Inchieste

B Corp locomotive della transizione

Scritto il

di Lorenza Resuli

L’Italia entra in serie A per numero di aziende B Corp, dove il valore economico va di pari passo con quello ambientale e sociale. Nel 2023, infatti, abbiamo conquistato il podio dei Paesi europei più impegnati nella sostenibilità, raggiungendo il secondo gradino con un totale di 231 aziende B Corp, che occupano 16mila persone e generano un fatturato che ha già superato i 10,9 miliardi di euro.

A stilare lo stato dell’arte delle aziende certificate B Corp nell’Unione europea è il movimento delle B Corp italiane, che nel bilancio presentato a giugno ha disegnato anche il quadro nazionale dei settori che vantano il maggior numero di imprese virtuose: l’industry dei prodotti alimentari, la consulenza aziendale e i servizi per la persona.

Sul fronte della distribuzione geografica, la medaglia d’oro va alla Lombardia, che vanta ben 88 aziende B Corp, seguita da Emilia Romagna (32), Veneto (29) e Lazio (24). È quest’ultima regione a ottenere i punteggi più alti per l’impatto sociale e ambientale positivo, che è poi la ragion d’essere delle B Corp.

«La crescita del movimento B Corp in Europa e in Italia è un segnale bellissimo che dimostra come sempre più aziende decidano di impegnarsi per la creazione di un paradigma economico più inclusivo, equo e rigenerativo» commenta Eric Ezechieli, co-founder insieme a Paolo Di Cesare di Nativa, prima B Corp italiana, tra le fondatrici del movimento B Corp in Europa, nonché country partner per l’Italia di B Lab. Un movimento nato una quindicina di anni fa con un obiettivo ben preciso: determinare in modo chiaro la reale “sostenibilità” di un’azienda attraverso una lunga serie di standard misurabili e documentabili.

Ottenere la certificazione B Corp, infatti, non è una passeggiata. Richiede un rigoroso processo di analisi del profilo di sostenibilità dell’impresa, che parte dalla misurazione del suo impatto ambientale e sociale attraverso il B Impact Assessment (o BIA, tool online gratuito messo a disposizione da B Lab), che prende in considerazione il business model e cinque macro aree: governance, comunità, persone, ambiente e clienti. Solo raggiungendo la soglia di 80 punti, su una scala da 0 a 200, si può richiedere la verifica del punteggio e la conquista della certificazione, che prevede poi il pagamento di una tariffa annuale tra 500 e 50mila euro, in base al fatturato dell’azienda.

Va da sé che le imprese che imboccano questa strada in salita siano mosse da un credo sincero in un modello di business come forza positiva per le persone e per il pianeta. «Il movimento delle B Corp è stato protagonista nel diffondere una nuova visione sul significato del business nella società: è straordinario vedere come questi concetti si diffondano sempre più rapidamente, fino a diventare la normalità» conferma Ezechieli. D’altra parte, la scelta di un modello sostenibile sta ormai  diventando un imperativo per le aziende, una sorta di pre-requisito per non essere estromessi dal mercato e dagli stessi consumatori, sempre più attenti al lato etico e green di ciò che comprano. E se la certificazione B Corp costa impegno e denaro prima di tutto per adeguare le aziende ai parametri e poi “superare” i periodici controlli, il ritorno in termini di reputazione, valore aggiunto del brand e riduzione dei costi è alla fine enorme, anche in un’ottica ESG (il 2026 si avvicina…).

Ma, sottolinea Ezechieli, «essere B Corp coincide con un impegno a migliorare continuamente» e oggi gli stessi parametri sono oggetto di revisione affinché si evolvano insieme al panorama in costante movimento della sostenibilità.