Inchieste

Busta paga ricca e accesso facile: lavoro a una svolta

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di Veronica Schiavone

Taglio fino a sette punti del cuneo fiscale per sei mesi. Incentivi per le imprese che assumeranno, a tempo indeterminato ma anche a termine, i percettori dell’Assegno di inclusione, il nuovo strumento di sostegno al reddito che dal 1° gennaio 2024 manderà in soffitta l’attuale Reddito di cittadinanza. Incentivi anche per le assunzioni dei giovani (sotto i 30 anni) senza lavoro e non inseriti in corsi di studi o di formazione (cosiddetti Neet). Welfare aziendale per i lavoratori con figli a carico.

Arriva inoltre lo “Strumento di attivazione”, una nuova misura ad hoc in vigore a partire dal 1° settembre 2023 per favorire l’occupazione attraverso la partecipazione a corsi di formazione, qualificazione professionale, orientamento, accompagnamento al lavoro. Premi ai lavoratori che, entro il primo anno di fruizione dell’Assegno decideranno di mettersi in proprio, avviando un’attività lavorativa autonoma, un’impresa individuale o una società cooperativa. Contratti a termine (di durata superiore a 12 mesi) più flessibili grazie all’addio delle causali rigide introdotte via via nel corso degli anni, prima dalla legge Fornero, poi dal Job act e infine dal decreto Dignità del 2018.

Decreto Lavoro

Il “decreto lavoro” approvato dal governo nel Consiglio dei ministri del 1° maggio (una data altamente simbolica, scelta non a caso dall’esecutivo) guarda ai lavoratori ma anche alle imprese.

Nel testo non c’è solo la riforma del Reddito di cittadinanza. Rispetto alle prime bozze del testo che prevedevano al posto del Rdc una tripartizione di misure a cui corrispondevano altrettanti acronimi (Garanzia per l’inclusione o “Gil”, Prestazione di accompagnamento al lavoro o “Pal” e Garanzia per l’attivazione lavorativa o “Gal”), ora invece le misure che sostituiranno il Reddito di cittadinanza saranno due: l’Assegno di inclusione e lo Strumento di attivazione.

Ma per le imprese arriva una semplificazione molto forte a cominciare dalla materia contrattuale. L’obiettivo, espresso chiaramente nella relazione di accompagnamento della bozza di decreto, è introdurre procedure contrattuali più semplici che favoriscano l’accesso al mondo del lavoro. Insomma, un “win-win” in cui tutti (lavoratori e aziende) dovrebbero guadagnarci. A questo si aggiungono le nuove norme che riducono le sanzioni amministrative per le aziende in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali.

Taglio al cuneo fiscale

Buste paga più pesanti, ma per sei mesi. Il taglio del cuneo fiscale previsto dal decreto legge lavoro approvato nel Consiglio dei ministri del 1° maggio porterà nelle tasche degli italiani con redditi medio-bassi un beneficio di 80-100 euro, ma solo per il periodo 1° luglio-31 dicembre (con esclusione della tredicesima mensilità). Grazie all’intervento finanziato con i 4 miliardi recuperati con il Def 2023, il taglio al cuneo salirà di quattro punti che andranno ad aggiungersi ai tre già disposti dalla Manovra di bilancio 2023 per i redditi fino ai 25mila euro. Lo sconto sarà quindi pari a sette punti complessivi se la retribuzione imponibile non eccede l’importo mensile di 1.923 euro. Per i redditi tra 25mila e 35mila euro l’attuale sgravio di due punti salirà a sei punti. Si tratta di un primo passo verso l’obiettivo che il governo si era dato, sin dal suo insediamento, di arrivare a un taglio del 5% entro la fine della legislatura. Un intervento che l’esecutivo ha sempre ritenuto essenziale per sforbiciare la massa di oneri e contributi (stimata intorno al 60%) che appesantisce le buste page e il costo aziendale dei lavoratori alleggerendo gli stipendi degli italiani che infatti sono tra i più bassi in Europa.

L’impatto dell’attuale sconto aggiuntivo, seppur limitato a soli sei mesi, si apprezza ancor di più se si considera che lo sconto rifinanziato a gennaio dalla Manovra ha portato ai redditi tra 15mila e 30mila euro un vantaggio netto variabile dai 24 ai 45 euro netti a mese, per 13 mensilità di stipendio (dai 34 ai 69 euro al mese se si considerano gli importi lordi). «Sono fiera che il governo abbia scelto di celebrare il 1° maggio con i fatti e non con le parole, e credo fosse dovuto un ulteriore sostegno a un’economia che pure in un momento di grande difficoltà ci sta dando grandi soddisfazioni, con una crescita stimata per i prossimi mesi superiore a quella di altri Paesi europei», ha dichiarato in un video registrato al termine del Cdm la premier Giorgia Meloni. «Il taglio del cuneo porterà fino a 100 euro in busta paga in un momento come questo in cui l’inflazione galoppa. Si tratta del più importante taglio delle tasse sul lavoro degli ultimi decenni».

