Inchieste

Imprese: crediti solo sulla carta

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di Giorgio Costa

Tra le 40 e le 50mila imprese a rischio chiusura per il calo delle attività e l’impossibilità di gestire i crediti fiscali. Una miscela esplosiva quella che si è creata in capo alle piccole e medie imprese che operano nel settore dell’edilizia e dell’impiantistica che fanno capo a Confartigianato. E il presidente di Confartigianato, Marco Granelli, è preoccupato, molto preoccupato. Tanto da chiedere al governo interventi immediati per la sopravvivenza del settore.

Che impatto hanno avuto i bonus fiscali sul settore?

Grazie alla spinta dei bonus edilizi tra il 2019 e il 2022 ben 2,1 punti di crescita del Pil arrivano dai maggiori investimenti in costruzioni in Italia rispetto al resto dell’Eurozona. Inoltre, tra il quarto trimestre 2019 e il terzo trimestre 2022 il settore delle costruzioni ha fatto registrare un aumento di 257mila occupati.

Bonus complicati da gestire però…

La strada dei bonus edilizia, da maggio 2020 allo scorso novembre, è stata costellata di continui “stop and go” normativi: ben 224 modifiche, una ogni 16 giorni. E così cittadini e imprenditori si sono trovati imprigionati in una vera e propria ragnatela burocratica. Un’esperienza culminata con il blocco dei crediti nei cassetti fiscali degli imprenditori, che ora mette a rischio fino a 47mila posti di lavoro, e l’incertezza sulla sorte degli incentivi. Questo non è il modo migliore per favorire la transizione green. Si tratta del fatto che le imprese hanno accettato sconti in fattura per importi significativi assorbendo i costi del cliente finale; solo che ora, dopo il blocco della possibilità di cedere i crediti fiscali già maturati, le imprese rimangono con crediti solo sulla carta e rischiano di saltare.

Come si può affrontare il problema?

Una strada potrebbe essere quella di individuare un compratore di ultima istanza e così risolvere il grave problema dei crediti incagliati degli imprenditori che hanno effettuato lavori utilizzando i bonus edilizia. Il compratore in questo caso potrebbe essere individuato nella Cassa depositi e  prestiti. Del resto le nostre imprese non hanno capienza fiscale per poter gestire somme così importanti e le hanno accettate pensando di poterle poi cedere. Diversamente, non si sarebbero mosse in questo modo. Ora non si possono cambiare la carte in gioco in questa maniera.

E veniamo allultimo provvedimento, quello che blocca la possibilità di sconto in fattura. È giusto?

Il mercato era saturo, è chiaro che si doveva rimettere mano al sistema degli incentivi che, tra parentesi, non si sa nemmeno quanto siano costati nella realtà visto che si passa da una ipotesi di una cinquantina di miliardi ad oltre 110. Una revisione era necessaria da un lato per dare spazio alla possibilità di interventi anche da parte di chi non ha credito fiscale da spendere e dall’altro per diminuire la quota di vantaggio fiscale che diventa per l’erario un costo su un singolo anno. Evidente che una misura come il 110% può essere solo temporanea, per dare una spinta eccezionale al mercato, ma poi si deve tornare a percentuali più ragionevoli. E poi occorre pianificare gli interventi su un periodo congruo. Se no succede che si droga il mercato, come è accaduto, con la proliferazione esagerata di imprese e di prezzi. Gli effetti li abbiamo tutti sotto mano.

E adesso si aggiunge la tegola del blocco della detrazione immediata…

Come ho detto, una misura che ti restituisce in tempo reale il 110% di quello che si è speso non è sostenibile a lungo. Quindi andava rivista. Il punto è come, in che tempi e con quale pianificazione. È chiaro che cancellare lo sconto così come era stato disegnato ricade sulle imprese perché tanti lavori si fermeranno non avendo tutti i cittadini da un lato la possibilità di anticipare i denari e rientrare in 5 o 10 anni, e dall’altro la capienza fiscale per farlo.

Una mossa pericolosa da parte del Governo…

Sono a rischio occupazione e investimenti nelle costruzioni. Come confederazione di artigiani e piccoli imprenditori rileviamo che il blocco previsto nel decreto legge coinvolge le tante imprese che, sulla base delle norme sinora vigenti, hanno effettuato investimenti ed assunzioni nella prospettiva, di primi accordi con i committenti, di poter continuare ad operare garantendo lo sconto in fattura. Con buona pace degli obiettivi green che la misura avrebbe aiutato a raggiungere. Anche il blocco della possibilità di acquisto dei crediti da parte degli enti pubblici rappresenta un altro incomprensibile ostacolo.

Ma è vero che il Superbonus 110% ha favorito ancora una volta le classi più abbienti?

Assolutamente no. Tanti condomìni, ad esempio, non avrebbero mai affrontato i lavori che hanno fatto perchéé non tutti i condòmini se lo potevano permettere. Così come tanti cittadini non vantano crediti con il fisco che gli consentono di spalmare su 5 o 10 anni importi rilevanti. La verità è che sono stati fatti lavori che diversamente non sarebbero stati effettuati. Resta il fatto che con una cifra importante si è messo mano a una minima porzione degli edifici, intorno al 3% del patrimonio abitativo, e lo si è fatto senza una adeguata programmazione che ha portato a rialzi sconsiderati dei prezzi.