempre avuto dubbi sul fatto che un fondo di private equity – che per sua natura tende a massimizzare il suo investimento – possa avere il controllo di un’attività finanziaria vigilata che coinvolge il pubblico risparmio. Quello che è accaduto è che il termine a disposizione del commissario responsabile della gestione provvisoria di Eurovita, Alessandro Santoliquido, per mettere in piedi un salvataggio di “sistema” scadeva il 31 marzo e adesso tocca al ministero del Made in Italy mettere in amministrazione straordinaria come da richiesta dell’Ivass, l’autorità che vigila sulle assicurazioni. Secondo la procedura, il ministero nomina una terna di commissari (di cui Santoliquido con ogni probabilità farà parte), scioglie gli organi societari e nomina anche un comitato di sorveglianza che svolge un’attività di controllo.

È la prima volta che questa procedura viene applicata in Italia a una compagnia assicurativa e non poteva esserci probabilmente periodo peggiore per portare incertezze anche nel comparto assicurativo dove nessuno, finora, aveva osato mettere in dubbio la sicurezza dei risparmi investiti in una polizza vita tradizionale.

Ma quali sono le conseguenze dell’amministrazione straordinaria? Innanzitutto, la durata è di 12 mesi rinnovabile una sola volta per altri 12, dopodiché, se non è intervenuto un risanamento, la compagnia viene posta in liquidazione coatta amministrativa come ultima spiaggia. Intanto, la possibilità di riscattare le polizze da parte dei clienti è stata sospesa dal 23 febbraio fino al 31 marzo, ultimo giorno della gestione provvisoria.

Con l’amministrazione straordinaria, teoricamente, il blocco potrebbe essere rimosso ma è quasi certo, invece, che sarà prorogato proprio per evitare che la corsa in massa dei clienti a ritirare i soldi possa mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa della compagnia.

La partita è delicatissima e non è escluso che, una volta insediati, i commissari riprovino ancora a mettere in piedi un piano di salvataggio “italico”.

Finora i principali gruppi assicurativi del paese, Generali, Unipol e Intesa Sanpaolo Vita, si sono mostrati molto freddi mentre su questa ipotesi pare abbia cominciato a ragionare il sistema bancario, almeno quella parte coinvolto nella distribuzione delle polizze Eurovita. Si sta parlando di nomi di primo piano del panorama nazionale, come Fineco e Fideuram, e di realtà più regionali quali Credito Emiliano e Sparkasse (2.200 tra agenzie, sportelli e broker concentrati soprattutto nel nord Italia), i quali potrebbero partecipare alla ristrutturazione (si è fatto anche il nome di Poste italiane come soggetto potenzialmente interessato).

È molto probabile, dunque, che una via d’uscita si trovi anche se 300 milioni non sono facili da reperire e non è pensabile un intervento pubblico che solleverebbe il tema degli aiuti di Stato. Una cosa, però è certa: 9 dei 15 miliardi delle polizze Eurovita sono del cosiddetto ramo uno, prodotti venduti a persone con un profilo di rischio basso e che da sempre sono considerati a prova di turbolenze di mercato. Almeno fino a questo momento.