Un ottimismo, per la cronaca, non condiviso da opposizione e sindacati. La segretaria del Pd Schlein parla di decreto “spot” che spinge il lavoro precario e non combatte il lavoro povero. Mentre per il segretario Cgil Landini «è una follia che in un momento in cui aumentano le povertà, si taglia il Reddito di cittadinanza».

Misure di welfare a favore dei lavoratori

Nel decreto viene confermato anche per il periodo d’imposta 2023 l’incremento a 3mila euro della soglia di fringe benefit che non concorreranno a formare il reddito imponibile. Dell’agevolazione potranno beneficiare solo i lavoratori dipendenti con figli a carico. Tra i fringe benefit esenti rientreranno anche le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche di acqua, luce e gas, sempre entro il limite complessivo di 3.000 euro. Si prevede, inoltre, una estensione ai genitori vedovi della maggiorazione dell’assegno unico prevista per i nuclei familiari in cui entrambi i genitori siano occupati.

Incentivi alle assunzioni

Le imprese che assumeranno (con contratti a tempo indeterminato, full time o part time, o anche mediante apprendistato) i beneficiari dell’Assegno di inclusione potranno contare su un esonero totale (100%) dei contributi previdenziali (con esclusione dei premi e contributi dovuti all’Inail e nel limite massimo di importo pari a 8mila euro su base annua) per un periodo massimo di 12 mesi. Se l’assunzione avviene con contratti a tempo determinato o con contratti stagionali, l’esonero contributivo durerà al massimo 12 mesi (e comunque non oltre la durata del rapporto di lavoro) e sarà pari al 50%, nel  limite  massimo di importo pari a 4mila euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile.

Ai beneficiari dell’Assegno di inclusione che avviano un’attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o una società cooperativa entro i primi dodici mesi di fruizione del beneficio è riconosciuto in un’unica soluzione un beneficio addizionale pari a sei mensilità dell’Assegno nei limiti di 500 euro mensili.

Rispetto al Reddito di cittadinanza, l’accoppiata Assegno di inclusione-Strumento di attivazione sembra dunque molto più orientata a favorire l’occupazione. Soprattutto lo Strumento di attivazione che sarà operativo per primo (a partire dal 1° settembre 2023) e metterà al centro la partecipazione a progetti di formazione, qualificazione e riqualificazione professionale, orientamento, accompagnamento al lavoro e politiche attive del lavoro. Un ventaglio di interventi destinato a coinvolgere in prima linea le agenzie per il lavoro, che infatti chiedono di essere chiamate in causa, soprattutto nella formazione del personale, tematica pressoché assente nel Rdc e che invece dovrà essere strategica se si vorrà davvero far funzionare la nuova misura.

Ne è convinto Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis e di Assosomm, l’Associazione Italiana delle Agenzie per il lavoro, che commentando una recente indagine del Censis ha messo in luce come il Rdc abbia favorito soprattutto le famiglie monocomponenti non anziane (quindi, di fatto, gli occupabili), ragion per cui, secondo Assosomm, le nuove misure dovranno necessariamente favorire i non occupabili. E in questa linea sembrano andare le due misure, visto che l’Assegno di inclusione premia le famiglie con disabili o minorenni (o soggetti con più di 60 anni), quindi gli inoccupabili, con Isee fino a 9.360 euro, mentre lo Strumento di attivazione spetterà alle famiglie con Isee fino a 6.000 euro senza diritto all’assegno di inclusione, quindi gli occupabili tra 18 a 59 anni.

Il decreto lavoro, come detto, prevede anche incentivi all’assunzione di giovani sotto i 30 anni di età senza lavoro, non inseriti in corsi di studi o di formazione (cosiddetti Neet) e che siano registrati al Programma operativo nazionale “Iniziativa Occupazione Giovani”. L’incentivo sarà pari al 60 per cento della retribuzione per un periodo di 12 mesi e sarà cumulabile con l’esonero contributivo di cui sopra nella misura del 100 per cento, per un periodo massimo di trentasei mesi, nonché con altri incentivi previsti dalla legge.

