Finanza e Risparmio

Nelle Borse è corsa all’AI: boom dei titoli ma niente bolle

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di Mariarosaria Marchesano

I titoli tecnologici hanno registrato un rimbalzo del 25-30% nel primo semestre del 2023, annullando gran parte delle perdite registrate nel 2022. L’inversione di tendenza è stata favorita dalla crescente popolarità dell’intelligenza artificiale generativa (oltre ai testi è in grado di generare video, musica e immagini in risposta alle domande degli utenti) che ha conquistato il mondo: chiunque può rivolgersi a un chatbot per porre qualsiasi domanda.

In una ricerca della banca d’affari Ubs Gwm – intitolata TechGpt – si trovano quattro possibili risposte alle più frequenti domande degli investitori sull’intelligenza artificiale e sulle opportunità nel settore tecnologico. La prima è quella più comune.

È una bolla? È lecito chiedersi se la corsa delle società legate a questo settore sia destinata a sgonfiarsi lasciando gli investitori con un pugno di mosche in mano.

Ebbene, Ubs Gwm pensa di no perché l’intelligenza artificiale (compresa quella generativa) ha un chiaro utilizzo per i consumatori a differenza di quanto avvenuto, per esempio, con la stampa 3D, che dopo tante promesse non è riuscita a conquistare il grande pubblico.

Diversamente, l’AI ha già dimostrato di potere essere utilizzata in modo trasversale nelle applicazioni industriali di settori come l’editoria e la comunicazione ma anche dei servizi finanziari. Quando è stata lanciata a novembre 2022, ChatGpt ha creato un milione di utenti nel giro di una settimana ma adesso ne conta 200 milioni. «Questo – osserva Ubs – è un assorbimento molto più veloce rispetto a qualsiasi altra tecnologia precedente». Persino lo smartphone ha impiegato anni per diffondersi in modo capillare in tutto il mondo. Inoltre, la maggior parte delle tecnologie precedenti, compresi i personal computer ed internet, sono state adottate prima dalle imprese e poi dai consumatori. Infine, l’AI sta alimentando a cascata la crescita di una serie di aziende, come i produttori di semiconduttori e il cloud computing.

Considerati tutti questi fattori, Ubs si aspetta che il mercato dell’hardware e dei servizi di intelligenza artificiale – che nel 2020 era di quasi 36 miliardi di dollari – cresca con un ritmo del 20% all’anno fino a raggiungere 90 miliardi di dollari entro il 2025. La seconda domanda è che cosa può abbattere l’intelligenza artificiale. Pur non ritenendo che si tratti di una bolla, Ubs vede il rischio di un calo del 10-15% dei titoli legati a questo settore nel breve termine. Attualmente si vedono azioni che scambiano a 30-40 volte il rapporto prezzo-utili rispetto alla media dei tecnologici (25 volte). Insomma, ci potrebbe essere una correzione dei prezzi di mercato anche perché è prevedibile che i governi interverranno per regolamentare il settore per arginare l’impatto su sicurezza, etica e posti di lavoro. Altri due fattori che potrebbero limitare la crescita sono la scarsa disponibilità di talenti e i colli di bottiglia nelle forniture dei microchip.

Terza domanda: dove sono le opportunità nella tecnologia? Le opportunità che vede Ubs sono essenzialmente due: società di software e internet e i cosiddetti “ritardatari tecnologici”, cioè imprese le cui potenzialità di crescita a breve termine è stata sottovalutata dal mercato. Cosa aspettarsi dai prossimi risultati tecnologici? È la quarta domanda alla quale si può rispondere con una previsione di crescita di utili nel terzo trimestre dopo le contrazioni dei trimestri precedenti. In conclusione, al netto di interventi regolatori rigidi e sconvolgimenti geopolitici, per Ubs i titoli tecnologici legati all’AI potrebbero riservare “sorprese al rialzo” moderate però dalla corsa che hanno già fatto da inizio anno.