La Settimana Politica

Italia, Paese senza merito

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di Mariarosaria Marchesano

E se il declino economico dell’Italia dipendesse dalla mancanza di meritocrazia? È l’ipotesi avanzata da due economisti, Lorenzo Codogno (London School of Economics) e Giampaolo Galli (Università Cattolica), nel libro pubblicato in Italia con il titolo “Crescita economica e meritocrazia” (Il Mulino), in cui viene individuato il momento esatto in cui la produttività italiana ha cominciato a rallentare. E questo è diventato un problema non solo per il Paese, ma per l’Europa.

Lorenzo Codogno – che è stato a lungo capo economista del Ministero dell’Economia e delle Finanze – ne parla in quest’intervista con il Settimanale.

Quando la produttività dellItalia ha tirato il freno?
Non negli anni Novanta, come spesso si dice, ma addirittura negli anni Settanta, quando la crescita non è stata più spinta dall’innovazione, come negli altri Paesi, ma è stata ottenuta in modo sostanzialmente artificiale con svalutazioni della valuta e con debito pubblico. E nell’ultimo quarto di secolo, l’Italia ha quasi smesso di crescere. Nessun altro paese avanzato ha fatto peggio. Anche la Grecia, con la sua drammatica crisi del debito, e il Giappone, che un tempo era considerato il malato del mondo, hanno avuto una performance molto migliore.

Con quali conseguenze?
La stagnazione è diventata un fattore critico a livello globale alla luce delle due crisi (pandemica ed energetica) e dei relativi potenziali problemi di instabilità finanziaria globale. Con la sua economia aperta e i suoi legami finanziari, un’Italia economicamente indebolita potrebbe mettere in pericolo la sopravvivenza stessa dell’Eurozona e la stabilità economica e finanziaria globale.

Insomma, non è lEuropa il problema dellItalia, ma è piuttosto vero il contrario.
Esatto.

Che cosa centra tutto questo con la meritocrazia?
A un certo punto l’Italia non è riuscita a stare al passo con la rivoluzione tecnologica, dell’informazione e delle telecomunicazioni. In sostanza, il nostro Paese non era pronto per entrare nella nuova era basata sulla conoscenza. Un’economia basata sulla conoscenza richiede una struttura di incentivi che premi la ricerca di alto livello, il merito, lo sforzo individuale. In questo nuovo scenario internazionale, il centro del problema diviene la mancanza di meritocrazia e una struttura di privilegi costituiti principalmente – ma non solo – attraverso legami politici a tutti i livelli della società, scuole, pubbliche amministrazioni, giustizia e persino molte imprese private.

Parla delle famigerate raccomandazioni?
Troppo spesso, la leadership, in molti settori della società, non è selezionata in base al merito, ma è cooptata in base alla lealtà verso qualche persona potente, sia essa un boss, un banchiere, un imprenditore, un professore o un politico. Questo meccanismo è difeso da molti interessi costituiti e da lobby più o meno potenti in molti e diversi angoli della società e dell’economia. Questo frustra il talento e l’impegno dei giovani, che molto spesso finiscono all’estero per avere prospettive professionali adeguate.

Nel settore privato, però, le cose dovrebbero funzionare diversamente.
Il settore privato è  rimasto in qualche modo contagiato da questo modo di fare. Fatta eccezione per le poche centinaia di aziende manifatturiere che esportano e sono riuscite ad affrontare con successo le sfide della concorrenza internazionale, anche il mondo delle imprese non sempre dà il buon esempio circa l’opportunità di premiare il merito. Due delle conseguenze più odiose di questo stato di cose sono il divario di genere e la gerontocrazia.

Come impatta questo sulla crescita economica?
Chiaramente, quando si trascura il merito, la chiave per l’ascensore sociale e a volte anche per sopravvivere è la lealtà verso qualche capo, cioè verso una persona potente che decide chi può essere promosso. In sostanza, si tratta di un sistema semifeudale, con gerarchie o caste piuttosto rigide. Clientelismo e nepotismo sono l’opposto delle pari opportunità. Sono la via principale attraverso la quale i privilegi vengono trasmessi da una generazione all’altra. Un tale sistema dovrebbe essere considerato incompatibile con i principi fondamentali di una “democrazia liberale”.

Come se ne esce?
Il PNRR, negoziato tra il governo italiano e la Commissione europea, contiene l’indicazione di quasi tutte le riforme che sono necessarie per ridare slancio alla crescita economica rifacendosi al criterio del merito, anche se questo termine non viene reso esplicito. Si può partire da qui. Ovviamente non è sufficiente, ma è un’ottima base di partenza a condizione che le riforme siano viste come un’opportunità di rilancio per il Paese, e non solo come una delle tante caselle da spuntare per ottenere i quattrini dall’Europa.