Inchieste

A tutto export: Capobianco vende fuori il 95%

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di Pascale Mattei

Con Capobianco, lo stile casual chic italiano sta conquistando il mondo. Il marchio di abbigliamento maschile, che espone a Pitti Uomo, realizza il 95% del suo fatturato all’estero, e questa cifra potrebbe aumentare ulteriormente nei prossimi mesi. Capobianco arriverà in Scandinavia nell’autunno-inverno 2024-2025, e nella primavera del 2024 aprirà al mercato americano e canadese, dove il made in Italy “bello e ben fatto” è sempre gradito.

Inoltre, nonostante le numerose incognite che pesano sull’economia mondiale, il settore della moda maschile cammina con un buon passo. «C’è molto entusiasmo nel nostro settore», dice l’amministratore delegato Fabrizio Ottaviano, che evoca un nuovo modo di vivere. Da una parte c’è la ricerca di un abbigliamento casual raffinato e dall’altra un’attenzione sempre maggiore alla qualità del tempo libero con un occhio di riguardo all’eleganza. Insomma, dopo gli anni Covid passati in giacca e cravatta e boxer, con i piedi infilati nelle ciabatte per partecipare alle video-conferenze, l’uomo vuole ora godersi un tempo libero di qualità con un guardaroba confortevole, naturale e creativo.

Il successo del marchio si basa anche sul suo posizionamento nella fascia medio alta, con un’enfasi sui materiali di qualità (cotoni a fibre lunghe, lane finissime, sete), sui colori che riprendono le nuances della natura e sulle lavorazioni minuziose. Con due collezioni all’anno, ciascuna composta da un centinaio di modelli, si punta sulla bellezza dei filati e dei tessuti, sulla cura delle rifiniture e sui piccoli dettagli che fanno la differenza: coulisse in vita, tasche nascoste all’interno di giacche in jersey dalla costruzione sartoriale. Questa attenzione maniacale ai particolari ha permesso all’azienda di conquistare 110 clienti ultra-selezionati, generando un fatturato di 6 milioni di euro quest’anno (esercizio finanziario che termina a marzo 2024).

L’azienda, che conta 20 dipendenti, ha sede a Bergamo e possiede il proprio showroom a Milano per servire i suoi principali mercati esteri, in particolare l’Europa dell’Est, la Germania e il Belgio, oltre a Giappone e Cina. Tutti compratori che affollano il capoluogo lombardo durante le settimane della moda maschile a giugno e a gennaio.

«Ci consideriamo ancora una start up», dice il suo dirigente. Fondata nel 2008, Capobianco è stata rilevata 10 anni fa da Filologiko, una holding costituita ad hoc da Fabrizio Ottaviano, consulente finanziario ed esperto di risanamento aziendale, e dall’amico Marco Ghisalberti, amministratore delegato del gruppo Rumelca specializzato nella produzione industriale di attrezzature per la movimentazione. Da allora, l’organizzazione aziendale è stata completamente rivista, e in particolare la produzione (35mila pezzi all’anno) è stata affidata a 7 laboratori dislocati tra Bergamo e Brescia, garantendo una produzione a km zero.

«Questa struttura ci permette una grande flessibilità», spiega Fabrizio Ottaviano. Nel 2020, ad esempio, durante il blocco legato al Covid, «abbiamo fatto miracoli per produrre le nostre collezioni». Di fronte ai recenti problemi di approvvigionamento dei materiali di prima scelta (i tempi di consegna si aggirano ormai intorno ai 3 mesi), Capobianco ha rivisto anche il suo approccio anticipando gli ordini, in modo da fare arrivare il prodotto finito per tempo nei negozi.

Oltre a Capobianco, la holding Filologiko possiede il marchio Roberto Ricetti (camiceria su misura e homewear). Non ha in programma nuove acquisizioni nell’immediato. «Ma teniamo d’occhio il mercato, perché ci sono molte aziende artigianali e di nicchia che cercano sostegno finanziario e capacità organizzativa».