Finanza e Risparmio

La Bce peggiora gli umori degli investitori

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di Mariarosaria Marchesano

Il 2023 potrebbe essere l’anno dei tassi al 3,5 per cento, mezzo punto in più rispetto a quelle che erano le attese del mercato fino all’ultima riunione della Bce del 15 dicembre, dove la presidente Christine Lagarde ha mostrato un volto decisamente da “falco”.  Nonostante il rialzo dei tassi sia stato più contenuto (50 punti base) di quanto avrebbe potuto suggerire un’inflazione che continua a galoppare, nel complesso la stretta monetaria – con l’imminente riduzione degli acquisti di titoli di Stato ad un ritmo più intenso del previsto – viene percepita come più severa del necessario sui mercati.

Bisogna partire da qui per capire, quest’anno, come sono orientate le previsioni degli investitori per il 2023.

Se fino a pochi giorni fa era scontato che ci sarà una recessione, ma non troppo lunga e in molti scommettevano neanche troppo pesante, dopo il board della Bce diverse banche d’affari hanno peggiorato le previsioni sulla correzione al ribasso dei prezzi che ci sarà sui mercati finanziari europei dopo che nel 2022 sono spariti quasi 5mila miliardi, come calcola l’economista Lorenzo Codogno.  «Le banche centrali stanno alzando i tassi di interesse e annullando il quantitative easing per buoni motivi, ma così facendo aumentano anche i rischi per la stabilità finanziaria», riflette Codogno nell’ultima newsletter di LC Macroadvisors.

«La Bce sta orientando i mercati verso un tasso terminale compreso nell’intervallo 3,25-3,5 per cento con un certo rischio di rialzo» stima Algebris, che giustifica l’aggressività della Bce in questa fase visto che in Europa l’inflazione è più elevata rispetto agli Stati Uniti. Peraltro, nel 2023 tutti i fattori che hanno influenzato i rendimenti e gli spread nel 2022, i colli di bottiglia, la crisi energetica e la stretta delle banche centrali, si smorzeranno favorendo i titoli del reddito fisso. «Inoltre, le obbligazioni si collocano in una posizione migliore rispetto ai titoli azionari in ragione della disinflazione e del rallentamento della crescita» spiega ancora Algebris, dicendo di favorire in ogni caso i settori maggiormente sensibili ai tassi, come i titoli investment-grade e quelli finanziari.

Particolarmente severo è, invece, il giudizio di Bofa, Bank of America. «È molto difficile immaginare come la riunione della Bce della scorsa settimana avrebbe potuto essere più aggressiva», dicono i suoi analisti che hanno alzato le previsioni sul tasso terminale nell’Eurozona al 3,5 per cento prevedendo che ci saranno almeno altri due aumenti di 50 punti base a febbraio e marzo e due di 25 punti base a maggio e aprile. «Troviamo più facile immaginare un ritardo del Quantitative tightening (il programma di ritiro della liquidità dai mercati, ndr) piuttosto che a una traiettoria di rialzo dei tassi minore. E continuiamo a pensare che questa sia un’overdose di inasprimento delle politiche per questa economia» dice Bofa.

Insomma, il rischio potrebbe essere di un eccessivo irrigidimento della politica monetaria e l’opinione è condivisa da Matteo Ramenghi, capo economista di Ubs WM Italia, secondo il quale la Bce ha portato a una correzione dell’azionario e dell’obbligazionario e ha spinto al rialzo l’euro e lo spread dei titoli di Stato del Sud Europa, a partire dai BTp.

«Il forte aumento dei costi di finanziamento potrebbe provocare un rallentamento dell’attività immobiliare e, in alcuni Paesi dove si registra un indebitamento elevato, a una correzione dei prezzi», osserva Ramenghi. Il fatto che nel nuovo anno sarà drenata liquidità riducendo i titoli di Stato detenuti dalla Bce a un ritmo di 15 miliardi di euro al mese (invece dei 10 previsti dal consenso) e lasciando aperta la porta a riduzioni ancora più consistenti, ha colto impreparati gli investitori perché nella prima parte dell’anno numerosi governi dovranno procedere a molte emissioni di debito, che a questo punto risulteranno più onerose.

«Il mercato si interroga sul rischio di un errore nelle politiche monetarie: se il Pil dell’Eurozona dovesse avere un andamento meno positivo, la Bce avrà la rapidità e la flessibilità per cambiare traiettoria in corsa?». Insomma, per Ramenghi  non sembrano esserci ancora le condizioni per un rally duraturo dei mercati azionari. D’altra parte, sono possibili recuperi periodici. «Rimaniamo neutrali favorendo i titoli value (per esempio, i bancari, ndr) che presentano valutazioni contenute, e quelli che distribuiscono buoni dividendi. Privilegiamo i settori più difensivi, come farmaceutica e beni di prima necessità».

Anche Abrdn si dice molto sorpreso da toni aggressivi di Lagarde. Nonostante questo, Jamie Mills O’Brien, investment manager del colosso finanziario, dice di non condividere l’opinione di molti investitori secondo cui l’Europa è afflitta da problemi, è un’economia vecchia, ciclica e priva di crescita interna, motivo per cui bisogna starne alla larga: «Noi non siamo d’accordo con questa view e riteniamo che le prospettive dell’Europa siano molto più rosee di quanto non lo siano da tempo, nonostante la probabilità di recessione per il 2023».

Quali sarebbero i punti di forza? O’Brien li elenca così: innovazione e tradizione; lusso e tradizione; leadership negli investimenti responsabili; rivoluzione digitale in atto.