Finanza e Risparmio

«L’Arabia saudita ha un grande interesse a investire in Italia»

Scritto il

di Federico Bosco

Giovanna Della Posta ha un’esperienza venticinquennale in vari settori, che spaziano dal real estate fino a settori come l’energia, le telecomunicazioni e le assicurazioni. Dal 2019 è CEO di Invimit Sgr, società il cui capitale è interamente detenuto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha l’obiettivo di valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico in tutte le sue ramificazioni anche territoriali, contribuendo in questo modo alla riduzione del debito pubblico.

«La missione di Invimit è di valorizzare il patrimonio pubblico italiano, ma soprattutto, di moltiplicarne il valore. Considero il nostro patrimonio come una ‘miccia’ che accende degli investimenti, ed è in grado di attrarne altri».

Per ottenere questi risultati bisogna sviluppare modalità innovative rispetto al passato, ma cosa fa esattamente Invimit?

«Noi ci siamo spostati da un real estate tipico ‘compro e vendo immobili’ a operazioni di finanza. In questo modo possiamo raggiungere due obiettivi: la scala, che è quella che chiedono i grandi investitori esteri quando arrivano in Italia, e il raggiungimento di capitali più sofisticati, in grado di investire centinaia di milioni di euro per ogni operazione.

L’elemento innovativo rispetto al passato è che gli investitori non comprano un immobile, ma sottoscrivono quote di un prodotto finanziario, il fondo, all’interno del quale ci sono gli immobili. Dall’altro lato, dobbiamo anche attrarre i comuni, fare in modo che il patrimonio immobiliare degli enti locali arrivi all’interno dei nostri fondi cosi che possiamo costruire delle operazioni da portare sul mercato dei capitali».

 

Quindi Invimit parte dalla microeconomia locale per costruire prodotti finanziari che possono attrarre l’interesse degli investitori internazionali?

«Esattamente. Prima Invimit faceva praticamente solo micro, quindi c’erano gli agenti immobiliari che sostanzialmente vendevano case e altri immobili, e la finanza girava poco. Con la mia gestione  ci siamo spostati molto sulla finanza, perché dobbiamo moltiplicare velocemente il numero di operazioni che facciamo. Per esempio, nel 2020 abbiamo venduto un primo  fondo chiamato “Dante” per 250 milioni di euro, incassati con un’unica operazione dopo presentazioni e trattative durate meno di un anno. Questa somma è andata ad abbattere il debito pubblico italiano».

Un comune o un ente pubblico non sarebbe in grado di fare lo stesso

«Non si può chiedere all’amministrazione comunale di occuparsi di una gestione immobiliare completa, e tantomeno di operazioni finanziarie strutturate. Quando la gestione passa a Invimit invece può essere fatto, poiché è il nostro mestiere, e siamo in grado di restituire un rendimento. Attraverso i fondi che gestiamo, sono stati distribuiti agli enti pubblici 425 milioni di euro. Quando sono entrata, questi fondi avevano distribuito 8 milioni cumulati negli anni. Un risultato che ci incoraggia a fare sempre di più e meglio».

Ci sono possibilità anche per le piccole e medie imprese?

«Sì, soprattutto a livello locale. Tutte le volte che non abbiamo la maggioranza dell’immobile, che siano appartamenti o locali commerciali, la vendiamo, perché non potendo controllare l’intero immobile per Invimit risulta più un problema gestionale che un’opportunità da inserire in un fondo. È bene sapere che le nostre sono operazioni di mercato in completa trasparenza, locazioni e acquisti avvengono con processi competitivi. Se una persona o un’impresa vuole comprare un nostro immobile ha un notaio di riferimento, e se ci sono più acquirenti si da inizio all’ asta. Prima questo non era possibile, era l’intermediario a decidere a chi vendere».

Qual è il ruolo dell’Arabia Saudita come investitore immobiliare?

«I sauditi sono molto interessati all’Italia, specialmente nel settore turistico, ma a parte questo, secondo me l’Arabia Saudita è un paese da osservare con attenzione. Il loro piano “Vision 2030” ha obiettivi molto ambiziosi, ma oltre a guardare i numeri straordinari che hanno come target, a mio avviso è interessante il metodo. Si sono dati degli obiettivi, e tutta la macchina pubblica e privata li conosce e lavora in sinergia per raggiungerli. Quando i sauditi ti presentano i loro obiettivi ti dicono, per esempio, che tre anni fa per dare un visto d’ingresso o aprire un’attività produttiva impiegavano un tot di giorni o mesi , ora la stessa attività viene svolta in giorni, a volte ore.

Ti spiegano che in passato per avere una società nel paese dovevi necessariamente avere un partner saudita, adesso no. Molte cose sono cambiate, accelerando i tempi, togliendo vincoli, migliorando e semplificando le procedure. L’Arabia Saudita ha una popolazione giovane (il 63 per cento ha meno di 30 anni), e tanti di questi giovani si sono formati negli Stati Uniti, portando nel Regno la forte spinta al cambiamento che vediamo oggi.

Per dire, molti resteranno sorpresi, ma oggi le donne saudite in posizioni manageriali sono tantissime. Anche per me è stata una sorpresa, e posso dire che queste donne mi hanno accolto quasi in una ‘sorellanza’, dandomi consigli, facilitando gli incontri, e aiutandomi a muovermi e a capire il paese.

Per molti aspetti i sauditi hanno una cultura mediterranea, se ti apprezzano ti invitano a casa, che ha tutto un altro senso e valore rispetto a un meeting al ristorante. L’idea del grande uomo d’affari saudita pronto a spendere milioni come se niente fosse è uno stereotipo, per loro la relazione personale è importante, fa la differenza, e se si va lì con lo spirito giusto ci sono molte opportunità. Ma devono essere effettivamente coerenti con i loro obiettivi».

In fondo anche l’Italia dovrebbe imparare a identificare le sue ambizioni, e dargli una misura per capire dove vuole arrivare.

A modo suo Invimit cerca di reinterpretare quelle che sono le priorità nazionali, e dargli seguito identificando alcuni obiettivi. Personalmente ne ho cinque ben chiari: natalità (e quindi social housing), istruzione e capitale umano (studentati), assistenza agli anziani (senior living), supporto al territorio, e infine l’attrazione delle risorse private attraverso i fondi di investimento, perché non è possibile fare tutto solo con le risorse pubbliche.

Quando facciamo entrare capitali privati e istituzionali, stiamo facendo entrare risorse aggiuntive nel paese, e più investimenti esteri entrano in Italia, più aumenta la possibilità che ne arrivino altri. Se non facciamo questa operazione di attrazione degli investimenti privati, serviranno sempre risorse pubbliche, e quindi più debito. Negli ultimi 10 anni i capitali investiti in Italia sono aumentati, ma dai confronti con altri paesi europei si evince che possiamo e dobbiamo fare di più.

Invimit sta costruendo un modello, uno strumento che consenta di attrarre questi investimenti. Un modello che può, a mio avviso andare oltre il real estate, per attivare quante più sinergie è possibile.

Un nostro investimento, oggi sul mercato, Virgilio, del valore di circa un miliardo ha visto 39 investitori interessati ad approfondire, investitori che hanno già investito nel mondo 6700 miliardi di euro, di cui 1400 nel real estate. I numeri in primis ci dicono che siamo sulla strada giusta, ma anche il feedback degli investitori è importante. Ascoltare e imparare dagli altri è un altro dei nostri punti di forza, oltre ad avere un team fortissimo, la nostra “nazionale” degli investimenti»