Contratti a termine con meno paletti

Come detto, la semplificazione più grande per le imprese contenuta nel decreto Lavoro riguarda l’alleggerimento delle rigide causali apposte dal decreto Dignità ai contratti a termine di durata superiore a 12 mesi (fino a 12 mesi un’azienda non è tenuta a specificare le ragioni per cui ha deciso di assumere a termine un lavoratore). Il Decreto 87/2018 non solo ha ridotto la durata massima dei contratti a tempo determinato (da 36 a 24 mesi) ma li ha anche subordinati a tre causali rigide consentendoli solo in presenza di: esigenze temporanee e oggettive estranee all’ordinaria attività, sostituzione di altri lavoratori, esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria. Il decreto Lavoro consente i contratti a termine di durata superiore a un anno in presenza di specifiche esigenze previste dalla contrattazione collettiva, anche aziendale, stipulata dalle associazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale ovvero da Rsa e Rsu. Nel silenzio dei contratti collettivi e/o aziendali, e comunque entro il 31 dicembre 2024, i contratti a termine saranno possibili per specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti.

Infine saranno possibili per sostituire altri lavoratori. Nessuna novità invece rispetto all’attuale disciplina che prevede la possibilità di prolungare il contratto fino a 36 mesi solo stipulando l’accordo presso i competenti servizi ispettivi del lavoro o, in alternativa, presso una delle sedi delle commissioni di certificazione per accertare le ragioni tecniche, organizzative e produttive che richiedono il prolungamento del rapporto a termine. Tali norme non si applicheranno ai contratti a termine della Pa e delle università private.

Welfare aziendale per i lavoratori con figli a carico

Per aiutare le famiglie con figli, il decreto lavoro stabilisce che, limitatamente al periodo d’imposta 2023, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori con figli a carico nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di euro 3.000, non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente.

Sanzioni soft per le imprese che non versano le ritenute previdenziali

Oggi per il mancato versamento di ritenute previdenziali fino a 10mila euro annui, le imprese rischiano una sanzione amministrativa pecuniaria che può andare da 10mila a 50mila euro; sopra i 10mila euro di ritenute omesse, il datore di lavoro rischia addirittura il carcere (fino a 3 anni) e una multa fino a 1.032 euro. L’imprenditore, tuttavia, non è punibile, né soggetto alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione. Il decreto lavoro mitiga la sanzione amministrativa da irrogare in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali di importo fino a euro 10mila annui applicando una sanzione amministrativa pecuniaria da una volta e mezzo a quattro volte l’importo omesso. Dai dati dell’Inps aggiornati al 2019 risulta che le omissioni non superiori a 10.000 euro, notificate ma non sanate nei tre mesi successivi, sono state circa 1.035.000 con un importo medio omesso di circa 465 euro. Il governo ha ammesso che l’attuale regime sanzionatorio particolarmente severo (e finito anche sul tavolo della Consulta) non è servito a nulla. Anzi, come si spiega nella relazione al decreto, «ha reso poco probabile l’incasso di importi consistenti soprattutto in periodi di difficoltà economica», mentre con sanzioni più moderate «si renderebbe più esigibile il credito con effetti finanziari migliorativi» per i conti pubblici.

Cresce la dote del Fondo nuove competenze

Cresce ancora il Fondo nuove competenze, lo strumento cofinanziato dal Fondo sociale europeo, che consente alle imprese di ottenere il rimborso delle spese sostenute per la formazione dei propri dipendenti. Il Fondo, istituito nel 2020 per favorire la ripresa post Covid, è stato finanziato inizialmente con un miliardo, a cui sono stati aggiunti prima 180 milioni e poi ulteriori 230 milioni per il 2023.

Ora viene ulteriormente potenziato dal decreto Lavoro imbarcando per il periodo di programmazione 2021-2027 della politica di coesione europea, le risorse del Piano nazionale Giovani, donne, lavoro, cofinanziato dal Fondo sociale europeo +. Il Fondo nuove competenze consente alle imprese di organizzare corsi di formazione durante l’orario di lavoro con la copertura totale dei costi per le ore perse. Il contributo massimo per ciascuna istanza non potrà eccedere i 10 milioni di euro. Il decreto Rilancio 2020 (dl 34) affida alla contrattazione di secondo livello il compito di siglare intese di rimodulazione dell’orario  di lavoro per mutate esigenze organizzative  e  produttive  dell’impresa ovvero per favorire percorsi di ricollocazione dei lavoratori, dedicando parte  dell’orario  di  lavoro  a  percorsi formativi. L’aggiornamento professionale dovrà guardare in particolar modo alla transizione digitale ed ecologica.