Inchieste

Academy di filiera, competenze su misura

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di Laura Siviero

Il mondo delle imprese fatica a trovare forza lavoro formata e skillata, pronta a produrre e, possibilmente in tempi brevi, a rendere. Sono le competenze tecniche, informatiche e le soft skill le più richieste e le più introvabili.

Nonostante le stoccate dei dati Ocse Pisa, dove la preparazione degli studenti italiani risulta sotto media e dei risultati delle prove Invalsi, che segnalano i deficit in italiano e matematica o ancora nonostante i concorsi andati deserti, il mondo dell’istruzione e quello della formazione rispondono a rilento. Non riescono (o non vogliono per presunta superiorità intellettuale) a recepire i fabbisogni aziendali. Neanche il tiepido tentativo dell’alternanza scuola-lavoro (oggi PCTO-Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento), che avrebbe fatto annusare da vicino il lavoro ai giovani, ha retto l’urto con il mondo intellettuale e sindacale.

La discussione «teorica» trova tutti d’accordo: la formazione è fondamentale per la persona che intende entrare e crescere nel mondo del lavoro e lo è per le aziende. Senza la formazione, le imprese non riescono a stare al passo con le rivoluzioni tecnologiche, le dinamiche di crescita dei mercati, la sostenibilità. La scuola deve farsene carico in primis e il mondo industriale deve creare posti di lavoro, ma una sintesi pragmatica non si trova. Anche a livello europeo il dibattito su formazione e acquisizione di competenze alte è acceso. Il 2023 è l’anno europeo delle «competenze», che può dare nuovo slancio al raggiungimento degli obiettivi dell’agenda 2030 che auspicano il coinvolgimento di almeno il 60% degli adulti in attività di formazione e un’occupazione pari ad almeno il 78% della popolazione adulta.

Per andare incontro alle esigenze formative del mondo industriale, da tempo – e sempre più frequentemente – sono nate e si sviluppano le Academy aziendali. La soluzione industriale alla formazione iniziale e lungo tutto il percorso lavorativo.

Le Academy non sono una novità di questo secolo, la prima deve la paternità a General Motors nel 1927 e nel ’55 è nata quella di General Electric a New York, seppur ancora dentro i confini della formazione intesa in senso tradizionale (General Electric aveva concepito quella che chiamò Corporate University come dipartimento finalizzato a erogare formazione tecnica per tutti i dipendenti). Con l’istituzione della propria Academy GE è la prima azienda a rendersi conto del ruolo centrale che la formazione può rivestire in azienda. Bisogna aspettare il 2001 per veder nascere la prima Academy italiana di Eni. Oggi se ne contano oltre 120 in Italia con l’obiettivo di formare e preparare i giovani talenti, ma anche andare incontro alle esigenze di reskilling e upskilling del personale.

Tuttavia, le Academy presentano qualche ombra.

Spesso sono le grandi aziende a costituire enti formativi propri, mentre le piccole non sempre hanno forza economica e le risorse interne. Inoltre, questo meccanismo attrae gli studenti migliori con prospettive di crescita, mentre le Pmi non riescono ad accedere a personale formato.

Una soluzione potrà trovarsi nelle Academy di filiera, hub di competenze a servizio delle aziende, sostenute con i Fondi europei. Una sperimentazione è già partita in Piemonte dal 2022 e per tre anni dedicata ai due core piemontesi: i «Sistemi di mobilità » che comprendono auto, aerospazio, fabbricazione treni e bus, servizi connessi alla mobilità delle persone e «Green job e TAM» che include tessile, abbigliamento, moda gioielleria e accessori, basata a Biella. A gennaio sono partiti i primi corsi della Accademia Piemonte TAM e Green Jobs, l’Academy per la filiera Tessile Abbigliamento Moda, per il settore orafo e della gioielleria e per lo sviluppo dei Green Jobs. «Ad oggi – spiega Giovanni Vietti, presidente dell’Unione industriale biellese – sono 12 i corsi attivati per circa 130 partecipanti, numeri che cresceranno con l’aumentare della consapevolezza del valore di questa iniziativa».