Inchieste

Carne sintetica, parla trentino il primo brevetto italiano

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di Roberta Favrin

Il brevetto internazionale è stato depositato e attende la registrazione. Tutela il processo che consente la maturazione “veloce ed efficiente” delle cellule staminali prelevate da suini e bovini in fibra muscolare e grasso. Materia prima destinata a diventare bistecca all’interno di bioreattori.

Per mettere a punto il brevetto ci sono voluti 2 anni e mezzo di attività in laboratorio, 4 ricercatori (due accademici, un dottorando e un’assegnista di ricerca) e un investimento di poco superiore a centomila euro. Nulla a che vedere con le cifre miliardarie che si stimano spese a livello mondiale nel settore della carne “in vitro”.

Siamo al CIBIO, il Dipartimento di Cellular, Computational and Integrative Biology, dove lavorano da oltre 20 anni Stefano Biressi e Luciano Conti, esperti in biologia molecolare e applicata. Entrambi hanno maturato la loro esperienza in ambito medico. Biressi era alla Stanford University quando nel 2014 ha risposto alla chiamata per cervelli in fuga: è arrivato a Trento grazie al programma di ricerca di Telethon sulla distrofia muscolare. Conti studia da anni la coltivazione delle cellule staminali finalizzata alla cura delle malattie neuro-degenerative. Nel 2020 hanno messo a fattor comune conoscenze e competenze per dedicarsi al progetto di carne “colturale” sviluppato assieme all’investitore privato promotore della start up trentina BrunoCell.

Perché avete sposato il progetto? «Perché a breve il pianeta non avrà risorse sufficienti per sfamare tutti – rispondono – lavoriamo per produrre cellule animali nello stesso modo in cui vengono prodotte dall’animale vivente, ma risparmiando terra, acqua e con una drastica riduzione della CO2 rispetto agli allevamenti». Carne sintetica? «Il termine corretto è “carne a base cellulare” come hanno suggerito la Fao e l’Organizzazione mondiale della sanità nel Rapporto divulgato ad aprile», segnalano i due tutor dell’unico progetto italiano sul tema.

Non un lavoro in solitario e nelle segrete stanze, tengono però a precisare: «Abbiamo una rete di collaborazioni accademiche con Olanda, Austria, Roma Tor Vergata, Università e Politecnico di Torino». Al primo investitore si è aggiunta la Fondazione Save the Chicken, interessata a produrre carne bianca dalle cellule contenute nelle piume. Lavori in corso. Un’altra partnership in via di definizione è con la Macelleria Cis di Ledro (TV) che da oltre 130 anni produce salumi e insaccati tipici ma non disdegna l’innovazione.

Il disegno di legge del Governo spegnerà gli entusiasmi di ricercatori e investitori? «La sperimentazione a livello scientifico potrà proseguire – risponde Biressi – ma senza prospettive di sviluppo del prodotto nessuno verrà ad investire in Italia mentre lo potrà fare all’estero. Perderemo delle occasioni». Il Rapporto Fao-Oms ha messo in luce 53 punti che molti operatori del settore traducono in rischi per la salute: «Il documento chiede agli organi competenti di valutare profili di rischio che valgono anche per la carne tradizionale: trattandosi di cibo innovativo è corretto che vada analizzato attentamente ma al momento non ci sono evidenze di pericolosità. Siamo all’inizio del percorso e la ricerca scientifica serve a individuare e superare le criticità. Chi esprime giudizi netti e ultimativi in questa fase, a mio avviso, non è corretto», conclude Biressi.