Inchieste

Evasione, battaglia impari che ruba miliardi

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di Saverio Fossati

Evadere il fisco piace un po’ a tutti. Ai lavoratori autonomi, ai dipendenti, alle imprese. I dati diffusi pochi giorni fa dal ministero dell’Economia sono, come sempre, impressionanti. Ma il nodo gordiano delle responsabilità e delle cause resta sempre inestricabile.

Partiamo dalla relazione del Mef sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva pubblicata lo scorso settembre: nel 2020 il tax gap (lo scarto tra imposte e contributi da pagare e quelli realmente pagati) è sceso un poco sotto la fatidica soglia dei 100 miliardi, attestandosi sui 99,2 miliardi. Insomma, ogni anno lo Stato perde 100 miliardi o poco meno (un calo di 3 miliardi si registra dai 103 del 2019) tra imposte e contributi che poi, nel concreto, restano inesigibili.

In particolare, nel 2020 il tax gap di imprese e lavoratori autonomi è arrivato al 68,7%, pari a imposte evase per 27,5 miliardi. Mentre dai lavoratori dipendenti (colpa soprattutto di chi fa lavoro nero, anche se spesso non per scelta ma perché nessuno lo assumerebbe “in regola”), il fisco lamenta una perdita di 4,4 miliardi nel 2019. Rispetto al 2016, però, le unità di lavoro irregolari, nel 2019, sono circa 89mila in meno: 33mila unità dipendenti e 55mila unità indipendenti. Il tasso di irregolarità scende, nei quattro anni, dal 15,5% del 2016 al 14,9% del 2019.

Il “nero” delle imprese, comunque, genera un effetto pesante: sulla base dei conti nazionali pubblicati a marzo del 2022, spiega la relazione del Mef, il valore aggiunto generato dal sommerso economico, che già nel 2018 aveva segnato una contrazione del 3,1%, mostra nel 2019 una ulteriore flessione del 2,7% attestandosi a 183,9 miliardi di euro; l’incidenza sul Pil scende al 10,2% dal 10,7% dell’anno precedente. Ma in soldoni, oltre il 10% della nostra economia è sommersa, con la conseguente perdita fiscale e contributiva.

Le strategie antievasione

In sostanza, però, tutta l’attività di recupero dell’evasione, non soltanto riguardo a imprese e lavoro autonomo, nel 2021 si riduce a 13,7 miliardi (si era arrivato a sfiorare i 20 miliardi nel 2019 ma, dice il Mef, la colpa è della pandemia che ha ridotto i controlli). Nel 2021 si sono svolte 137mila verifiche, di cui il 60% su redditi d’impresa e lavoro autonomo. Insomma, considerando il fenomeno dell’evasione nel suo complesso, su 89-90 miliardi di imposte e tasse evase (il resto, per arrivare a 100 miliardi, è l’evasione contributiva) solo il 15-16% viene recuperato.

La strategia per il prossimi anni indicata nel Pnrr consiste nel rafforzamento della compliance (come le lettere “amichevoli” che le Entrate inviano ai contribuenti in forte odore d’evasione – quasi 1,4 milioni lo scorso anno), nelle misure di semplificazione delle regole e degli adempimenti seguendo un approccio di tipo customer oriented, e nel potenziamento dei pagamenti elettronici riducendo i costi delle transazioni cashless.Sul fronte contributivo nel 2021 si sono svolti controlli su 117.608 aziende ed è stato recuperato 1,1 miliardo su un’evasione di circa 11-12 miliardi, percentualmente ancora meno delle imposte.

Fallimenti annunciati

Ma in realtà la lotta all’evasione sembra assurdamente perdente. Perché gli strumenti in mano al fisco per controllare i contribuenti sono molti e (apparentemente) potentissimi. Come i  dati provenienti da banche e intermediari finanziari, dall’anagrafe tributaria (cui affluiscono, per esempio, anche le utenze dei consumi di acqua ed energia), dalle banche dati catastali e immobiliari, le informazioni obbligatorie in tema di antiriciclaggio, l’analisi delle dichiarazioni dei redditi, lo spesometro, la comunicazione delle liquidazioni, l’esterometro.

Eppure i risultati sono scarsi. E costosi: è vero che sia l’agenzia delle Entrate che la Guardia di Finanza non hanno solo il compito di recuperare le imposte evase ma nel Budget 2022 del Mef curato dalla Ragioneria generale dello Stato alla voce “Prevenzione e repressione delle frodi e delle violazioni agli obblighi fiscali”  sono iscritti 2,4 miliardi e altri 4,5 miliardi per “Accertamento e riscossione delle entrate e gestione dei beni immobiliari dello Stato”. Quindi recuperare 14 miliardi ne costa almeno 2,4.

La questione di fondo, però, è la carenza di attività investigativa e di personale specializzato anche a livello locale, ostacolo formidabile per le Entrate: i dati informatici non bastano per dare corpo ad accertamenti a colpo sicuro su evasori con consulenti agguerritissimi, triangolazioni a Cipro e miriadi di scatole cinesi; la competizione con i grandi evasori è impari.

Inoltre, è inutile negarlo, evasione e lavoro in nero consentono all’Italia di stare a galla: mettere mano seriamente a queste due malattie dell’economia significa cambiare tutta l’economia con un intervento strutturale con il quale la nostra economia probabilmente non terrebbe. E una cura radicale ammazzerebbe il paziente.